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“Wake Up And Open Your Eyes”: la recensione dell’horror sociale del romanziere e fumettista Clay McLeod Chapman


wake up and open your eyes - clay macleod chapman

La recensione di “Wake Up And Open Your Eyes ci permette di immergerci nel nero cuore pulsante dell’ultimo horror sociale di Clay McLeod Chapman. Un autore di romanzi e fumetti che lo stesso Jordan Peel – regista dei film cult “Get Out”,” Us” e “Nope”, – ha più volte raccomandato di leggere.

Il libro, sanguinolento e ricco di elementi disturbanti, segue la travagliata e terrificante odissea di un uomo in fuga da un’epidemia di possessioni demoniache.

La follia si diffonde attraverso i media, fino a mettere in ginocchio l’intera nazione. Il che, ovviamente, fornisce a McLeod Chapman un’ottima opportunità per introdurre la tematica del nostro rapporto quotidiano con le news, i social, la pubblicità e l’industria dell’intrattenimento.

Peccato che il suo approccio satirico abbia la sottigliezza di un carrarmato e lo stesso livello di finezza psicologica di un episodio di “South Park“! Una passione per il grottesco e per l’esagerazione iperbolica che, a lungo andare, diventa più ripetitiva che illuminante, rendendo terribilmente ridondante (oltre che sfiancante) la sua metafora sulle raggelanti divisioni interne che lacerano la società occidentale…


Wake Up and Open Your Eyes”: la trama

I genitori di Noah Fairchild, un tempo, erano i classici e super-calorosi signori gentili del Sud. Ma da quando si sono dati ai notiziari della destra ultra-conservativa che passano sul via cavo, Noah si è reso conto di averli praticamente persi. Nella loro mente annebbiata, ormai, c’è posto soltanto per cospirazioni e illazioni razziste.

Per questo, il giorno in cui sua madre gli lascia un messaggio vocale annunciandogli l’avvento del “Grande Risveglio”, Noah non si preoccupa più di tanto: presume, semplicemente, che si tratti di una delle sue solite teorie complottiste. Ma quando non riesce a mettersi in contatto con loro, Noah si decide a fare un lungo viaggio dal suo appartamento a Brooklyn fino a Richmond, in Virginia.

Qui, trova la sua casa d’infanzia in rovina, un frigorifero pieno di cibo andato a male e i suoi genitori paralizzati da una sorta di terrificante stato di trance al cospetto della tv. Noah, ovviamente, cerca di aiutarli a uscirne e di procurare loro il necessario aiuto medico.

Ma sua madre reagisce attaccandolo in maniera brutale.

E, presto, salta fuori che Noah non è l’unico ad essere stato aggredito da uno dei propri cari. Attraverso la nazione, intere famiglie si stanno massacrando a vicenda – nel senso più letterale dell’espressione – mentre la gente soccombe a una forma di possessione che tende a peggiorare quanto più tempo uno passa incollato al televisore o perso in un buco nero a base di disperazione e doom-scrolling.

Insieme a suo nipote Marcus, l’unico altro membro della sua famiglia d’origine che è riuscito a salvarsi, Noah dovrà imbarcarsi in una pericolosa corsa contro il tempo per tornare verso il porto sicuro rappresentato da Brooklyn. Ma riusciranno lui e il ragazzo a farcela, prima di cadere preda delle violente orde di posseduti?


Wake Up And Open Your Eyes“: la recensione

Mentre leggevo “Wake Up And Open Your Eyes“, ho avuto spesso la sensazione che Clay McLeod Chapman avesse cercato di fare il proverbiale passo più lungo della gamba.

Mi spiego meglio: in una recente intervista pubblicata su ““Macabre Daily”, l’autore ha confessato di aver iniziato a scrivere il suo romanzo mirando a un risultato che potesse essere descritto come una sorta di The Americans” incontra “L’Esorcista. Tempo di finire la stesura definitiva, però, ed è stato costretto a rendersi conto che la storia assomigliava molto di più a The Americans” incontra “La Casa.

Fra l’altro, più ancora della cinematografia di Romero o della bibliografia di Paul Tramblay, pare che a ispirare l’autore abbia provveduto un libro che lo stesso McLeod Chapman descrive come «infinitamente migliore di qualsiasi cosa io possa scrivere»: il disturbante romanzo breve “La Voce Dentro” di Sarah Gran (edito in Italia da Longanesi).

«Si tratta di un libro fenomenale, a proposito del soccombere a una possessione demoniaca in maniera metodica. Volevo, tipo, mescolare “La Voce Dentro” con il tema delle guerre culturali, e presentare una famiglia che si ritrova a soccombere a un’ondata di possessioni a causa del loro consumo di news e social media. In pratica, tutto quello che con cui abbiamo avuto a che fare nel corso degli ultimi anni. La linea è così sfocata, adesso, che il fatto che la gente possa pensare che tu sia posseduto dai demoni non è più nemmeno una metafora.» Clay McLeod Chapman

E, in effetti, le scene più divertenti (e inquietanti) di “Wake Up And Open Your Eyes” riguardano proprio il processo di lenta, ma delirante, degenerazione nella follia intrapreso dai membri della famiglia di Noah. Infatti, non appena Devon, la perfetta mogliettina del Sud, si lascia irretire dalle promesse dell’influencer demoniaca YogaMama, la storia inizia a sprofondare in un vortice di allucinazioni, paranoie e morbosità che si rivela sicuramente delirante, ma anche estremamente coinvolgente da seguire.

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“Heretic”: la recensione del divertente horror religioso con Hugh Grant


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Lo ammetto: sono andata a vedere “Heretic” soprattutto perché il mio livello di fedeltà nei confronti delle star di “Yellowjackets“, ormai, sta raggiungendo delle proporzioni davvero difficili da circoscrivere!

Ma anche perché mi entusiasmava l’idea di vedere Hugh Grant alle prese con il ruolo del villain. E, sì, perché il concept alla base di questa ironica semi-commedia horror (diretta dai registi/sceneggiatori Scott Beck e Bryan Woods) mi sembrava particolarmente divertente…

Tirando le somme, sono convinta di aver avuto un’ottima intuizione: “Heretic”, infatti, non soltanto è riuscito a offrirmi un’esperienza visiva dal taglio coinvolgente e originale, arricchita da un cast eccellente e da una scenografia affascinante… ma, in modo quasi inaspettato, devo ammettere di aver trovato la sceneggiatura sorprendentemente stimolante anche dal punto di vista intellettuale!


Di cosa parla “Heretic“?

Sorella Barnes (interpretata da un’intensa e sempre brava Sophie Tatcher, già protagonista della consigliatissima rom-com horror “Companion“) e Sorella Paxton (Chloe East) sono due giovani mormoni dagli obiettivi molto chiari: convincere il maggior numero di persone possibili a convertirsi alla loro fede.

Addestrate al lavoro missionario di “miliziane di Dio”, si presentano porta a porta con la Bibbia in mano e una fede (più o meno) salda nei confronti della loro organizzazione nel cuore.

Un giorno, però, le due ragazze bussano alla porta dell’enigmatico e istrionico Signor Reed (Hugh Grant), un uomo di mezza età che le invita a varcare le porta della sua dimora per approfondire il discorso apostolico.

Per Sorella Barnes e Sorella Paxton, l’esperienza si trasformerà nell’inizio di un terribile incubo. Una discesa nella mente di un uomo brillante e disturbato, che le costringerà a ingaggiare una furiosa battaglia di ingegno e a mettere in discussione tutto ciò in cui hanno sempre creduto.


Heretic“: la recensione

Su una nota personale, devo ammettere di aver trovato il personaggio di Hugh Grant in “Heretic” assolutamente irresistibile. In parte, forse, perché non mi era mai capitato di sentire le stesse argomentazioni che ronzano nella mia testa di atea uscire dalla bocca di un villain da film dell’orrore (un’esperienza esilarante che consiglio a chiunque: di fatto, ho continuato a ridacchiare fra me e me, nella mia miglior imitazione di Winifred Sanderson, almeno fino all’intervallo…).

Ma ciò che rende il tutto davvero indimenticabile, secondo me, è la performance magnetica dell’attore britannico, un perfetto connubio fra l’umorismo macabro di uno Zio Tibia incarognito e la vena sadico-pedagogica del primo Saw l’Enigmista.

Non avrei dovuto aspettarmi niente di meno, probabilmente. Soprattutto dopo aver visto Grant alle prese con l’eccentrico ruolo dell’Umpa Lumpa nel prequel “Wonka” e nei panni dell’assurdo politicante Forge Fitzwilliam in “Dungeons & Dragons – L’onore dei ladri“…


Something wicked this way comes…

Le due giovani co-protagoniste di “Heretic”, dal canto loro, “assecondano” il flusso con invidiabile scioltezza, e si lasciano guidare dalle imbeccate di Grant senza troppi problemi.

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“Companion”: la recensione del divertente film con Sophie Thatcher e Jack Quaid


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Nella settimana che ha segnato il ritorno delle “Yellowjackets” sul piccolo schermo, la visione in sala di “Companion” mi è sembrata praticamente obbligata…

Un film che si è rivelata un’ottima scelta, fra l’altro: la pellicola horror/sci-fi di Drew Hancock, infatti, offre allo spettatore un’ora e mezzo di puro intrattenimento intelligente, grazie alla sua sceneggiatura graffiante, al suo spirito irriverente e al suo cast di attori brillanti.

Fra tutti spicca – ovviamente – la nostra giovanissima Sophie Thatcher, finora nota soprattutto per il ruolo della teen-Natalie in “Yellowjackets” e di Sadie nell’adattamento del racconto di Stephen King “The Boogeyman” (ma l’abbiamo intravista anche sullo sfondo dell’esplosivo slasher “Maxxine“, e la rivedremo, prestissimo, al fianco di un mefistofelico Hugh Grant nell’imminente horror “Heretic“…)


Companion“: di cosa parla il film di Drew Hancock?

Una cosa è certa: meno informazioni avrai al momento della visione, più le disavventure dei due piccioncini Iris e Josh riusciranno a travolgerti!

Se poi riesci addirittura a trattenerti dal guardare il trailer… Bè, meglio ancora! Il teaser non ha il potere di spoilerare nessuno dei twist principali del film, se ricordo bene, ma la versione estesa è un’altra storia.

Ad ogni modo, la trama verte su questa coppia di fidanzati che decide di raggiungere gli amici di lui in un’isolata baita circondata dai boschi. Iris è agitata, un po’ perché teme di non essere accolta a braccia spalancate dalla combriccola e un po’ perché sospetta che una certa Kat (Megan Suri) nutra un’ostilità immotivata nei suoi confronti. Che sia segretamente innamorata di Josh anche lei, e decisa a portarglielo via?

E poi, perché anche gli altri due membri del gruppo, Eli (Harvey Guillen) e Patrick (Lukas Cage), sembrano guardare Iris con una certa aria di compatimento?

Nella baita, insomma, aleggia una strana tensione, e Iris è sempre più turbata.

Tuttavia, sarà soltanto nel momento in cui un ambiguo trafficante russo entrerà a far parte del mix di (fatali) ingredienti della vacanza, che la situazione per la povera ragazza inizierà a farsi davvero esplosiva…


Companion“: la recensione

In tanti hanno paragonato “Companion” ai migliori episodi della serie tv cult “Black Mirror“. Si tratta di un’analogia tutt’altro che azzardata: anzi, non mi sorprenderebbe affatto scoprire che parte dell’ispirazione per la storia di Iris e Josh deriva proprio dal famoso show di Charlie Brooker!

In realtà, oltre alle vibes e alla particolare natura delle sua premessa narrativa, “Companion” sembra condividere anche l’ironia e il dissacrante spirito da satira sociale tipici di “Black Mirror“.

Un film che inizia con il più zuccheroso e sdolcinato dei meet-cute hollywoodiani, e che piano piano si trasforma in…

Bè, in fondo basta interrogarsi un attimo sulla prima battuta in assoluto del film, scandita dalla voce fuori campo della Thatcher («There were two times I felt truly happy. First, the day I met Josh; second, the day I killed him…») per farsi un’idea di quale potrebbe essere la piega degli eventi!


La rom-com che ti… graffia!

Di “Companion” ho amato – oltre alla sua protagonista e al suo umorismo tagliante – soprattutto i divertenti dialoghi e il montaggio a prova di bomba. Perché ti assicuro che non troverai una sola scena di questo film che non abbia una sua precisa, deliberata funzione narrativa: che si tratti di usare un tocco di foreshadowning per gettare i semi di qualche imprevedibile colpo di scena futuro, o di mostrare la canna ancora fumante della tua imprevedibile pistola di Cechov.

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“La Ragazza Che Annega: il capolavoro weird/horror di Caitlín R. Kiernan arriva in Italia grazie a Mercurio


la ragazza che annega - caitlin kiernan

La Ragazza Che Annega“: ecco svelato il titolo della traduzione italiana di “The Drowning Girl”, uno straordinario capolavoro della narrativa weird/horror in arrivo il 14 febbraio 2025 per Mercurio Books.

Sono passati quasi 15 anni dall’uscita in lingua originale dell’eccentrico, folle e magnetico libro di Caitlín R. Kiernan, una pluripremiata autrice irlandese di cui nel nostro Paese non si sente neanche remotamente parlare abbastanza.

Eppure, a partire dal 2012 il suo romanzo, visionario e struggente, è entrato a far parte un pochino anche di me.

Quello, infatti, fu l’anno in cui per la prima volta lessi le parole: «There’s always a siren, singing you to shipwreck. Some of us may be more susceptible than others are, but there’s always a siren. It may be with us all our lives, or it may be many years or decades before we find it or it finds us. But when it does find us, if we’re lucky we’re Odysseus tied up to the ship’s mast, hearing the song with perfect clarity, but ferried to safety by a crew whose ears have been plugged with beeswax. If we’re not at all lucky, we’re another sort of sailor stepping off the deck to drown in the sea

Fu una folgorazione. L’epifania di cui avevo bisogno e che stavo aspettando, senza nemmeno sapere fino a che punto, o essere del tutto consapevole di quanto disperatamente avessi continuato a cercare un romanzo in grado di esprimere questo concetto e tradurlo in un linguaggio umano!

Del resto, prima di quel momento, non avevo mai letto un libro di speculative fiction in grado di confrontarsi con il tema dei disturbi mentali con un simile livello livello di empatia e profondità. Né, del resto, mi era mai capitato di imbattermi in una scrittrice in grado di emulare Shirley Jackson e dimostrare, senza colpo ferire, di essere riuscita ad assimilare ogni singola lezione mai impartita dall’autrice di “Lizzie“…


La Ragazza Che Annega“: la trama

Se leggerai “La Ragazza Che Annega“, ti renderai rapidamente conto di quanto sia inutile (oltre che utopistico…) cercare di ricapitolare i punti salienti della sua trama.

La sinossi “ufficiale” del romanzo, ad ogni modo, recita così: “India Morgan Phelps, detta “Imp”, sente il richiamo dell’abisso, l’ha sempre sentito. La follia scorre nel sangue della sua famiglia, canta con voce di sirena, e ogni notte la invita a perdersi per sempre, come in passato è già successo alla nonna Caroline e alla madre Rosemary Anne.

È vero che un dipinto infesta la vita di India da quando aveva undici anni? È vero che una notte di novembre ha incontrato una donna nuda sul ciglio di una strada del New England? O era luglio? Oppure non era una donna, ma un lupo, una sirena?

E poi c’è dell’altro, un’altra voce: Imp, il doppio, la personalità che manda in crisi ogni possibile appiglio alla realtà che la circonda. Raccontare la sua verità è però l’unico modo per incontrare ancora la donna che ama: una storia labirintica, un libro infetto, dove tutto smargina in una fantasmagoria gotica e seducente, in cui sirene e lupi mannari, oceano e neve, pittura e letteratura s’incontrano e confondono.”


«Nessuno ha mai detto che devi essere morto e sepolto, per essere un fantasma…»

Devo ammetterlo: è passato un po’, dalla mia ultima rilettura dell’edizione in lingua originale de “La Ragazza Che Annega“.

Perciò, temo che non sarò in grado di offrirti una vera e propria recensione di questo libro. Dopotutto, non so tu, ma io ho sempre pensato che una recensione sia un pezzo da scrivere “a caldo”. Soltanto così, infatti, è possibile rendere conto delle turbolente emozioni che una lettura, idealmente parlando, dovrebbe sempre essere in grado di suscitare.

Quello che sicuramente posso fare, però, è offrirti qualche considerazione di natura un po’ più generale, in modo tale da illustrarti le caratteristiche principali della storia. E, chissà… Magari anche convincerti a concedere un’opportunità a questo romanzo così avvincente, originale e “diverso” rispetto a tutti quelli in cima alle classifiche dettate dai trend del Booktok!


«Nessuna storia ha un inizio, e nessuna storia ha una fine»

La prima cosa che devi sapere è questa: Caitlín R. Kiernan, regina assoluta del gothic weird, ha sempre descritto “La Ragazza Che Annega” come una sorta di “autobiografia” sui generis. Il che vuol dire che, fra le sue pagine, incontrerai sirene e lupi mannari, fantasmi e assassini, artisti pazzi e figli illegittimi di Dagon… E non capirai mai quanto ci sia di vero in questi racconti, perché il concetto di “fattualità”, qui, è del tutto secondario.

Perché il punto è che ciascuna di queste creature è reale per Imp. Un “bestiario” di creature che fanno totalmente parte di lei, in un certo senso… E vale la pena ricordare che, nel corso della lettura, noi avremo modo di fare esperienza della cosiddetta “realtà” soltanto attraverso i suoi occhi. Una lente deformante, inevitabilmente, che ci porterà più volte a mettere in dubbio la nostra stessa sanità mentale. Ma anche rivelante, potremmo dire, perché ci permetterà di notare emozioni, percezioni, piccoli dettagli dolceamari delle nostre vite, di cui la nostra esasperata razionalità non ci avrebbe mai permesso di accorgerci…

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“Goosebumps – The Vanishing”: la recensione della serie tv tratta dai libri di R. L. Stine


goosebumps the vanishing recensione

Ancora oggi, non sarei in grado di spiegarti cosa mi abbia portato a seguire “Goosebumps: The Vanishing“, quando la prima stagione di questa serie horror antologica per ragazzi mi aveva così profondamente e incontestabilmente tediato.

Anzi, no, mi correggo… Ma certo che lo so: è solo che, da brava fan di “Friends“, ho sempre adorato David Schwimmer! L’idea di vederlo tornare sulle scene – nei famigliari panni dello stravagante papà scienziato, peraltro – mi entusiasmava parecchio.

Non sono pentita della mia scelta, perché, tutto considerato, direi che questa nuova stagione è riuscita a garantirmi una bella nidiata di episodi gustosi e scaccia-pensieri, pienamente allineati a quello che è sempre stato lo spirito dei mitici romanzi di R. L. Stine: adulti inquietanti, ragazzini ficcanaso, misteri brividosi e un’autentica valanga di campy horror


Di cosa parla “The Vanishing“, la nuova stagione di “Piccoli Brividi” su Disney+

I gemelli adolescenti Cece (Jayden Bartels) e Devin (Sam McCarthy) Brewer si trasferiscono a casa del padre Anthony (Schwimmer) per un’estate.

Da parte sua Anthony, un brillante botanico, accoglie il ritorno dei figli con grande calore. Ma sembra anche turbato e distratto, perennemente immerso nel suo lavoro e nelle nebbie di un passato che non pare disposto a lasciarlo andare. L’inspiegabile scomparsa dell’amato fratello maggiore, infatti, grava ancora parecchio sulla sua coscienza. Intanto, i suoi ragazzi, all’oscuro della maggior parte di questi eventi, si aggirano per i sobborghi, nel tentativo di (ri-)allacciare amicizie vecchie e nuove.

Un giorno, però, il bellicoso Trey (Stony Blyden), il nuovo ragazzo della prima cotta di Devin, finisce infettato da un morbo misterioso. Si trasforma così in una sorta di aggressivo mostro mutante, catapultando i gemelli e la loro nuova banda di amici al centro di un vortice di avventure e macabri avvenimenti in stile “X-Files“.

Per salvarsi, dovranno unire le forze e svelare il mistero che si cela dietro un’inquietante base militare abbandonata…


Goosebumps – The Vanishing“: la recensione

Ascolta, io la vedo così: puoi ritrovarti ad apprezzare l’inaspettata virata sci-fi intrapresa dalla serie tv antologica sviluppata da Rob Letterman e Nicholas Stoller… oppure no.

Da un punto di vista personale, devo ammettere che la sceneggiatura della prima stagione di “Piccoli Brividi“, pur con tutti i suoi difetti, mi aveva intrigato di più; probabilmente perché rappresentava un concentrato di tutti i miei titoli preferiti della serie di libri di R. L. Stine, da “La Maschera Maledetta” a “Il Pupazzo Parlante“.

In questo caso, invece, ammetto di aver riconosciuto forse la metà dei riferimenti (sicuramente “Il Mistero dello Scienziato Pazzo“, ma anche “Un Barattolo Mostruoso” e “Il Campeggio degli Orrori“…). Per cui, il fattore nostalgia, su di me, in questo caso non è stato in grado di esercitare un grande effetto.

Nonostante ciò (e malgrado la presenza di un plot afflitto da svariate magagne strutturali… ma di questo parleremo fra un istante!), ho trovato “The Vanishing” più divertente e coinvolgente rispetto alla prima stagione.

Probabilmente perché ho apprezzato di più la costruzione dei personaggi (anche se l’arco trasformativo-lampo di Trey rappresenta forse la seconda cosa più ridicola dell’universo, subito dopo gli squinternati baffetti a sopracciglio di Timothée Chalamet…) e le interpretazioni del cast, nonché il drastico ridimensionamento di alcuni determinati, esasperanti patemi sentimentali che, nel corso della prima stagione, sembravano costituire il 90% delle dinamiche fra i protagonisti…


E se il sipario fosse calato… troppo presto?

In effetti, dispiace un po’ pensare che, perfino se lo show dovesse essere rinnovato, difficilmente vedremo tornare in scena Schwimmer, Ana Ortiz (la poliziotta Jen) o uno qualsiasi dei ragazzi di “The Vanishing“.

Perché sarebbe stato senz’altro piacevole avere più tempo a disposizione per imparare ad affezionarsi ai promettenti personaggi secondari dello show. Cosa che sarebbe senz’altro avvenuta, se soltanto la serie avesse permesso allo spettatore di arrivare, piano piano, a investire le proprie emozioni nei loro drammi e nelle loro difficoltà (rapporti con i genitori, legami sentimentali, conflitti economici ecc.).

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“My Darling Dreadful Thing”: la recensione del libro gotico di Johanna van Veen


my darling dreadful thing recensione - johanna van veen

Posso rivelarti un segreto? La lettura di “My Darling Dreadful Thing“, il romanzo gotico d’esordio di Johanna van Veen, mi ha creato più momenti di frustrazione che emozioni, brividi o spunti di riflessione.

In realtà, si tratta di un libro che, all’estero, ha sicuramente riscontrato più pareri positivi che negativi. E non sarò certo io a mettere in discussione i numerosi pregi di questa tragica, semi-delirante storia di dolore, abusi e fantasmi: del resto, Johanna van Veen ci sa sicuramente fare con le parole… Tant’è che, sotto certi aspetti, alcuni passaggi di “My Darling Dreadful Thing” mi hanno addirittura ricordato l’atmosfera vibrante e suggestiva di alcune opere dell’immensa Sarah Waters!

Ma non vedo proprio perché dovrei mentire o sovrastimare il mio livello di coinvolgimento nei confronti di un romanzo che, a conti fatti, è riuscito a trasmettermi soltanto un grandissimo senso di scoraggiamento, noia e delusione…


La trama

Roos Beckman ha uno spirito-companion, una ragazza fantasma che soltanto lei riesce a vedere. Il suo nome è Ruth: una creatura bizzarra, simile a un cadavere ambulante, defunto da secoli.

Ruth è l’unica luce nella vita di Roos. La ragazza, infatti, è stata allevata da una madre abusiva quanto scaltra, che la costringe a esibire le sue notevoli doti di medium/ciarlatana fin dalla più tenera età.

Ruth è sempre stata la sua unica amica. Bè, almeno fino a quando nella sua vita non irrompe, con la forza di un uragano, la ricca e vitale Agnes Knoop, una giovane vedova determinata a mettere alla prova le capacità spirituali di Roos. Basta una singola seduta, infatti, e fra le due giovani donne inizia a instaurarsi una potente, magnetica connessione.

Agnes strappa via Roos dalle grinfie di sua madre e la conduce nella decadente magione che ha ereditato dopo la morte del marito. La sorella di quest’ultimo, Wilhelmine, bellissima e afflitta da una malattia mortale, infesta i corridoi della magione come se fosse già uno spettro. Come se non bastasse, nel cuore della notte strani odori sembrano indugiare nei corridoio, e alcune raccapriccianti statue di santi risiedono nella cappella abbandonata della famiglia, a testimonianza del fanatismo del loro capostipite.

Un’essenza terrificante ammorba l’aria della magione: Roos se ne accorge subito, ma non può negare l’attrazione che sente crescere nei confronti di Agnes.

E così, una notte terribile, la morte si abbatte sul maniero. Qualcuno finisce assassinato. Per provare la propria innocenza – e la propria sanità mentale – Roos sarà costretta a svelare, al di là di ogni dubbio, chi – o cosa – sia stato responsabile di tanta violenza e depravazione. O perdere tutto ciò che ha di più caro nel tentativo.


My Darling Dreadful Thing“: la recensione

Il cult di Shirley Jackson “Abbiamo Sempre Vissuto nel Castello” incontra “Crimson Peak” di Guillermo del Toro: potrebbe essere una descrizione abbastanza accurata per il libro di Johanna van Veen… Anche se, a conti fatti, immagino che nessuno di questi due titoli sia in grado di rendere un’idea del livello di tristume, morbosità e miseria che sembra permeare ogni singola pagina di questo acclamato romanzo gotico del 2024.

A dire il vero, però, mi verrebbe spontaneo fare un paragone soprattutto con il meno conosciuto “Daphne Byrne“, una miniserie a fumetti di Laura Marks e Kelley Jones (pubblicata in Italia da Panini).

Si tratta, ad ogni modo, di una storia che affronta molti temi classici della narrativa gotica, abbracciando la maggior parte dei tropes cari a questo genere e confezionando una storia allucinante e spietata, perennemente in bilico fra veglia e sonno, vita e morte, lucidità e follia.

L’argomento della psicanalisi diventa particolarmente centrale, grazie all’introduzione del personaggio di un tenace dottore determinato a scoprire la brutale “verità” che potrebbe celarsi dietro le apparenti farneticazioni di Roos. Non per niente, i (numerosi) fantasmi di “My Darling Dreadful Thing” sembrano incarnare, più che il “Male” inteso come forza assoluta, i mali della nostra società: abusi sessuali, trauma, pregiudizio, razzismo, omofobia, repressione religiosa ecc.

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“You’re Dead To Me”: la recensione del libro YA di Amy Christine Parker


you re dead to me recensione - amy christine parker

You’re Dead to Me“, dell’autrice veterana Amy Christine Parker, è un thriller YA che appoggia la maggior parte del peso della sua struttura su due tecniche principali: il cliché e l’effetto jumpscares.

Il risultato è un romanzo dal taglio, a mio avviso, piuttosto mediocre. Soprattutto dal momento che i personaggi si rivelano tragicamente unidimensionali e l’intreccio, pur nel suo vago retrogusto cinematografico, commette l’errore di concedere al lettore un’eccessiva quantità di indizi prematuri, svelando la propria mano troppo presto e compromettendo la riuscita dei principali colpi di scena.

Se hai meno di quattordici anni, i numerosi cliffhanger e twists sparpagliati per tutta la trama potrebbero anche riuscire a prenderti per la gola. In caso contrario… Che ne diresti di un bel rewatch compulsivo di “Gossip Girl“, piuttosto? ;D


La trama

Ruby frequenta la prestigiosa Oleander High School, un’accademia a cui ha avuto accesso grazie a una borsa di studio. In realtà, la sua mamma single annega in un mare di guai finanziari a causa delle conseguenze di un matrimonio sbagliato e della fallimentare attività di famiglia, un parco acquatico/zoo sull’orlo della chiusura.

La maggior parte degli studenti tratta Ruby con condiscendenza a causa delle sue origini. Questo, ovviamente, la indispone profondamente; soprattutto dal momento che l’elite cittadina sembra sempre pronta ad approfittarsi di chiunque si trovi in una posizione più debole per continuare a rimpinguarsi il portafogli.

Ruby attua la sua vendetta attraverso il famoso account locale di gossip, ReputationKiller. Ma quando salta fuori che è lei la responsabile della “caduta” di diversi nomi prominenti in città, l’intera comunità si rivolta contro di lei.

Tuttavia, soltanto nel momento in cui una terrificante visione del suo suo stesso fantasma, avvolto in un abito da ballo impregnato di sangue, si manifesta davanti ai suoi occhi, Ruby inizia a capire fino a che punto la sua situazione personale stia diventando drammatica.

Perché più di una persona ha giurato vendetta contro di lei. E Oleander Bay non è affatto quella pittoresca, tranquilla cittadina da cartolina che si sforza di sembrare.

Qualcuno ha deciso di uccidere Ruby. E, con così tanti segreti, scandali e colpi di scena in ballo, il suo aspirante assassino potrebbe essere, letteralmente… chiunque.


You’re Dead to Me“: la recensione

Fra le (poche) cose che mi sono piaciute di “You’re Dead to Me“, non posso fare a meno di citare la sua torrida, assolata ambientazione: dopotutto, non ho letto tantissimi thriller per ragazzi ambientati nelle Everglades, il caratteristico ecosistema umido e paludoso della Florida.

Coccodrilli e acquitrini giocano un ruolo di primo piano all’interno del romanzo di Amy Christine Parker. E intendo questo da un punto di vista letterale, quanto simbolico, dal momento che l’intreccio pullula di alligatori in giacca, Rolex e cravatta e di pantani traboccanti di menzogne!

Se ti piacciono le storie plot-driven, sospetto che potresti apprezzare anche l’inenarrabile concentrazione di colpi di scena e la catena di morti a casaccio, in perfetto stile slasher, che l’autrice collega all’improbabile subplot di un serial killer mascherato a spasso per la città.

Per quanto mi riguarda, ho avuto la netta impressione che l’autrice stesse cercando di mettere sul fuoco più carne di quanta fosse in grado di masticarne – fra oscuri segreti famigliari, turpi apparizioni di ragazze dai capelli gocciolanti e cloni imbranati di Ghostface – e che la narrazione mancasse drammaticamente di focus.

Probabilmente perché la protagonista di “You’re Dead to Me” è una delle eroine YA più anonime e deludenti di cui abbia letto ultimamente. Non c’è davvero modo di coinvolgere il lettore negli sviluppi del suo “viaggio interiore”; quando la sua caratterizzazione si basa, essenzialmente, su un grappolo di stereotipi presi in prestito da questo o quell’altro trascurabile personaggio televisivo…

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“What the Woods Took”: la recensione del libro horror di Courtney Gould


what the woods took recensione - courtney gould

What the Wood Took”, di Courtney Gould, è un survival horror che racconta le peripezie di un gruppo di adolescenti problematici costretti a partecipare a un programma di cura sperimentale conosciuto come “wilderness therapy“.

Una sorta di “trattamento” che consiste nel trascinare nei boschi i ragazzi affetti da disturbi mentali, da problemi di dipendenza o difficoltà comportamentali. L’idea è di isolare questi “pazienti” dalle loro famiglie e dai loro affetti, in modo tale da porre un freno alle loro “abitudini negative“, per poi coinvolgerli in lunghe marce in mezzo agli alberi e insegnare loro svariate tecniche di sopravvivenza.

Ovviamente, non esistono prove scientifiche a sostegno della validità di una terapia d’urto di questo tipo. In compenso, sappiamo per certo che alcuni ragazzini sono morti, mentre altri hanno subito traumi e terribili abusi, nel corso di questi exploit.

Il romanzo YA di Courtney Gould riesce a mettere in luce tutte queste controversie e a denunciare chiaramente gli orrori della wilderness therapy; fortunatamente, senza rinunciare al piacere della narrazione e a una sana dose di tensione psicologica in stile “Yellowjackets”


La trama

Devin Green si sveglia nel bel mezzo della notte e sorprende due uomini nella sua camera da letto. La ragazza è abituata a lottare fin dalla più tenera età, ed è esattamente quello che si accinge a fare in questa occasione… almeno fino a quando non si rende conto che i suoi genitori affidatari non hanno alcuna intenzione di aiutarla.

Anzi, sono stati proprio loro a invitare quegli sconosciuti in casa sua. Il rapimento di Devin è stato programmato con cura; tutti i membri della sua famiglia temporanea sembrano esserne al corrente, salvo la stessa Devin.

Gli uomini la trascinano nel vano posteriore del loro furgoncino e la conducono nelle profondità dei boschi dell’Idaho. Qui, Devin viene scaraventata in un cerchio formato da alcuni coetanei, altrettanto confusi e storditi dalla recente catena di avvenimenti.

Finalmente, due consulenti dall’aria energica rivelano ai ragazzi il loro imminente destino: saranno i partecipanti di un nuovo programma di terapia sperimentale!

Se riusciranno a liberarsi delle loro abitudini auto-distruttive e a sopravvivere a un’escursione della durata di cinquanta giorni, emergeranno dall’esperienza come una versione migliorata di se stessi. “Guariti”, in poche parole. Così, almeno, raccontano i consulenti.

Devin è determinata a fuggire. E’ anche decisa a ignorare Sheridan, la bulla dai capelli color lavanda. Una giovane affascinante ma enigmatica, che non perde occasione per bersagliare gli altri di battute crudeli e prendersi gioco di ogni singolo esercizio del programma.

Ma c’è qualcosa di strano nella boscaglia: facce inumane che si materializzano fra le cortecce, visioni di persone provenienti dal passato che sfrecciano attraverso il fogliame…

Ed è così che, quando i campeggiatori si svegliano e scoprono che gli unici due adulti del gruppo sono scomparsi, la terapia si trasforma nel minore dei loro problemi…


What the Woods Took“: la recensione

Non mi sorprende che “What the Woods Took” sia un romanzo indie. Oggettivamente parlando, si tratta di un ottimo horror per ragazzi. Ho amato profondamente la seconda parte del libro e mi sono follemente innamorata di tutti i personaggi, senza tralasciare la suggestività dell’atmosfera o l’importanza delle sue tematiche.

Il livello di cura che Courtney Gould riversa nella definizione della caratterizzazione psicologica dei suoi protagonisti, poi, è stellare, praticamente inaudito in un romanzo YA! Tant’è che ciascuno di loro si presenta sul “set” della storia armato di una ferita emotiva profonda, di una backstory coinvolgente e di una personalità travolgente.

Da questo di vista, fra l’altro, “What the Woods Took” può essere davvero considerato come il romanzo ideale da consigliare ai fan dei teen-drama. Più “The Wilds” che “Lost“, il romanzo di Courtney Gould riesce ad affrontare le ordalie dell’adolescenza da un punto di vista inedito e a esplorare le mille complessità dell’amicizia.

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7 imperdibili libri fantasy e gotici sui vampiri, in arrivo nel 2025


Nosferatu” arriverà a breve sui nostri schermi, e indovina un po’? Noi lettori abbiamo la possibilità di preparaci all’evento aggiungendo in wish-list alcuni fra i più promettenti e intriganti libri fantasy/gotici sui vampiri in arrivo nel corso del 2025!

Vale la pena tenere conto del fatto che i titoli elencati in questa lista si riferiscono alle relative uscite in lingua originale inglese (tutte previste nel corso del 2025).

Se, invece, preferisci leggere in italiano, ma desideri comunque unirti a questo nuovo trend a tema “vampiresco”, sappi che le traduzioni del meraviglioso “Lucy Undying” di Kiersten White e del caliente “Vampires of El Norte” sono già state annunciate dai rispettivi editori italiani: per cui, il loro arrivo in libreria, ormai, dovrebbe essere abbastanza imminente…


7 libri fantasy/horror sui vampiri in uscita nel 2025: “The Buffalo Hunter Hunter” di Stephen Graham Jones

the buffalo hunter hunter - libri fantasy gotici vampiri 2025

Cominciamo la nostra rassegna citando l’attesissimo “The Buffalo Hunter Hunter”, un horror storico sui vampiri firmato dalla penna di Stephen Graham Jones, uno dei maestri contemporanei del genere.

Una parte delle vicende narrate si svolge nel vecchio West. Etsy Beaucarne, infatti, è un’accademica che ha un urgente bisogno di rimpolpare la sua bibliografia con delle pubblicazioni. E così quando, nel corso di alcune opere di rinnovamento, salta fuori un antico diario del 1912, scritto da un pastore luterano e nascosto dietro a un muro, la donna pensa di sfruttare l’occasione per scoprire alcuni segreti di famiglia e ottenere l’ambita cattedra.

Mentre compie le sue ricerche, si imbatte nel resoconto di un lento massacro, una brutale catena di eventi che affonda le sue radici nella morte nella neve di 217 membri di una tribù di nativi americani.

Dopo “Gli Unici Indiani Buoni”, l’acclamato romanzo vincitore dei Premi Bram Stoker e Shirley Jackson nel 2020, Stephen Graham Jones torna con una raggelante revenge story, narrata attraverso le trascrizioni della biografia di un vampiro che, a caccia di giustizia, infesta i campi della riserva dei Piedi Neri…

Su Amazon, puoi già prenotare/acquistare la tua copia di “The Buffalo Hunter Hunter“, in uscita in lingua originale il 18 marzo 2025


Blood on Her Tongue” di Johanna van Veen

Il mio istinto (e il tripudio di recensioni positive che si è recentemente abbattuto su “My Darling Dreadful Thing“…) mi dice che questo libro gotico sarà uno dei grandi protagonisti della prossima stagione!

Paesi Bassi, 1887. La sorella gemella di Lucy, Sarah, non sta bene. Si rifiuta di mangiare, continua a bofonchiare cose insensate ed è sempre più ossessionata dalla scoperta di un cadavere vecchio di secoli, da poco scoperto nei terreni di proprietà di suo marito.

La diagnosi del medico è chiara: insanità mentale temporanea, probabilmente causata da una febbre cerebrale. Per proteggere la sua gemella da un fato terribile – il ricovero forzato in manicomio – Lucy sarà costretta a svelare il mistero che circonda la peculiare condizione di sua sorella.

Sarah, però, nasconde qualcosa. E se Lucy fosse disposta ad essere onesta con se stessa, dovrebbe ammettere che… lo stesso vale per lei!

L’edizione in lingua inglese di “Blood on Her Tongue” sarà disponibile a partire dal 25 marzo 2025. Su Amazon, puoi già prenotare la tua copia del libro in versione digitale o cartacea.


Bury Our Bones in the Midnight Soil” di V. E. Schwab

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Potevo io, in tutta coscienza, preparare un elenco dei più gustosi libri fantasy sui vampiri in arrivo nel 2025, e non parlare del nuovo romazone gotico di Victoria Schwab? Il titolo che l’autrice ha continuato a promuovere incessantemente, per anni, annunciando a più riprese di non vedere l’ora che il mondo dei lettori avesse la possibilità di conoscere le sue “toxic lesbian vampires“?

Bè, ma nemmeno noi, carissima Victoria… Chiaro che nemmeno noi vediamo l’ora!

Quale sarà, però, la trama di “”Bury Our Bones in the Midnight Soil”?

(E chi lo sa!)

La sinossi, per il momento, riporta soltanto questo: Santo Domingo de la Calzada, 1532.
Londra, 1827.
Boston, 2019. Tre giovani donne, i loro corpi piantati nello stesso terreno, le loro radici aggrovigliate come radici.

Una si fa alta, un’altra si fa profonda, e un’altra si fa selvaggia.

E, a tutte loro, crescono i denti.

Negli USA, il debutto in libreria di “Bury Our Bones in the Midnight Soil” è previsto per il 10 giugno 2025: puoi già prenotare la tua copia su Amazon (l’autrice, fra l’altro, ha giurato di compiere un’impresa impossibile: firmare personalmente ogni singola copia della prima edizione!).

Ovviamente Oscar Vault Mondadori, in una data ancora da specificarsi, tradurrà il romanzo in italiano.


The Nightblood Prince” di Molly X. Chang

La notte in cui è nata, Fei ha ricevuto una promessa: sarà lei a diventare, un giorno, l’Imperatrice di tutte le Imperatrici.

Strappata via dalla sua famiglia quando era ancora una bambina e cresciuta a palazzo con l’obiettivo di sposare, un giorno, il principe ereditario del più potente impero della terra, Fei ha sempre avuto una sola e unica compagna: la solitudine.

Quando la possibilità di agguantare le redini del proprio destino si materializza per la prima volta nella sua vita, Fei decide di mettersi a caccia di una tigre leggendaria, consapevole del fatto che quest’azione sconsiderata potrebbe costarle tutto. Quello che non si aspetta è di cadere vittima del fascino di Yexue, l’affascinante principe fuggitivo del regno rivale.

Benedetto dalla notte e in grado di brandire una magia pericolosa, Yexue comanda un’armata di vampiri letali. E, in lui, potrebbe nascondersi la chiave per la libertà di Fei…

The Nightblood Prince” sarà disponibile in inglese a partire dal 1 luglio 2025. Puoi già prenotare/acquistare la tua copia del libro su Amazon.


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“The Twisted Ones”: la recensone del folk horror di T. Kingfisher


the twisted ones recensione - t kingfisher

The Twisted Ones” funziona un po’ come un retelling in chiave moderna del racconto gotico classico “The White People” di Arthur Machen.

Nel caso in cui, prima d’ora, non avessi mai sentito parlare di questo autore gallese di inizio Novecento, bè… Sappi che sei in buona compagnia: io stessa, in effetti, facevo parte del club fino a pochissimo tempo fa!

In realtà, non ho mai nutrito un interesse spropositato nei confronti della letteratura gotica classica. Preferisco la narrativa horror contemporanea, con le sue tecniche avanzante (o, perlomeno, più adatte alla sensibilità del pubblico moderno…) e le sue tematiche d’attualità.

Ormai, mi fido abbastanza della brillante T. Kingfisher (alias Ursula Vernon) da sapere che troverò tutti gli ingredienti che cerco all’interno delle sue storie. Anche perché, se c’è una cosa che titoli come “What Moves the Dead” e “The Hollow Places” sono riusciti a insegnarmi, è che nessuno è alla pari con lei, quando si tratta di coniugare folk horror e southern gothic


La trama

Quando suo padre le chiede di andare a ripulire la gigantesca casa della sua defunta nonna, Mouse non esita a rispondere di sì. Dopotutto, che male potrebbe fare?

Moltissimo, a quanto pare. La nonna, infatti, era un’accumulatrice compulsiva, e le numerose stanze della sua magione si rivelano piene zeppe di robaccia inutile. Il che costituirebbe un fatto abbastanza orripilante, di per sé… peccato che il posto nasconda segreti ben peggiori!

Mouse, infatti, si imbatte presto nel diario del secondo marito di sua nonna. Uno scritto che, a prima vista, sembra infarcito dei deliri di un vecchio in preda a un episodio maniacale… almeno fino a quando Mouse non incontra, nei boschi che circondano la casa, una delle terribili creature descritte nel diario.

Sola col suo cane, Mouse si ritrova quindi a fronteggiare una serie di terrori impossibili… perché, a volte, gli incubi che credevi irreali si dimostrano pronti ad appostarsi davanti alla soglia di casa tua.

E non è sempre detto che tu riesca a cavartela per raccontare a qualcuno la tua storia.


“The Twisted Ones”: la recensione

Di solito, la dissacrante vena comica di T. Kingfisher e le sue amate campy vibes tendono a impedire alle sue storie di acquisire delle tonalità eccessivamente gory o dark. E, in un certo senso, questa teoria si applica anche nel caso di “The Twisted Ones”.

Bisogna ammettere, però, che questo specifico romanzo della Kingfisher risulta ammantato da una patina più disturbante del solito, in grado di rendere alcune scene particolarmente inquietanti sotto il profilo psicologico.

Il brivido che ti percorre leggendo “The Twisted Ones” è di natura insidiosa, sottile, malgrado l’evidente (e del tutto deliberata) mancanza di raffinatezza dal punto di vista stilistico e concettuale.

In effetti, potremmo dire che la Kingfisher riesce a raggiungere il suo obiettivo primario (raccontarti una buona storia, intrattenerti e farti raggelarti il sangue…) affidandosi soprattutto alla complessità dell’intreccio e facendo in modo di tenersi bene alla larga dall’effetto jumpscares; scegliendo, in estrema sintesi, di abbracciare il fattore dell’immersività (fondamentale, in un portal horror di questo tipo…) e varie tecniche in grado di aumentare l’empatia del lettore nei confronti di Mouse, protagonista e voce narrante del romanzo.


Luci e ombre dal profondo Sud

Se hai letto “Nettle and Bone: Come Uccidere un Principe“, o un qualsiasi altro romanzo di T. Kingfisher, sai già che questa pluripremiata autrice americana eccelle nell’arte della tecnica del ritratto: i suoi personaggi – deliziosamente eccentrici, pittorescamente surreali – tendono a sfidare l’abilità del lettore di sospendere la propria incredulità nel senso più entusiasmante e positivo dell’espressione!

Mi è piaciuta tantissimo Mouse, la editor freelancer dall’inseparabile pick-up, la verve spigliata e le continue “freddure” alla Chandler Bing; soprattutto, però, ho sviluppato un’autentica venerazione nei confronti della mitica Foxie, questa anziana, irresistibile, indomabile valchiria del Sud, che incarna un po’ la quintessenza di tutto quanto c’è di buono, tenace e anticonvenzionale negli Stati rurali del profondo meridione degli Stati Uniti.

Un territorio vasto e, indubbiamente, afflitto da gravi problematiche a livello sociale e culturale (razzismo, misoginia, bigottismo, omofobia, ignoranza ecc.) che gli scritti della Kingfisher non cercano minimamente di nascondere.

Il Sud di cui narrano libri come “The Twisted Ones” o “The Hollow Places”, però, risulta anche popolato da tantissimi eroi sui generis: gente comune, per lo più, semplice, onesta, “speciale”, che rifiuta con così tanta tenacia di conformarsi agli stereotipi sociali, continuando a lottare per ciò che è giusto, da indurti a ritrovare tutta la fiducia che pensavi di aver perso nell’umanità.

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