“Scrivere Gialli di Successo” di Paolo Roversi: un’introduzione all’arte di scrivere crime stories



Scrivere Gialli di Successo”: si chiama così il recente manuale di scrittura creativa firmato da Paolo Roversi, noto scrittore, giornalista e sceneggiatore italiano.

Un libricino piacevole e snello, in grado di elargire preziose nozioni di progettazione narrativa a tutti gli aspiranti autori di crime stories.

Divulgativo, scorrevole e infarcito di aneddoti , questo volumetto offre ai neofiti un’infarinatura generale e una manciata di suggerimenti tratti dal bagaglio di esperienze professionali di Roversi.

Una circostanza che, agli occhi dei suoi fan inossidabili, rappresenterà senz’altro un valore aggiunto… ma anche un mezzo per ravvivare il loro entusiasmo nei confronti del genere mistery o del noir!


scrivere gialli di successo - paolo roversi - editrice bibliografica

Di cosa parla “Scrivere Gialli di Successo”

Il manualetto di Paolo Roversi è una vera e propria “guida” alla scrittura di un romanzo giallo.

146 pagine di definizioni, esempi e qualche suggerimento operativo, in cui Roversi passa in rassegna parecchi temi fondamentali: si parte dalla ricerca dell’ispirazione e dalla necessità di imparare a sviluppare un’idea forte, per passare alla gestione delle sottotrame, all’ambientazione e alla costruzione dei personaggi.

Il 90% dei consigli contenuti all’interno di “Scrivere Gialli di Successo” si basa su fondamenta solidissime.

Seguirli ti aiuterà senz’altro a migliorare e a rendere più coinvolgente il tuo lavoro. anche perché Roversi pone ripetutamente l’accento su un paio di punti che, come sai, possono rivelarsi di importanza vitale per qualsiasi aspirante autore:

  1. La necessità di leggere (e leggere molto), per imparare ad attribuire il giusto valore alle aspettative dei lettori;
  2. Il bisogno di imparare a progettare e costruire le proprie storie, un tassello alla volta, come un paziente artigiano che cesella il suo capolavoro.

Scrivere è un lavoro serio. Anzi: è un lavoro, punto e basta!

Roversi dimostra un talento speciale nel relazionarsi all’aspirante autore. Le sue tonalità, incoraggianti e colloquiali, riescono a mettere il lettore a proprio agio, anche perché non stentano a riconoscere alle aspirazioni narrative di quest’ultimo tutta l’agognata dignità del caso.

Puoi riuscirci, sembra recitare il motto personale dell’autore. Qualsiasi cosa è possibile, purché ti armi dell’impegno necessario e ti prepari a lavorare per il tuo sogno.

D’altra parte, in nessun momento Roversi si dimostra interessato a nascondere al neofita i risvolti più faticosi della professione (vedi l’ironico capitolo “Alla ricerca di un editore”), o la necessità di applicare alla pratica quotidiana una ferrea disciplina.

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“Fiore di Cadavere”: la recensione del libro thriller di Anne Mette Hancock


fiore di cadavere recensione - anne mette hancock

La mia recensione di “Fiore di Cadavere” si apre su una nota di lieve sconcerto: in effetti, il mio livello di gradimento nei confronti dell’atteso thriller di Anne Mette Hancock è stato così basso, da trasformarmi immediatamente nella riluttante portatrice di una “very impopular opinion”!

A livello di intreccio e di personaggi, l’ho trovato un romanzo asettico, banale e deliberatamente manipolatorio.

Peraltro, secondo me, il livello di qualità si aggira, più o meno, intorno a quello di un qualsiasi episodio dello show “Law&Order: Special Victims Unit”.

Con una notevole differenza…

In termini di umanità, credibilità ed empatia, il personaggio di Heloise Kaldan – giovane giornalista investigativa nata dalla penna di Anne Mette Hancock – non ha nessuna speranza di reggere il confronto con la mitica detective Olivia Benson della serie tv!

Urge una piccola precisazione, però: amo il genere crime, ma non sono mai stata una grandissima fan del thriller nordico.

E “Fiore di Cadavere” è un libro che tende sicuramente a seguire il copione di autori come Stieg Larsson o Jo Nesbø


La trama

La giornalista danese Heloise Kaldan ha l’impressione di vivere in un incubo.

Una delle sue fonti è stata beccata a mentire e, da un momento all’altro, lei potrebbe perdere il lavoro.

Come se non bastasse, Heloise riceve la prima di una lunga serie di missive dal contenuto piuttosto criptico… e quanto mai disturbante!

L’autrice delle lettere è una latitante in fuga, una certa Anna Kiel, sul cui capo grava un’accusa di omicidio.

Dal giorno in cui una videocamera di sicurezza ha registrato la sua immagine, inquietante e grondante sangue, sul sito del brutale assassinio di un giovane avvocato, Anna non si è più fatta vedere né sentire.

Le autorità ritengono che abbia lasciato il Paese, almeno fino a quando il detective Erik Scháfer non riesce a individuare una pista che potrebbero collegare Anna al reporter che, ai tempi dell’omicidio, seguì il suo caso per conto dello stesso giornale per cui lavora adesso Heloise.

Pochi giorni dopo, il cronista in questione viene trovato morto nel suo appartamento.

Possibile che Anna Kiel abbia colpito di nuovo? O a piede libero c’è più di un assassino?

Mentre indaga sulla nuova catena di eventi, Scháfer non può fare a meno di chiedersi… perché tutti gli indizi sembrano puntare in direzione di Heloise Kaldan?

E che cosa vuole Anna da lei?


“Fiore di Cadavere”: la recensione

A mio avviso, la sinossi del thriller di Anne Mette Hancock promette un livello di tensione che il plot non si rivela assolutamente in grado di sostenere.

Certo, il mistero che ruota attorno alla figura di Anna è piuttosto intrigante…

Ma siamo seri: alla resa dei conti, non è difficile risolvere l’enigma che circonda la sua vita!

Anche perché, dal punto di vista del lettore, nessuna delle “false piste” predisposte dall’autrice si dimostra credibile, e la caratterizzazione dei personaggi secondari non sembra mai inoltrarsi oltre il mero livello superficiale.

In realtà, “Fiore di Cadavere” è un libro piuttosto “diretto”, che rifiuta ogni forma di sottigliezza e cerca piuttosto di assestare a chi legge un paio di vigorosi colpi sotto la cintura, al diavolo i sottotesti e qualsiasi forma di ambiguità morale!

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Queen Edizioni annuncia 5 nuove saghe fantasy romance in arrivo nel 2023


saghe fantasy romance 2023 - queen edizioni

Mentre si prepara a dare alle stampe l’attesissimo secondo volume della serie “Ade e Persefone” di Scarlett St. Claire, Queen Edizioni annuncia l’uscita di ben 5 nuove saghe fantasy romance!

L’arrivo in libreria dei titoli annunciati, previsto per il 2023, segnerà il debutto in italiano di altrettante autrici internazionali di fantasy romantico.

Per farti un’idea della (sottile) differenza che corre fra i sottogeneri del paranormal romance e del fantasy romance, ti riporto le parole dell’autrice americana Jeffe Kennedy:

«Ciò che distingue il fantasy romance dal paranormal romance è che il FR deve tantissimo ai generi dell’epic o dell’high fantasy… solo, con molto più romance!

Il paranormal romance è sorto in maniera molto solida all’interno del romance, così il genere è, essenzialmente, nient’altro che una love story corredata da elementi paranormali: che si tratti di lupi mannari o vampiri o persone in grado di usare la magia.

Ma, benché il mondo possa essere più o meno magico, la storia rimane prima di tutto un romance.

Invece, il fantasy romance segue un arco fantasy di stampo epico o “alto”, con tanto di Viaggio dell’Eroe (solitamente, relativo a un’eroina!), una quest e svariete ramificazioni politiche.»

Un discorso piuttosto interessante, vero? 🙂

Ma bando alle ciance, adesso…

E’ il momento di dare un’occhiata alle trame dei nuovi titoli annunciati da Queen Edizioni!


“The Bridge Kingdom” di Danielle L Jensen

saghe fantasy romance romance 2023 - the bridge kingdom

Primo volume dell’omonima saga di libri fantasy romance firmata da Danielle L. Jensen.

La trama: Lara è una principessa guerriera, addestrata nel più completo isolamento e guidata da due sole certezze. La prima: il Re Aren del Ponte Regno è suo nemico. La seconda: sarà lei a mettere il sovrano in ginocchio.

Il Ponte Regno è l’unica strada attraverso un mondo devastato dalle tempeste. Un luogo che continua ad arricchire se stesso depredando i suoi rivali, inclusa la terra natale di Lara.

Così, non appena la ragazza viene spedita lì come sposa, con il pretesto di cercare la pace, Lara sa di dover infrangere le impenetrabili difese del Regno a qualsiasi costo. E lo stesso vale per le difese di Aren, ovviamente.

Eppure, mentre si infiltra nella sua nuova casa e comincia ad acquisire una maggiore comprensione delle dinamiche alla base della guerra per il possesso del ponte (e a mano a mano che i suoi sentimenti per Aren cominciano a intensificarsi), Lara inizia a mettere in discussione il proprio ruolo: alla fine, sarà lei l’eroina, o… la villain?

Serie “The Bridge Kingdom”:

1. The Bridge Kingdom

2. The Traitor Queen

3. The Inadequate Heir



“Flames of Chaos” di Amelia Hutchins

Primo libro della serie “Legacy of the Nine Realms” di Amelia Hutchins.

La trama: Aria e le sue sorelle fanno ritorno al Regno Umano di Haven Falls, soltanto per scoprire che un membro della loro famiglia risulta disperso.

Le cose sono cambiate durante la loro assenza e, adesso, niente è più quello che sembra; incluso Know, l’egocentrico e affascinante tizio che ha deciso di autoproclamarsi Re mentre loro non c’erano.

Un mucchio di scintille cominciano a volare quando i due si immergono in una competizione di ingegno e Aria scopre di essere molto più delle semplice strega del lignaggio di Hecate che aveva sempre pensato di essere.

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“L’Isola del Dottor Moreau”: 5 cose che uno scrittore può imparare leggendo il libro di Wells


isola del dottor moreau - analisi libro h g wells

Non esagero quando dico che l’edizione Fanucci de “L’Isola del Dottor Moreau” ha fatto parte della mia TBR per anni.

Dopotutto, dello stesso autore avevo già letto “La Macchina del Tempo”, libro di cui avevo senz’altro apprezzato la visionarietà e la sottile ironia di fondo.

Ma, allora, perché mi sono ritrovata a esitare così tanto?

Bè…

Il problema è che ho una mente iperattiva e facilmente incline alle distrazioni; per cui, forse non ti sorprenderà sapere che sono le nuove uscite, per la maggior parte del tempo, a monopolizzare il mio tempo!

Eppure, paradossalmente, stavolta si dà il caso che sia stata proprio questa mia (comprensibilissima) fascinazione per i titoli appena sbarcati in libreria a spingermi a recuperare il libro di H. G. Wells, pubblicato per la prima volta nel 1896.

Dopotutto, a fine luglio è uscita l’edizione in lingua originale del retelling “The Daughter Of Doctor Moreau di Silvia Moreno-Garcia; l’affermata autrice di “Mexican Gothic” e “Gods of Jade and Shadow”, due romanzi affascinanti e ricchi di seducenti suggestioni morbose.

Per “prepararmi” alla lettura di questo nuovo lavoro, cos’altro avrei potuto fare, se non decidermi a a iniziare la mia bella copia de “L’Isola del Dottor Moreau”?

Ti confermo subito che si è trattato della scelta giusta. In primo luogo, perché “L’Isola del Dottor Moreau” mi ha garantito un’esperienza di lettura insolita, incisiva e ricca di spunti di riflessione.

Ma anche perché il classico di Wells mi ha permesso di assimilare cinque preziose lezioni di scrittura creativa; le stesse che ho intenzione di condividere con te, nel corso di questo articolo…


Spoiler alert!

1.Come usare il “body horror” per richiamare nel lettore un sacrosanto terrore della propria mortalità

Fra le righe della trama de “L’Isola del Dottor Moreau”, si nascondono parecchie metafore, di ordine tanto sociale, quanto metafisico, religioso e perfino esistenziale.

Eppure, su un livello profondo – un livello istintivo –  la prima reazione che la cronaca degli atroci esperimenti compiuti dal protagonista del libro è in grado di suscitare, non ha nulla a che vedere con i cosiddetti sentimenti “elevati” del genere umano.

Compassione, sdegno, etica, raziocinio…

È come se gli eloquenti plot twist del libro di H. G. Wells costringessero tutte queste cose ad “arretrare” nella mente del lettore, per lasciare campo libero a emozioni di natura assai più prosaica e ancestrale: paura. Rabbia. Sgomento. Orrore.

Per scagliarlo, insomma, in una condizione psicologia non troppo dissimile da quella sperimentata dalle tormentate creature del dottor Moreau.

Tieni presente che il body horror è il sottogenere che si propone di raccontare il senso di orrore, assoluto e incontrovertibile, che si prova al cospetto di una violazione del corpo.

Un terrore universale, intriso di sofferenza e non privo di certe particolari connotazioni grottesche, che riesce a estendere la sua fosca influenza sugli abitanti di ogni epoca, ceto e cultura.

La paura del dolore fisico, in fondo, è una delle pochissime cose in grado di accomunarci tutti.

Ed ecco perché NESSUNO sarà mai in grado di restare indifferente di fronte alla raccapricciante storia dello scienziato pazzo Moreau…

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“Lightlark”: la recensione del libro fantasy di Alex Aster


lightlark recensione - alex aster - libro fantasy

La mia recensione di “Lightlark” non può che iniziare con un piccolo disclaimer: ho deciso di leggere il chiacchieratissimo romanzo YA fantasy di Alex Aster soltanto dopo l’esplosione di polemiche e gli episodi di review bombing avvenuti ai danni dell’autrice nel corso delle ultime settimane.

Se devo essere sincera, all’inizio la trama di “Lightlark” mi ispirava soltanto fino a un certo punto. Ma sono una persona curiosa per natura e, alla fine, le millemila proteste scandalizzate da parte del piccolo esercito di fan internazionali della Aster sono riuscite ad accendere in me una scintilla di interesse.

Bè, suppongo che, alla resa dei conti, tutto questo polverone sia riuscito a giocare a vantaggio della mia esperienza di lettura! All’inizio, infatti, le mie aspettative nei confronti di questo titolo si attestavano intorno a livelli oscenamente bassi.

Eppure, vuoi sapere un segreto?

“Lightlark” non è affatto il libro fantasy per ragazzi più detestabile, pompato e illeggibile dell’anno.

È soltanto il più anacronistico, tradizionale e superato modello di romanzo YA che un appassionato del genere potrebbe ritrovarsi a leggere nel 2022….


La trama

Ogni 100 anni, le nebbie che avvolgono Lightlark si diradano e l’isola si prepara a ospitare il Centennale, un gioco mortale che prevede la partecipazione dei sovrani dei sei regni.

L’invito è una convocazione – una chiamata ad abbracciare vittoria e rovina, coppe di champagne e litri di sangue.

Il Centennale è anche l’evento che offre ai monarchi un’ultima possibilità di spezzare le terribili maledizioni che continuano a piagare i loro regni da secoli.

Il problema è che ciascuno di questi governanti ha qualcosa da nascondere. E che ogni maledizione si rivela maligna e insidiosa nei modi più insospettati.

Nel regno di Isla Crown, ad esempio, le persone sono obbligate a consumare cuori umani per sopravvivere. Inoltre, chiunque riceva l’amore di uno Wilding può aspettarsi di finire assassinato nel giro di poco tempo.

Per questo motivo, il popolo di Isla viene temuto e disprezzato dal resto del mondo.

Adesso, la loro unica speranza risiede nella loro giovane sovrana, considerata da molti forestieri alla stregua di una tentatrice, una seduttrice, e una villain in attesa di sbocciare.

Soltanto se Isla vincerà il Centennale, la maledizione verrà infranta, e gli Wilding saranno finalmente liberi di tornare a una parvenza di normalità.

Ma, affinché la profezia di salvezza si avveri, uno degli altri sovrani dovrà morire.

E, per sopravvivere, Isla dovrà imparare a mentire, barare e tradire… anche quando interverrà l’amore, nella maniera più inaspettata, a complicare tutto.



“Lightlark”: la recensione

Il libro di Alex Aster è un mix fra la trilogia di “Hunger Games” di Suzanne Collins e il bestseller “Tenebre e Ossa” di Leigh Bardugo.

Individuare le fonti di ispirazione per questo romanzo si rivela un gioco da ragazzi; soprattutto dal punto di vista della struttura, dei personaggi e del romance, se non da quello delle tematiche e dell’ambientazione.

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17 modi infallibili per trovare l’ispirazione e scrivere un libro, secondo Jeff Vandermeer


come trovare ispirazione per scrivere un libro

Come si fa a trovare l’ispirazione per scrivere un romanzo?

Da che parte si comincia a cercare un’idea per una nuova storia?

Sembra che tutti gli autori, gli editor e i critici di questo mondo siano d’accordo su una cosa: per imparare a scrivere meglio, bisogna continuare a esercitarsi, e farlo ogni giorno.

Ma scrivere di che cosa?!

Non è per forza detto che la risposta sia cosa scontata.

Dopotutto, alcuni autori sono dei naturali “collezionisti” di idee. Per accumulare ispirazione non serve diventare maestri di storytelling: basta continuare a nutrire la propria immaginazione in maniera costruttiva e incessante.

In che modo?

Bè, prima di tutto imparando a valorizzarla, e accogliendo con gioia tutte quelle piccole “rivelazioni” creative che, nel corso della giornata, tendono a incendiare la mente di una persona.

Ma forse hai appena deciso di riprendere a scrivere, o magari sei “reduce” dall’ultima stesura di una saga monumentale. Ti piacerebbe tantissimo lanciarti in un altro progetto, immergerti in una storia nuova di zecca, ricominciare a macinare parole come se non ci fosse un domani…

Eppure, bastano un paio di sedute infruttuose davanti alla tastiera per realizzare che la tua personale Fucina delle Idee, per qualsivoglia motivo, sembra essersi un po’… arrugginita. Come una lavagna bianca, o le pale di un mulino costruito a chilometri di distanza dal corso d’acqua più vicino.

Hai bisogno di una mano? Di qualche piccolo suggerimento operativo in grado di aiutarti a “riavviare” l’ispirazione bloccata?

Buone notizie: sto arrivando con la cassetta del pronto intervento, amico mio!

Un libro meraviglioso chiamato “Wonderbook”, scritto dall’immenso autore di speculative fiction Jeff Vandermeer


L’idea forte

«”L’ispirazione” viene spesso definita, in maniera inadeguata, come quella scintilla iniziale, o quelle scintille iniziali, che conducono a una storia.

In effetti, la parola descrive invece il processo continuo che avviene attraverso lo sviluppo di un particolare pezzo di fiction – una serie di rivelazioni in continuo aggiornamento, messe insieme dagli sforzi in tandem del tuo subconscio e dalla tua mente razionale.»

Jeff Vandermeer

Ma, prima di cominciare, vorrei soffermarmi un momento a considerare l’uso della parola “idea”.

Come forse saprai, in ambito cinematografico e televisivo, gli americani amano molto parlare di “high concept”.

Per sua stessa definizione, un high concept è un’idea «composta di determinati elementi narrativi strutturali che devono essere necessariamente presenti nella storia, al fine di poterla definire vendibile universalmente… cioè, a livello globale

In Italia, il termine viene spesso assimilato al concetto di “idea forte”.

Più avanti, torneremo sicuramente a dedicare parecchia attenzione a questo argomento. Ti fornirò, peraltro, una “formula” che ti permetterà di verificare la solidità della tua idea, una sorta di mini-guida che ti aiuterà, fra le altre cose, a scrivere la sinossi del tuo romanzo in maniera efficiente e accurata.

Per ora, cerca di tenere a mente questo: prima ancora di cominciare a lavorare sulla struttura del tuo romanzo (o del tuo racconto), avrai bisogno di formulare un’idea dotata di caratteristiche specifiche.

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“Secret Team 355”: la recensione del film disponibile su Prime Video


secret team 355 recensione -film prime video

Arriva oggi la recensione di “Secret Team 355”, l’attesa spy story al femminile appena sbarcata sul servizio streaming Amazon Prime Video.

Un film che si lascia guardare, ma che, a mio avviso, si rivela al tempo stesso abbastanza deludente.

Tutta colpa di una regia svogliata e di una sceneggiatura che, tutta presa dalla foga di inserire scene di combattimento, sparatorie e protocolli geopolitici, finisce per dimenticarsi il prerequisito più importante: la necessità di lasciarsi seguire dallo spettatore…


La trama

Mace (Jessica Chastain) è un’agente dei servizi segreti americani che riceve l’incarico di finalizzare l’acquisto di un pericolosissimo congegno tecnologico appena introdotto sul mercato nero.

Tuttavia, a causa dell’interferenza dell’agente operativa tedesca Marie (Diane Kruger), lo scambio si rivela un tragico buco nell’acqua.

La situazione degenera nel momento in cui ulteriori forze sconosciute si lanciano nella mischia e Nick (Sebastian Stan), un collega e amante di Mace, finisce ucciso dal fuoco nemico.

Mace decide quindi di intraprendere una personale missione di vendetta contro gli assassini, infischiandosene delle regole dell’agenzia e cercando di recuperare il disco perduto con ogni mezzo necessario.

Nel corso della sua impresa, la donna finirà per incrociare di nuovo la strada della combattiva rivale Marie. Ma avrà anche bisogno dell’appoggio dell’esperta mondiale di hackeraggio e informatica Khadijah (Lupita Nyong’o) e della tenace psicanalista colombiana Graciela (Penélope Cruz).


“Secret Team 355”: la recensione

La “creatura” cinematografica di Simon Kinberg vanta un cast stellare e una premessa intrigante, ma annaspa sotto i battiti un cuore che riesce a tenere in vita l’entusiasmo soltanto a metà.

Come mai?

Bè, tanto per cominciare, la trama di “Secret Team 355” si rivela inutilmente tortuosa e complicata. La verità è che, per quanto lo spettatore possa lambiccarsi le meningi, si ritroverà in molteplici occasioni a perdere completamente il filo degli eventi, delle complicazioni e degli innumerevoli voltafaccia messi in atto dai personaggi secondari.

E’ come se la mezza dozzina di comprimari continuasse ad affannarsi istericamente dal punto A al punto B, senza permettere a nessuno di decifrare totalmente le complicate motivazioni alla radice delle loro azioni.

Eccezion fatta, ovviamente, per il prevedibile inseguimento del loro MacGuffin (nel caso in questione, un portentoso congegno in grado di hackerare qualsiasi sistema di sicurezza internazionale).

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“Lightyear”: 5 cose che uno scrittore può imparare guardando il film Disney/Pixar


lightyear - banner - pixar

Un bravo narratore sa che, dalla Pixar, c’è sempre qualcosa da imparare.

Ebbene sì: perfino quando il loro ultimo film si rivela un clamoroso flop commerciale!

Dopotutto, pochissime case di produzione cinematografiche sono state in grado di raggiungere, così velocemente, degli standard qualitativi generali così elevati.

Lightyear” è un film che ho trovato…interessante, almeno dal punto di vista della costruzione del protagonista e delle (intrepide) scelte narrative portate avanti dalla trama.

Una pellicola tutt’altro che perfetta, e sicuramente non all’altezza di capolavori come “Inside Out”, “Up” o “Soul”… ma per lo più brillante, anche se solo a tratti, e deliziosamente audace nella sua natura di “ibrido” cinematografico semi-sperimentale.

Ma quali preziose lezioni potrebbe imparare, uno scrittore, da una minuziosa analisi del plot e dei personaggi di “Lightyear”?

Andiamo a scoprirlo insieme! 😀


Spoiler alert!

1. Mai sottovalutare il potere del deuteragonista!

Sai che cos’è un deuteragonista?

La parola deriva dal greco: nel gergo teatrale, infatti, il termine stava a indicare “il secondo attore”.

Un deuteragonista è esattamente questo. Per citare TVTrope:

«Si tratta della seconda persona a cui ruota attorno uno show [o un romanzo, o un film…], un personaggio le cui azioni guidano la trama tanto quelle del protagoniste.»

Se ci fai caso, in “Toy Story”, Buzz non è l’eroe principale del film: quel ruolo spetta a Woody!

Ma se c’è una cosa che l’esistenza stessa del film “Lightyear” è in grado di dimostrare, è che un deuteragonista racchiude sempre in sé un potenziale narrativo tale da rivaleggiare con quello del protagonista.

E, in alcuni casi, addirittura quello di conquistarsi il diritto a una propria rocambolesca e toccante origin story!

Altri popolari esempi di deuteragonista che, all’occorrenza, si sono rivelati tranquillamente in grado di rubare la scena al protagonista?

  • Skye nella serie tv “Agents of S.H.I.E.L.D.”.
  • Willy Wonka nel film “La Fabbrica di Cioccolato”.
  • Sarah Lance nella prima stagione dello show “Legends of Tomorrow”.
  • Kelsier nel romanzo “Mistborn: L’Ultimo Impero”.

Cosa ci suggerisce tutto questo?

Se deciderai di inserire nel tuo romanzo un “secondo uomo” o “una seconda donna”, che si tratti di un aiutante, di un villain o di un love interest, dovrai stare molto attento a non sottovalutare il suo ruolo.

Se non fosse stato per Sheldon Cooper, credi davvero che la sitcom “The Big Bang Theory” sarebbe riuscita a diventare un fenomeno popolare? 😉

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Come (non) scrivere un personaggio femminile: 9 devastanti stereotipi che potrebbero distruggere il tuo lavoro


Come puoi creare un personaggio femminile accattivante, vivace e ricco di sfumature?

In un mondo ideale, la risposta sarebbe scontata: seguendo lo stesso, identico procedimento che useresti per creare un personaggio maschile accattivante, vivace e ricco di sfumature!

Vale a dire liberandoti da ogni preconcetto, buttando dalla finestra ogni idea stereotipata e provando a calarti nei panni di un’altra persona, a prescindere da quanto tu possa sentirla lontana o “diversa” da te.

Da un punto di vista pratico, ovviamente, questo si traduce nella necessità di assegnare al tuo personaggio femminile:

  • un oggetto del desiderio (che non sia il tuo protagonista maschile, per amor di Dio!) e un oggetto del bisogno (idem come sopra);
  • una complessa vita interiore e una “ferita” emotiva su cui far leva nel corso della narrazione;
  • un’identità e una serie di complesse relazioni con i personaggi che la circondano.

Tutto abbastanza ovvio, no?

Lo ribadisco: soltanto in teoria, a quanto pare!

Perché la verità è che ormai ho letto abbastanza manoscritti – e romanzi pubblicati – da sapere che quello dei personaggi femminili è ANCORA un tasto dolente per molti autori.

Nell’articolo di oggi, riassumerò i nove peggiori stereotipi a cui uno scrittore possa ricorrere durante il processo di ideazione di un personaggio femminile.

Non importa che si tratti della tua protagonista, della madre dell’eroe, del love interest o di una matrona di passaggio: se hai inserito un personaggio femminile all’interno del tuo romanzo, ricorda solo di tenerti il più lontano possibile dai fastidiosi cliché che sto per elencarti…


1. La “Sexy Lamp”

Lois Lane nel film “Man of Steel”

Questo termine è stato coniato per la prima volta da Kelly Sue DeConnick (fumettista americana nota soprattutto per la sua leggendaria run di “Captain Marvel”).

In occasione di un panel all’Emerald City Comic Con, la DeConnick ha avuto modo di esprimere il proprio disappunto nei confronti del trope del cosiddetto “Personaggio Femminile Forte”.

A suo avviso, infatti, molte opere che ne fanno uso si limitano a presentare una forza di facciata (una sorta di “copertura”), quando, di fatto, al suddetto personaggio femminile viene sottratta ogni effettiva capacità di agire e influenzare la trama per mezzo delle sue azioni.

Quando l’autore si limita, cioè, a usare la co-protagonista femminile alla stregua di un semplice accessorio di scena.

Secondo la DeConnick, infatti, perfino il famosissimo test di Bechdel è uno strumento troppo debole, incapace di determinare il reale livello di sessismo contenuto in una storia.

Il risvolto buffo? L’autrice propone di impiegare, al suo posto, il cosiddetto “test della Lampada Sexy”:

«Se puoi eliminare il tuo personaggio femminile e sostituirlo con una lampada sexy, vuol dire una cosa sola: SEI UN DANNATO SCRITTORUCOLO!»

Kelly Sue DeConnick

Parole forti, lo so, ma ancora… necessarie.

Per la serie: NON pensare che basti creare una bambolina da affiancare al tuo protagonista maschile, per soddisfare il concetto di rappresentanza femminile.

Non importa se la bambolina in questione può millantare fenomenali poteri cosmici, praticare dieci tipi di arti marziali diversi, o se racchiude in sé il potenziale per mettere al mondo il prossimo salvatore dell’universo.

Se non le permetti di FARE niente, se il suo ruolo non può dirsi indistricabilmente legato allo sviluppo del plot, se la sua presenza in scena serve soltanto a dimostrare quanto incredibilmente cool e attraente stia diventando il tuo eroe maschile…

Rimpiazzala direttamente con un accessorio da ufficio. Lampada, sedia o scrivania: non fa differenza.

Ma lascia fuori le donne da questa storia.

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7 libri romantici sui viaggi nel tempo da leggere dopo “Outlander”


libri fantasy romantici sui viaggi nel tempo da leggere

Celebriamo l’uscita di “Quando Accadrà Dillo Alle Api” con una piccola rassegna dedicata ad alcuni fra i più intriganti libri fantasy romantici sui viaggi nel tempo disponibili in lingua italiana.

Ovviamente, se ami il romance, potresti già conoscere e/o aver letto alcuni di questi titoli. Eppure, qualcosa che mi dice che perfino le estimatrici più incontenibili del genere riusciranno a trovare qualcosina da aggiungere in wish-list.

Perciò, preparati…

Se hai trascorso gli ultimi anni scorrazzando fra le Highland scozzesi in compagnia di Claire e Jamie, e sei alla disperata ricerca di nuovi personaggi con cui viaggiare attraverso i secoli… sappi che l’articolo di oggi è qui per te! 😉


7 libri romantici sui viaggi nel tempo da leggere dopo “Outlander”



“Highlander: Amori nel tempo” di Karen Marie Moning

Hawk è un guerriero conosciuto in tutto il regno, un predatore famoso tanto per le sue sortite sul campo di battaglia, quanto per quelle in camera da letto. Eppure, Hawk non ha mai permesso a nessuna donna di rubargli il cuore.

Almeno fino a quando un mago a caccia di vendetta non decide di spedire Adrienne de Simone dalla Seattle contemporanea alla Scozia medievale.

Prigioniera di un secolo che non è il suo, Adrienne è audace, diretta, diversa da qualsiasi altra dama Hawk abbia mai conosciuto… Per farla breve: una sfida degna di un grande conquistatore!

Ma Adrienne ha giurato a se stessa che non si lascerà mai sedurre dall’uomo che si ritrova improvvisamente costretta a sposare…

Fra tutti i libri fantasy dedicati ai viaggi nel tempo che ho deciso di elencare qui, questo è senz’altro uno dei più titoli popolari e conosciuti dalle fan di “Outlander!

Leggere Editore ha pubblicato anche i successivi romanzi della serie.

La saga “Highlander”:

  • Amori nel Tempo
  • Torna da Me
  • L’Ultimo dei Templari
  • Il Bacio dell’Highlander



“A Discovery of Witches” di Deborah Harkness

A volte, anche le streghe si dedicano al time-traveling…

Certo, la trama del primo volume non lascia intendere nulla di specifico al riguardo… eppure, la Trilogia delle Anime sembra racchiudere in sé parecchi elementi che mi hanno incoraggiato a inserirla in questa lista.

Diana Bishop è una studiosa presso la Bodleian Library di Oxford. Senza volerlo, la giovane donna, discendente di una celebre dinastia di streghe, si ritrova a risvegliare il potere di un misterioso manoscritto.

A nulla valgono le sue proteste e i suoi tentativi di ripudiare il mondo della magia: da quel giorno, Diana si ritrova ad avere a che fare con un mondo segreto di streghe, demoni e vampiri, tutti decisi a mettere le mani sul manoscritto incantato.

Dalle serie di romanzi di Deborah Harkness è stata tratta l’omonima serie televisiva andata in onda su Sky Atlantic.

Gli altri volumi della saga sono:

  • L’Ombra della Notte
  • Il Bacio delle Tenebre
  • Il Figlio del Tempo

libri fantasy romantici sui viaggi nel tempo - ancora una fermata

“Ancora una fermata” di Casey McQuiston

Chi mi conosce, sa che questo è stato uno dei miei romanzi fantasy preferiti del 2021

La storia d’amore fra la riservata August e la “punk” ribelle Jane inizia per caso, nel momento in cui le due ragazze si incontrano su un affollato vagone della metropolitana newyorkese.

La loro connessione è immediata, talmente potente da innescare il più classico (e stordente) dei colpi di fulmine. C’è solo un piccolo problema: August appartiene ai giorni nostri, mentre Jane viene dagli anni Settanta.

La poveretta, infatti, è rimasta bloccata in una sorta di loop temporale, una condizione che la tiene prigioniera di uno specifico binario, impedendole di abbandonare la stazione e/o cercare di tornare nel suo tempo.

Toccherà a August trovare un modo per rispedirla a casa e fare in modo che Jane abbia la possibilità di riabbracciare la sua famiglia… Anche se, per riuscirci, la nostra eroina potrebbe essere costretta a sacrificare una delle cose più belle e importanti che le siano mai capitate.

Un romanzo incredibilmente romantico, ma anche divertente, colorato, commovente, buffo ed elettrizzante. Il tutto sullo sfondo di una New York magicamente queer, incredibilmente umana, che ti farà provare il desiderio spasmodico di correre a rivedere tutte le tue romcom preferite ambientate nella Grande Mela…

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