La serie tv “Baby Reindeer” ci offre uno splendido esempio di struttura narrativa in tre atti.
Se l’hai seguito su Netflix, sai già che si tratta di uno show notevole. E intendo tanto dal punto di vista della costruzione della trama, quanto di quello della recitazione e della composizione dei dialoghi.
In questo post, analizzeremo insieme l’architettura del plot della miniserie di Richard Gadd, per scoprire come e in quale misura i vari elementi dell’intreccio (pur essendo ispirati a fatti realmente accaduti) si “pieghino” ad assecondare le successive fasi di un modello narrativo di cui abbiamo già ampiamente discusso in passato.
Una piccola precisazione: nell’articolo che seguirà, procederò a mescolare – senza alcuna vergogna – una serie di termini ispirati al celebre metodo “Save the Cat!” con altri tratti dal classico viaggio dell’eroe di Vogler. Si tratta di una scelta deliberata, compiuta tenendo l’obiettivo della chiarezza espositiva in cima all’elenco delle mie priorità.
Dopotutto, se dobbiamo imparare qualcosa, tanto vale farlo a modo nostro… e, soprattutto, nella maniera più efficace e intuitiva possibile!
I preliminari
Prima di addentrarci nei meandri del nostro esempio di struttura in tre atti, concediamoci un momento per rispondere a un paio di domande importanti.
Le prime ci vengono suggerite dal Metodo “The Story Grid” di Shawn Coyne; sono le stesse che dovremmo porci prima di iniziare la stesura di qualsiasi nostro lavoro.
- A che genere appartiene “Baby Reindeer”?
So già cosa stai pensando: ma sì, dai, questa è facilissima… “Baby Reindeer” è una classica dramedy di Netflix. Nel corso dei suoi otto episodi, infatti, si ride (poco), si piange (un sacco), si riflette contemplativamente sulle amare difficoltà e contraddizioni della vita ecc.
Sì, sì, certo: tutto molto giusto, tutto molto vero! Ma adesso vorrei sapere a quale genere narrativo, da un punto di vista STRUTTURALE, “Baby Reindeer” appartiene. Le parole “commedia” o “dramma”, ormai dovremmo saperlo, non hanno alcuna attinenza con il contenuto di una storia; solo con le tonalità attraverso le quali l’autore sceglie di narrare i fatti.
Che siano presenti delle contaminazioni fra generi diversi è al di là di ogni discussione. Per fare un esempio, gente più arguta di me ha già fatto notare come molte delle scene più inquietanti e disturbanti della serie siano state girate attraverso le lenti dell’horror (tipi di inquadrature, effetti prospettici particolari ecc.). Si tratta di un’osservazione molto interessante; anche perché, secondo me, è proprio la dissonanza generata dal contrasto fra elementi appartenenti a generi diversi a rendere l’atmosfera della miniserie così ipnotica e coinvolgente.
Del resto, abbiamo anche uno o due subplot romantici da tenere in considerazione…
Ma se vogliamo fare un discorso strutturale e tagliare fuori il resto, ci rendiamo presto conto che i nostri termini di riferimento possono essere soltanto due:
coming-of-age e thriller.
Rigorosamente in quest’ordine…
Perché “Baby Reindeer” rimane, sopra ogni altra cosa, una classica storia di formazione.
- Che tipo di arco trasformativo segue il protagonista?
Il finale di “Baby Reeindeer” è dolceamaro. Si tratta di una conseguenza inevitabile, considerando il genere di storia con cui abbiamo a che fare: dopotutto, riuscire superare la propria visione in bianco e nero (tipica dell’infanzia) e accettare la dolorosa complessità morale dell’età adulta comporta sempre un prezzo incalcolabile.
Nonostante questo, Donny ha senz’altro un arco positivo. Di fatto, riesce a passare dalla grande Bugia che adombra la sua vita (soltanto se nasconderà la sua identità e riuscirà a trasformarsi in un comico di grido, simpatico e brioso, le persone gli perdoneranno le sue debolezze e si decideranno a dargli l’amore di cui ha bisogno) alla più grande delle Verità (soltanto chi ha il coraggio di accettare e amare se stesso, alla fine, sarà in grado di dare e ricevere l’unico tipo di amore che conta davvero).
- Chi è l’antagonista della storia, e perché il suo personaggio risulta così brillante e interessante?
Sotto tanti punti di vista, Martha è un personaggio sgradevole: di fatto, stiamo parlando di una donna invadente, aggressiva, razzista, omofoba, xenofoba e chi più ne ha, più ne metta. Tuttavia, la sceneggiatura riesce comunque a sottolineare i suoi innumerevoli punti di vulnerabilità e i suoi sogni spezzati; spingendoci, in qualche modo, a provare un ampio margine di compassione nei suoi confronti.
Ti ricordi quando abbiamo parlato del Metodo S.E.R.P.E. per la costruzione del perfetto villain di una storia? Il primo passo recitava così: Scegli Il Tuo Archetipo.
Nel personaggio di Martha, è possibile rintracciare una sapiente alchimia di elementi legati ad almeno quattro archetipi diversi (Bullo, Trickster, Madre Soffocante e Reietto Sociale), magistralmente combinati a fornirci il ritratto di un’antagonista assolutamente inconfondibile, unica e vibrante di umanità.
L’altra caratteristica importante? Il legame complesso e ambivalente che unisce il protagonista alla sua nemesi. Un gioco di specchi, doloroso e intrigante, che riesce a cementare dentro di noi la certezza assoluta che Donny e Martha rappresentino semplicemente le due facce di una stessa medaglia…
La struttura in tre atti: l’esempio di “Baby Reindeer”
Primo Atto
Scena d’apertura: Un Donny nervoso e trafelato si avvicina al banco di una stazione di polizia e annuncia di voler presentare una denuncia. Una stalker di mezza età di nome Martha gli sta rendendo la vita impossibile. Ma quando l’ufficiale in servizio gli chiede da quando tempo vadano avanti le molestie, Donny esita visibilmente prima di rispondere: «Sei mesi.» Il poliziotto reagisce con evidente incredulità.
(Vedi come la scena d’apertura riesce ad assolvere a una vera e propria pletora di obiettivi diversi? Ad esempio, ci fornisce tutte le info di cui abbiamo bisogno per farci una prima impressione del carattere di Donny e, ovviamente, introduce il grande conflitto personale fra lui e Martha. Ma stabilisce anche l’ambientazione (tempo e luogo della narrazione), l’oggetto del desiderio, i toni tragicomici della storia e il tema portante della miniserie…)
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