Nella mia recensione di “One Dark Window”, farò del mio meglio per cercare di restare obiettiva e limitarmi a elencare quelli che sono, secondo me, i principali pregi e i maggiori difetti del libro di Rachel Gillig.
Prima di tutto, perché mi rendo conto che si tratta di un titolo molto amato. Uno che è uscito un po’ in sordina, in tempi non sospetti, ma che poi ha finito con il vendere mezzo milione di copie nel mondo.
Ma soprattutto perché, al di là delle mie percezioni personali, sono pronta a riconoscere tutti i meriti di un romanzo che non si è rivelato particolarmente nelle mie corde, ma che è che riuscito comunque a colpire la mia immaginazione sotto diversi punti di vista.
“One Dark Window”, sia messo bene in chiaro, non è un grande romanzo gotico, o un dark fantasy particolarmente rivoluzionario. E si rivolge prevalentemente al pubblico YA, non a quello adulto. Ma resta comunque un ottimo esemplare di romantasy, estremamente gradevole e impreziosito da una suggestiva atmosfera “oscura”…
La trama
Nell’inquietante regno di Blunder, una terra perennemente avvolta dalle nebbie, Elspeth Spindle ha bisogno di qualcosa di più della fortuna per rimanere al sicuro : ha bisogno di un mostro.
La ragazza lo chiama “l’Incubo”. Si tratta, in realtà, di uno spirito antico e volubile, intrappolato nella sua testa sin da quando Elspeth era ancora soltanto una bambina. La creatura la protegge. Custodisce i suoi segreti.
Ma nulla si ottiene senza pagare un prezzo, specialmente la magia.
Quando Elspeth incontra un misterioso bandito sulla strada che percorre la foresta, la sua vita compie una virata drammatica. Catapultata in un mondo di ombre e di inganni, la nostra eroina si unisce a una pericolosa quest per trovare la cura che permetterà a Blunder di liberarsi, una volta per tutte, dalla terribile maledizione di piaghe e nebbie che la affligge.
E il bandito? Si dà il caso che sia il nipote del Re, il Capitano della squadra armata più pericolosa di Blunder… nonché colpevole di alto tradimento.
Insieme, Elspeth e il Capitano dovranno radunare le dodici Carte della Provvidenza – la chiave per la cura che cercano all’infezione di magia oscura che sta dilaniando il loro mondo.
Ma mentre la posta in gioco si alza e l’innegabile attrazione che sobbolle fra di loro prende a intensificarsi, Elspeth è costretta a confrontarsi con una verità innegabile: l’Incubo sta iniziando a impadronirsi completamente della sua mente.
E non è detto che lei sia in grado di fermarlo…
“One Dark Window”: la recensione
Quando affermo che “One Dark Window” garantirà tanti piccoli momenti di gioia agli appassionati di narrativa romance, intendo esattamente questo: perché, a conti fatti, lo sviluppo del crescente legame di amicizia e attrazione fra Elspeth e il Capitano incarna senz’altro l’aspetto più approfondito e riuscito del libro.
Del resto, a mio avviso anche il sistema magico – basato su una serie di carte stregate, in grado di garantire ai loro possessori una vasta collezione di attribuiti sovrannaturali – risulta piuttosto intrigante e convincente.
Intendiamoci, però: arrivare in fondo a questo primo volume non mi ha affatto aiutato a sbarazzarmi dal crescente sospetto che Rachel Gillig non sappia bene cosa farsene, di questo interessante sistema magico!
Se c’è una cosa che “One Dark Window” riesce abbondantemente a mettere in chiaro, è che le scene d’azione e il conflitto contro le forze antagoniste sono quasi un supplemento, un qualcosa da porre sullo sfondo mentre la protagonista e il suo love interest flirtano e si fanno bonariamente prendere in giro da tutti i loro amici e parenti per la loro insopportabile inclinazione a tubare come colombe.
Dal mio punto di vista, si tratta di uno spreco di potenziale.
Ma, ovviamente, mi rendo conto che non tutti i lettori saranno inclini a pensarla nello stesso modo…
Una lacrima sul viso
La caratterizzazione del personaggio di Elspeth è la cosa che mi è piaciuta meno, in assoluto.
Ricordi quando abbiamo parlato di come si costruisce la scena di una storia?
Ebbene, Rachel Gillig dimostra sicuramente una grandissima abilità, da questo punto di vista. In effetti, malgrado il mio scarsissimo livello di empatia nei confronti dei suoi personaggi, mi sono ritrovata a divorare le pagine del suo libro praticamente senza rendermene conto. Merito di una solidissima struttura narrativa, il segno distintivo di un’autrice preparata e determinata a lavorare sodo sulla sua arte!
Ma soffermiamoci un momento a considerare quella particolare fase di una scena che siamo abituati a chiamare “crisi del personaggio”.
«Sono le scelte che compiamo nel momento di massima pressione a definire chi siamo, a svelare la nostra vera natura.»
Considero questo assioma come una delle più sacrosante verità fondamentali dell’esistenza; una di quelle “regole” che valgono tanto nel campo della vita reale, quanto in quello della fiction.
E che cosa fa la protagonista di “One Dark Window”, ogni volta che un minimo di pressione – un ostacolo, una difficoltà, un conflitto di natura anche insignificante – arriva a interferire con il normale corso della sua giornata?
Frigna. Si lagna. Sviene. Si torce le mani, crolla in ginocchio e invoca aiuto. Da parte della provvidenza, del mostro, del suo ombroso cavaliere… di chiunque sia in ascolto. Purché non tocchi a lei prendere l’iniziativa.
Lo ribadisco: Ogni. Santissima. Volta.
Fino a incarnare la perfetta quintessenza della (stereotipata) damina vittoriana, una silenziosa lacrima che scorre su una guancia a indicare il massimo grado di resistenza a qualsivoglia tipo di avversità.
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