Sospetto che la recensione di “Witch King”, libro fantasy di Martha Wells, assumerà dei toni un po’ dolceamari.
Nel senso che, per quanto io abbia amato alcuni aspetti della narrazione – personaggi, worldbuilding e sistema magico sopra ogni cosa – ammetto di aver trovato la lettura abbastanza faticosa.
Una struttura inutilmente arzigogolata e un cast di comprimari che si estende da qui a Capo di Buona Speranza contribuiscono ad accrescere il senso di smarrimento del lettore, compromettendo la sua capacità di gustarsi la storia e frustrando – ahimè – i suoi tentativi di stringere una connessione più profonda con il protagonista e i suoi alleati…
La trama
Dopo essere stato assassinato – la sua coscienza dormiente e del tutto inconsapevole dello scorrere del tempo mentre giace all’interno di un’elaborata trappola acquatica – il demone Kai si sveglia e poggia gli occhi su un mago minore.
Uno che sta tentando di imbrigliare la magia di Kai a proprio vantaggio. Un tentativo che non è destinato a finire bene.
Ma perché Kai è stato imprigionato, in primo luogo? Cosa è cambiato nel mondo, dal giorno del suo omicidio? E perché, durante la sua assenza, la Coalizione del Mondo Nascente sembra aver acquistato un’influenza così spropositata?
Per scoprire le risposte ad almeno alcune di queste domande, Kai dovrà radunare attorno a sé i suoi alleati e sguinzagliare tutta la magia a sua disposizione.
A dire la verità?
Le risposte che troverà, rischieranno di non piacergli affatto…
“Witch King”: la recensione
“Witch King” segna il ritorno al fantasy di Martha Wells, un’autrice che si è affermata presso il pubblico internazionale grazie alla pubblicazione della fortunata saga sci-fi “Murderbot: I diari della macchina assassina”.
Cosa dire? Dopo aver letto il suo nuovo libro, non posso (né sentirei il desiderio di) mettere in discussione la straordinaria vena creativa della Wells. O la sua capacità di plasmare mondi unici e incredibilmente affascinanti, misteriosi e originali.
Ciò premesso…
Può darsi (il condizionale è d’obbligo, dal momento che non ho mai letto “Murderbot”…) che questa notevole autrice americana sia più portata per il versante fantascientifico della speculative fiction.
Questo spiegherebbe, a mio avviso, le numerose difficoltà riscontrate durante la lettura di “Witch King”.
Che i lettori hardcore di sci-fi vantino un livello di tolleranza naturalmente più alto nei confronti di cose come esposizione, descrizioni statiche e infodump, del resto, è un fatto conclamato.
Ma io? Per tutta la parte centrale del libro, ammetto di aver fatto seriamente fatica a concentrarmi.
Affermo questo, nella piena consapevolezza degli svariati livelli di grandiosità che il nuovo lavoro della Wells riesce a raggiungere in altri campi.
Dal punto di vista della profondità del worldbuiling o del sistema magico, ad esempio “Witch King” potrebbe (quasi) essere in grado di rivaleggiare con la brillante vena creativa di Tamsyn Muir nei suoi “Gideon”, “Harrow” e “Nona la Nona”.
Mentre il protagonista del romanzo, il demone/stregone Kai, risulta abbastanza affascinante e complesso da riportare alla mente alcune fra le creature più vivaci e magnetiche nate dalla penna N. K. Jemisin.
E chi mi conosce bene, lo sa perfettamente…
Non mi permetterai mai di tirare in ballo il nome di Nora K. invano…!
Un paradosso bizzarro
Facciamo il punto della situazione, e proseguiamo la nostra recensione di “Witch King” fornendo una piccola precisazione.
Ho parlato, prima, di una struttura “inutilmente arzigogolata”.
Che cosa intendevo dire?
Bè, innanzitutto, devi sapere che il libro segue due diverse linee temporali: prima e adesso. Il filone narrativo ambientato nel passato serve a giustificare le azioni compiute da Kai e dai suoi compagni nel presente. E, ovviamente, anche a fornire un po’ di agognato contesto.
Alla faccia dei suoi quattordicimila spiegoni, infatti, la Wells è un’autrice che ama evidentemente stimolare le capacità deduttive dei suoi lettori. L’inizio del viaggio è sicuramente caotico, una commistione di elementi fantastici e/o altamente caratterizzanti dovuta al fatto che, tanto per rendere l’intreccio un po’ più convoluto, ovviamente la narrazione comincia in medias res, dando una miriade di cose per scontate.
Un bel paradosso, eh?
Sì, perché, in realtà, potresti ritrovarti tranquillamente a leggere quattro paragrafi pieni zeppi di informazioni sui capi di vestiario tipici del popolo di X della terra di Y, senza per questo avere la più pallida idea di chi diavolo siano gli X, cosa stiano facendo o cosa accidenti c’entrino nella nostra storia.
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