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“Lucy Undying”: la recensione del retelling gotico di Kiersten White


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Lucy Undying” è il retelling gotico di Kiersten White che recupera il famoso personaggio di Lucy Wensterna dal “Dracula” di Bram Stoker e lo consegna, ora e per sempre, fra le braccia della comunità queer mondiale! 😀

Scherzi a parte, si tratta di un titolo, a mio avviso, assolutamente imperdibile. Soprattutto se ami il classico originale e ti senti disposto a sperimentare una prospettiva nuova e originale su una sequenza di avvenimenti che già conosci – o che credevi di conoscere.

Soprattutto se stravedi per i new adult, ma anche per lo struggente “Intervista col Vampiro” di Anne Rice.

Perché recensire “Lucy Undying” vuol dire parlare di un’epopea ipnotica e coinvolgente, che si dipana attraverso i secoli e aggiorna abilmente il mito del vampiro…


La trama

Il suo nome era scritto fra le pagine della storia di qualcun altro: Lucy Wensterna è stata una delle prime vittime di Dracula.

Eppure, la sua morte ha segnato soltanto l’inizio di un’odissea ancora da raccontare.

Infatti Lucy, risorta dalla tomba, diventa una vampira e trascorre gran parte della sua vita a inseguire il mostro che l’ha creata, nel tentativo di trovare risposte alle domande esistenziali che l’assillano malgrado la sua non-vita si sia rivelata ricca di avventure, tresche, complotti ed emozioni.

Il punto di svolta giunge a Londra, nel ventunesimo secolo, grazie all’incontro con una giovane donna di nome Iris. Anche Iris, infatti, sta disperatamente cercando di sfuggire alle ombre del suo passato. La sua famiglia ha costruito un impero economico basato su un sinistro segreto, e adesso i suoi membri farebbero qualsiasi cosa – letteralmente – pur di restare al potere.

Lucy, che non credeva di poter amare di nuovo, si innamora di Iris, ricambiata. Ma forze esterne di ogni tipo minacciano la loro intensa connessione e loro nascente love story: la madre di Iris, infatti, non permetterà mai alla figlia di sfuggirle senza ingaggiare una lotta letale per il controllo della sua vita.

E il passato di Lucy ha ancora le zanne: Dracula, infatti, non ha mai smesso di cacciare…

“Lucy Undying”: la recensione

“Lucy Undying” è il retelling saffico a tema vampiresco che S. T. Gibson ci aveva promesso, ma che, a mio avviso, l’autrice di “An Education in Malice” non è stata in grado di consegnare.

Attraverso una pluralità di punti di vista e ben tre linee narrative, che si espandono dalla Londra ottocentesca ai giorni nostri, Kiersten White interesse una trama complessa e ricca di suggestioni. Un intreccio che tiene in grande considerazione tutti i tropes tipici della letteratura gotica relativi ai nostri succhiasangue preferiti, affrontandone le tematiche ricorrenti (immortalità, etica, fede, amore immortale ecc.) da una prospettiva intrigante, fresca e coinvolgente.

Protagonista assoluta di questa saga (di un solo libro: infatti, anche se seguiranno probabilmente altri volumi, “Lucy Undying” si legge come un romanzo perfettamente autoconclusivo…) è la biondissima, “fragile” e benestante amica/pupilla di Mina Harker; la prima vittima londinese di Dracula, passata alla storia come “colei che Van Helsing e gli altri non riuscirono a salvare“.

Probabilmente perché, come ipotizza Kiersten White, non erano poi così interessati a farlo.

E bisogna dire che, attraverso le pagine di “Lucy Undying”, la nostra eroina compie una trasformazione incredibile, da timida ragazzina accecata da un amore impossibile a spia, medico di frontiera, cacciatrice di vampiri, nemesi per eccellenza dello stesso Dracula.

Fortunatamente, senza mai rinunciare a quel nucleo di umanità e a quei tutti quei peculiari tratti caratterizzanti che contribuiscono a renderla un’eroina complessa, contradditoria e ricca di sfumature….


Una gang di vampire immortali contro il patriarcato

Lo stile di Kiersten White si rivela perfettamente all’altezza del compito. Lirico, suggestivo e intriso di un romanticismo quasi disperato, riesce tuttavia a tenersi in perfetto equilibrio fra una tensione drammatica di natura prettamente letteraria e un gusto tutto “cinematografico” per le scene d’azione, gli intrighi, i colpi di scena al cardiopalma.

Il frequente ricorso all’ironia e a un senso dello humor squisitamente dark aiuta, inoltre, a gustarsi anche le scene dal taglio più cupo; tant’è che, in alcuni passaggi particolari di “Lucy Undying”, diventa facilissimo cogliere l’influenza di “Buffy: The Vampire Slayer” e di tutti i suoi derivati.

Anche il tema della found family ha la sua importanza. E riesce a brillare soprattutto grazie alla presenza di un cast secondario eccentrico e straordinario: mi sto riferendo, in modo particolare, a tutte le vampire (ex-vittime di Dracula) che Lucy ha occasione di incontrare nel corso dei suoi innumerevoli viaggi attraverso il globo.

(Breve parentesi a tema “fan casting”: in un adattamento cinematografico ideale, l’Amante avrebbe indubbiamente il volto di Kirsten Dunst, mentre Viola Davis darebbe vita a un superlativo Dottore.

Ma penso che possiamo essere tutti d’accordo sul fatto che nessuno sarebbe in grado di interpretare la Regina al di fuori di Michelle Yeoh…)


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“The Daughter of Doctor Moreau”: la recensione del libro gotico di Silvia Moreno-Garcia


the daughter of doctor moreau recensione - silvia moreno garcia

Sul blog non poteva mancare la recensione di “The Daughter of Doctor Moreau”, il retelling firmato Silvia Moreno-Garcia di uno dei più intramontabili classici della fantascienza di H. G Wells.

Un libro a cui i fan di “Mexican Gothic” non hanno alcuna possibilità di resistere, dal momento che ripropone le stesse atmosfere “calde” e passionali, le medesime tematiche, gli stessi personaggi ambigui e tormentati del popolare bestseller edito in Italia dalla Oscar Vault.

Fra parentesi, non è necessario leggere il romanzo originale di Wells per riuscire ad apprezzare l’opera “collaterale” di Silvia Moreno-Garcia… ma, un paio di giorni fa, vi ho fornito 5 ottime ragioni per leggere “L’Isola del Dottor Moreau“: per cui, mi auguro di avervi convinto a prendere almeno in considerazione l’idea di recuperare questo grande libro! 🙂


La trama

Carlota Moreau: una giovane donna cresciuta in una magione isolata e circondata da vegetazione lussureggiante, al riparo dai conflitti e dalle dilanianti lotte interne che lacerano la penisola dello Yucatán. L’unica figlia di un ricercatore che potrebbe anche essere un genio… ma che molti considerano semplicemente pazzo.

Montgomery Laughton: un malinconico sorvegliante al servizio del famigerato dottor Moreau. Sulle sue spalle grava il peso di un passato tragico, che il giovane si sforza caparbiamente di affogare nell’alcol. Un emarginato, molto lontano dalla natia Inghilterra, assunto per assistere il dottore nei suoi esprimenti, finanziati dalla ricca e potente famiglia Lizaldes.

Gli ibridi: il frutto del lavoro di Moreau. Creature deformi, o comunque affette da gravi patologie, destinate a ubbidire ciecamente al loro padrone. E a rimanere nell’ombra. Perché sono umani soltanto a metà, e sanno benissimo che il mondo non sarebbe mai disposto a perdonare la loro diversità.

Tutti questi personaggi vivono in un mondo perfettamente bilanciato, fatto di stasi, verità sepolte e obiezioni ingoiate. Almeno fino a quando Eduardo Lizalde, l’affascinante e incosciente figlio del mecenate del dottore, non fa il suo trionfale ingresso in scena.

Eduardo, senza saperlo, innesca una reazione a catena dalle conseguenze molto pericolose.

Perché il dottor Moreau ha dei segreti, Carlota ha delle domande e, nel soffocante calore della giungla, passioni letali potrebbero essere sul punto di sbocciare.


“The Daughter of Doctor Moreau”: la recensione

“L’Isola del Dottor Moreau” raccontava una strepitosa storia d’avventura e d’azione, in grado di introdurre una tematica scottante per l’età moderna, quanto per quella contemporanea: il complesso rapporto fra etica e scienza.

C’è da dire che l’argomento ricorre anche fra le pagine di “The Daughter of Doctor Moreau”. Tuttavia, come i fan dell’autrice probabilmente si aspetteranno, in questo caso Silvia Moreno-Garcia preferisce concentrare l’attenzione soprattutto sui conflitti interiori dei personaggi e sulle morbose dinamiche che regolano le interazioni fra i singoli abitanti della penisola.

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“Little Eve”: recensione del libro horror di Catriona Ward

Little Eve - recensione - Catriona Ward

Little Eve” è il secondo libro di Catriona Ward, autrice dello straordinario horror psicologico “La Casa in Fondo a Needless Street”.

Una lettura ipnotica e crudele che, per quanto mi riguarda, si è confermata pienamente all’altezza delle aspettative: nel senso che mi ha spezzato il cuore e spinto a rabbrividire fin nel midollo delle ossa!

Ambientato in Scozia, a cavallo fra le due Grandi Guerre, questo appassionante horror storico può essere definito soltanto come un piccolo gioiello di suspense, stile e tensione narrativa.

Una storia tragica, spietata e ammaliante, a metà strada fra “Il richiamo di Cthulhu” e “Abbiamo Sempre Vissuto nel Castello”…


La trama

Eve e Dinah sono sempre state tutto l’una per l’altra. Non si sono mai separate: né di giorno, né di notte.

Le due ragazze sono cresciute all’interno di una comunità di orfani e randagi presieduta da un misterioso predicatore, un uomo che si fa chiamare soltanto “Zio”.

Non conoscono nulla al di fuori della grigia isola di Altnaharra, che siede nel bel mezzo delle scure acque al largo delle incontaminate coste scozzesi.

Eve ama la vita libera e selvaggia dell’isola, e desidera ereditare il potere dello Zio.

Ma non appena l’isolamento di Altnaharra viene infranto, la sua fede e la sua sanità mentale cominciano a sfrangiarsi.

Nel corso di una grande tempesta, nel cuore dell’inverno, un macellaio proveniente dal paese più vicino varca i cancelli della proprietà e si trova al cospetto di uno scenario raccapricciante.

I resoconti di Eve e Dinah su cosa sia realmente accaduto, quella notte, si sovrappongono e si contraddicono a vicenda. Mentre il presente e il passato iniziano a convergere, l’evidenza salta agli occhi: soltanto una delle due sta dicendo la verità.

Ma chi è veramente colpevole, e chi innocente?


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“The Wicked and the Willing”: la recensione del romanzo gotico di Lianyu Tan

recensione the wicked and the willing - copertina lianyu tan

The Wicked and the Willing” è il secondo libro di Lianyu Tan, autrice che nel 2020 ci aveva già “scioccato” con il suo dark romance fantasy “Prigioniera negli Inferi”.

La sua nuova opera è un romanzo horror storico ambientato a Singapore, nel bel mezzo dei ruggenti anni Venti.

Al cuore della trama, la relazione abusiva fra una carismatica vampira britannica e una docile domestica dal passato tormentato.

Inquietante, seducente e brutale, “The Wicked and the Willing” rappresenta un enorme passo in avanti rispetto alla semplice parata di «piaceri perversi» offerti nel precedente retelling della Tan.

Una storia gotica a tinte forti, contrassegnata da un potentissimo nucleo tematico (l’ordalia della violenza domestica) e ispirata tanto ai grandi classici del gotico (“Dracula” e “Carmilla”), quanto al viscerale cinema “a impatto” di Park Chan-wook (“The Handmaiden”).

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