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“Spice Road”: la recensione del libro fantasy di Maiya Ibrahim


spice road recensione - maiya ibrahim

Nella recensione di “Spice Road”, ci troveremo ancora una volta a fare i conti con la domanda che, da un po’ di tempo a questa parte, tende a ronzarmi nell’orecchio ogni volta che mi accosto a un libro fantasy YA: quale dovrebbe essere, esattamente, lo scopo di un buon romanzo d’avventura per ragazzi?

Dal canto mio, ho sempre avuto una teoria: intrattenere, coinvolgere, affrontare tematiche care alla vita di ogni giorno di un adolescente… e magari, occasionalmente, invitarlo anche a riflettere su alcuni importanti argomenti di attualità.

Eppure, adesso, sta prendendo piede un’altra tendenza. Come se l’obiettivo primario di un libro fantasy dovesse essere quello di… Bè, non voglio dire “indottrinare” il lettore. Sembra una termine un po’ forte, no? Perfino esagerato. Ma devo ammettere che sto facendo fatica a tenermi lontana da questa parola.

Perché quando il tono di una narrazione è così piatto, la tecnica maldestra, i toni melodrammatici e la trama appesa a un filo, è chiaro che si stenta a inquadrare il senso di una storia che non fa altro che spiattellarti in faccia lo stesso messaggio ancora, e ancora, e ancora…


La trama

Qalia è una città segreta, nascosta nel deserto. Qui circola una spezia magica, in grado di risvegliare le affinità di chiunque beva il misterioso tea al misra.

Imani ha diciassette anni e un’affinità nei confronti dell’acciaio. La ragazza è in grado di maneggiare una spada come nessun altro guerriero, cosa che le ha guadagnato una reputazione invidiabile e una posizione fra gli “Scudi”, la guardia d’elite incaricata di proteggere la città.

Imani ha combattuto contro pericolosi djinn, ghouls e altri mostri che si annidano nelle sabbie ai confini della città.

Tuttavia, la scomparsa di suo fratello maggiore ha gettato un’ombra sulla sua reputazione. Perché il giovane, prima di andarsene, ha rubato una scorta di misra, trascinando nel fango il buon nome della sua famiglia e mostrando i primi sintomi di quella che potrebbe presto diventare un’ossessione magica.

Imani credeva che suo fratello fosse morto nel deserto. Ma quando emerge una serie di prove contrarie, la ragazza stringe un patto con il Concilio per ritrovare il ragazzo e riportarlo a casa, prima che possa rivelare al mondo esterno l’ubicazione della leggendaria città di Qalia. Nel suo pericoloso viaggio, verrà accompagnata da Qayn, un dijinn impertinente quando affascinante, e da Taha, un arrogante Scudo in grado di comunicare con gli animali.

Come Imani avrà modo di scoprire, molti segreti albergano al di là delle Terre Desolate – e nel suo stesso cuore. Ma riuscirà a ritrovare suo fratello, prima che il suo tradimento metta a repentaglio il fato di Qalia?



“Spice Road”: la recensione

Se hai apprezzato libri come “The Unbroken” di C. L. Clark o “Babel” di R. F. Kuang, sospetto che “Spice Road” abbia qualche possibilità di colpirti in positivo.

Non necessariamente perché tu abbia gusti o interessi diversi dai miei (questi titoli fanno parte anche della mia libreria, dopotutto). Molto più semplicemente, ho l’impressione che potresti aver sviluppato una soglia di tolleranza più alta della mia, nei confronti di certa supponente autoreferenzialità retorica.

Coltivare soltanto il messaggio politico, a discapito della cura strutturale e formale del testo (personaggi, worldbuilding, archi trasformativi, trama ecc.), francamente sta diventando un trend che non riesco più a giustificare.

A beneficio di “Spice Road”, devo aggiungere che, certo, Maiya Ibrahim dedica una certa attenzione anche all’elemento romantico!

La relazione fra Taha e Imani vanta parecchie sfumature, dal punto di vista emotivo, arrivando a incarnare una versione complessa ed evoluta del trope dell’enemies-to-lovers. Peccato che si tratti di un rapporto altamente tossico, basato sul disprezzo reciproco e su un certo narcisismo di fondo (perché, diciamocelo, vorrà pur dire qualcosa il fatto che i due personaggi principali scoprano di piacersi soltanto nel momento in cui si trasformano l’uno nello specchio dell’altra).

Da un punto di vista “alchemico”, stiamo peraltro parlando di due grandissimi pezzi di legno, del tutto incapaci di generare una scintilla.

A scaldare l’ambientante avrebbe dovuto provvedere, forse, Qayn, il secondo interesse romantico di Imani. Un personaggio che, in linea teorica, avrebbe potuto contribuire a innescare un focolaio di interesse nei confronti delle dinamiche che si sviluppano all’interno della coppia principale. Purtroppo, anche nel caso del djinn, mi è parso di assistere alla compresenza di una quantità sterminata di cliché, elementi che abbiamo già visto interagire in un triliardo di altri sornioni personaggi-trickster prima di lui.

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“What Lies in the Woods”: la recensione del mistery di Kate Alice Marshall


what lies in the woods recensione - kate alice marshall

Questo martedì, la recensione di “What Lies in the Woods” ci accompagna!

Il libro di Kate Alice Marshall è un nuovo, torbido “small town mistery”. Ma, a essere del tutto sincera, stavolta si tratta di una lettura che ho trovato indigesta, e sotto parecchi punti di vista. Dopotutto, esistono poche cose più noiose di un thriller che non è in grado di coglierti di sorpresa neanche per un secondo, dico bene?


La trama

Un tempo, Naomi Shaw credeva nella magia. Ventidue anni fa, lei e le sue due migliori amiche, Cassidy e Olivia, erano solite trascorrere l’estate scorrazzando per i boschi, immaginando un mondo di cerimonia e di incanto. Lo chiamavano il “Gioco della Dea”.

La loro ultima estate insieme è finita con l’inspiegabile aggressione subita da Naomi. Per puro miracolo, la ragazza è riuscita a sopravvivere a diciassette coltellate e a identificare l’uomo che l’ha attaccata. La testimonianza della ragazza è stata decisiva per identificare il serial killer che stava terrorizzano l’area, peraltro già ricercato per l’omicidio di sei donne.

Agli occhi della comunità, Naomi e le sue amiche si sono comportate da eroine.

Ma, in realtà, le tre ragazze sono delle bugiarde.

Per decadi, hanno continuano a tenersi stretto un segreto per cui potrebbe valere la pena uccidere. Adesso, però, Olivia è pronta a rivelare la verità. Naomi, che soffre di amnesia selettiva, decide allora di scoprire cosa è accaduto davvero quel giorno, svelando la catena di eventi che ha portato al suo attacco.

Ma non ha idea di quello che potrebbe costarle



“What Lies in the Woods”: la recensione

“What Lies in the Woods” schiera in campo una protagonista bisessuale (ma che, stranamente, sembra attratta soltanto dalla sfilza di personaggi maschili che si materializzano sulla sua strada…), un armamentario di twist telefonatissimi, una deprimente collezione di cliché spacciati per archetipi…

Il risultato? Un mistery a forti tinte rose che mi sentirei di consigliare soltanto a un lettore alle primissime armi; uno che, possibilmente, non abbia mai sentito parlare di Paula Hawkins o Gillian Flynn. Ma neanche di Taylor Adams o Simone St. James, se per questo.

Praticamente, ti basta leggere la sinossi riportata in quarta di copertina per scoprire tutto quello che c’è da sapere a proposuto di questa storia e di dove andrà a parare. La stessa cosa che aveva attirato la mia attenzione – il “Gioco della Dea”, la dinamica angosciante e pericolosa che si viene a instaurare fra le tre bambine/giovani donne – si rivela, del resto, una sorta di specchietto per le allodole.

Sì, perché Kate Alice Marshall impiega UN ATTIMO a sminuire la complessità e le sfumature dell’amicizia al femminile, riducendo tutto a una deprimente pioggia di stereotipi.

Per cominciare, le basta trasformare la sua protagonista nella classica eroina tormentata a caccia di un cavaliere dalla scintillante armatura, e proseguire confinando le sue due amiche al ruolo di spalla/macchietta (non scendo nei particolari, per evitare quei due o tre spoiler in cui potresti davvero rischiare di incappare).


La verità è là fuori

Cosa resta, allora, di una premessa che poteva sembrare – non dico rivoluzionaria – ma quantomeno abbastanza intrigante da giustificare la lettura dell’ennesimo thriller?

Bè, sei sei interessato a quel genere di cose, sicuramente l’autrice approfondisce il tema delle varie turbe sentimentali della protagonista. Una donna adulta (che, peraltro, è stata vittima di abusi da adolescente…) e che, adesso, si sente incline sfoggiare le sue cicatrici e a mostrarsi come cinica, disincantata ecc. Ma che poi riesce, miracolosamente, a innamorarsi di un tizio gentile a caso nel giro di quattro pagine e a fidarsi ciecamente di lui… al punto da confidargli allegramente tutti i segreti della sua vita, compresi quelle delle sue cosiddette “amiche”.

Non vorrei, ora, che tu rischiassi di fraintendere i toni di questa recensione di “What Lies in the Woods”. Non nutrivo aspettative stellari nei confronti del titolo di Kate Alice Marshall . Quello che cercavo, semplicemente, era una buona forma di intrattenimento, qualcosa in grado di distogliermi dai miei studi per qualche ora.

Mi era già chiaro, insomma, che il romanzo non sarebbe stato un nuovo “Creature del Cielo” o una versione alternativa di “Mare of Easttown”.

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“How to Sell a Haunted House”: la recensione del folle libro horror di Grady Hendrix


how to sell a haunted house recensione - grady hendrix

La recensione di “How to Sell a Haunted House” di Grady Hendrix sarà un po’ ambigua, temo.

Cercherò di spiegarmi meglio nel corso dell’articolo. Il succo del discorso, però, è che nutro dei sentimenti abbastanza ambivalenti nei confronti di questo surreale campy horror a tema pupazzetti dall’inferno!

Da una parte, infatti, ho sicuramente apprezzato la contagiosa ironia dell’autore, nonché il suo sforzo di conferire un certo livello di profondità emotiva all’intera vicenda. Dall’altra, devo ammettere di non essere rimasta particolarmente colpita dall’altalenante costruzione della trama, né da quella dei personaggi


La trama

Quando Luoise scopre che i suoi genitori sono morti, non è affatto felice all’idea di dover tornare nella sua città d’orgine. Tanto per cominciare, non ha nessuna voglia di lasciare la sua bambina, Poppy, alle cure del suo ex, per volare a Charleston da sola.

E poi, Louise non è certo ansiosa di avere a che fare con la casa dei suoi genitori! L’edificio, infatti, è stracolmo di ricordi. Contiene tutto ciò che resta della carriera accademica di suo padre e dell’eterna ossessione di sua madre verso bambole e pupazzi.

Soprattutto, Luoise non vuole avere a che fare con il suo nullafacente fratello, Mark.

Mark, dal canto suo, non ha certo intenzione di renderle le cose più facili. L’uomo, che non ha mai lasciato Charleston e non è mai riuscito a tenersi un lavoro per più di qualche giorno, cova un grandissimo risentimento nei confronti della sorella. Sfortunatamente, Luoise dovrà trovare un modo per dialogare con Mark, se intende preparare la casa per la vendita.

Specialmente perché, a quanto pare, non bastano una mano di vernice e una sana dose di pulizie per rendere appetibile per il mercato una vecchia magione infestata.

Certe case non hanno nessuna intenzione di essere cedute. Quella di Louise e Mark, ad esempio, sta preparando piani di tutt’altro genere nei confronti dei suoi proprietari…




“How to Sell a Haunted House”: la recensione

Nei suoi aspetti essenziali, “How to Sell a Haunted House” ” si legge quasi come una sorta di bizzarra saga famigliare condensata… con un sadico emulatore del pupazzo Slappy a fare da improbabile collante intergenerazionale, e un gustoso contorno di intermezzi comico-demenziali a ravvivare sporadicamente l’atmosfera.

C’è da dire che, se non avessi divorato – e visceralmente amato – due dei precedenti romanzi dell’autore (“My Best’s Friend Exorcism” e “Gruppo Sostegno Ragazze Sopravvissute”, entrambi in editi in Italia da Mondadori), forse stavolta non sarei riuscita a spingermi oltre pagina settanta.

Perché credo di aver cominciato a sviluppare un piccolo problema nei confronti dei “primi atti” delle opere di Grady Hendrix: i capitoli introduttivi mi annoiano un po’, probabilmente perché ai protagonisti dei suoi libri serve sempre del tempo per riuscire a rendersi riconoscibili ed ergersi al sopra della baraonda di gag, battute e azione sfrenata che l’intreccio tende sempre a scagliare nella loro direzione. Nel caso di “How to Sell a Haunted House”, devo dire che questo fenomeno si è replicato alla perfezione.

In realtà, a fine lettura mi sentirei di definire Luoise, l’eroina del libro, come un “personaggio abbastanza ok“. Suo fratello Mark, viceversa, mi è sembrato un idiota colossale e infantile dalla prima all’ultima pagina. Tant’è che ho fatto veramente fatica a mandar giù una lunga (e delirante) parentesi narrata dal suo punto di vista.

Il che, fra l’altro, rappresenta un altro dei problemi principali: perché i frequenti flashback, i retroscena, le digressioni, a tratti rendono la lettura pastosa e, a mio avviso, anche un filino pedante. Nella seconda parte, per fortuna, questo meccanismo inizia ad attenuare i suoi effetti, permettendo a Hendrix di dispiegare tutti i suoi punti di forza, i suoi caratteristici assi nella manica: ad esempio, il fattore nostalgia, la metafora sovrannaturale, le complicate sfumature dei rapporti famigliari, il sense of wonder tipico dell’infanzia…


Lo “spirito dell’infanzia”

Direi che è arrivato il momento di bilanciare la mia recensione di “How to Sell a Haunted House”, introducendo alcune considerazioni relative a quelli che sono, invece, i miei elementi preferiti del libro.

Ho apprezzato tantissimo, ad esempio, l’atmosfera disturbante e retrò della narrazione. Ma anche l’originalità dei colpi di scena e gli sviluppi imprevedibili (per non dire esilaranti) portati dal classico trope horror dei “pupazzetti malevoli che prendono vita”.

Se i film del franchise “Annabelle” avessero la metà della personalità del romanzo di Grady Henrix, ci troveremmo senza dubbio alle prese con alcuni degli horror più inquietanti e divertenti dell’ultimo decennio!

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“Bright Falls”: la recensione della trilogia romcom di Ashley Herring Blake


Bright Falls recensione - delilah green - astrid parker - iris kelly

La recensione della trilogia “Bright Falls” di Ashley Herring Blake non può che iniziare dalla mia romcom preferita di sempre, alias “Delilah Green Doesn’t Care”.

In realtà, ho amato profondamente tutti e tre i libri della serie. Ma il primo resta, a mio avviso, quello che ritrae i personaggi migliori e le dinamiche più coinvolgenti, oltre ai momenti più divertenti in assoluto.

Sullo sfondo dei tre romanzi, troviamo la pittoresca cittadina di Bright Falls, con le sue atmosfere da cartolina e i suoi ecclettici personaggi inclini al banter in stile “Gilmore Girls“. Per non parlare di alcuni fra i tropes più popolari tra i lettori di romanzi rosa: grumpy×sunshine, fake dating, enemies-to-lovers, found family ecc…


“Bright Falls” – la recensione: “Delilah Green Doesn’t Care”

Tutto ha inizio quando Delilah Green, cinica e mondana fotografa newyorchese, è costretta a tornare nella sua minuscola cittadina natale. Un posto che detesta e in cui ha trascorso un’infanzia infelice e un’adolescenza tormentata, al fianco dell’algida matrigna Isabelle e dell’istrionica sorellastra Astrid.

Delilah aveva fatto un giuramento a se stessa: non rimettere mai più piede nell’odiata Bright Falls. Ma l’imminente matrimonio di Astrid (peraltro, con quello che l’irriverente Delilah considera un gran pezzo d’asino…) alla fine le forza la mano.

Per “vendicarsi” di questo imprevisto contrattempo, Delilah decide di provare a sedurre Claire Sutherland, una delle amiche del cuore di Astrid. Una notte di passione e via, verso la prossima avventura… con il bonus aggiuntivo di annoiare profondamente Astrid!

Dopotutto, se esiste un’arte in cui la ribelle Delilah è sempre riuscita a eccellere… Non ha forse a che fare con la sua straordinaria abilità di recitare la parte della costante spina nel fianco? L’incorregibile pecora nera di famiglia, o qualcosa del genere?

Il piano, certo, è di una stupidità inaudita. Delilah, forse, sarebbe la prima ad ammetterlo. Eppure, chi potrebbe immaginare fino a che punto il suo stesso progetto stia per ritorcersi contro di lei? Soltanto nel momento in cui comincerà a perdere seriamente la testa per Claire, dolcissima bibliotecaria alle prese con una figlia pre-adolescente, Delilah inizierà a sospettare di essere infilata in un guaio molto, molto più grande di lei…

“Delilah Green Doesn’t Care” è un libro rosa leggero, divertente e incentrato su una coppia di protagoniste dotate di un’alchimia sorprendente. I dialoghi sono irresistibili e pieni di verve, una caratteristica che contribuisce ad allontanare la storia dal regno dell’angst gratuito e a spingerla più verso il perimetro della tua classica romcom in stile Reese Whiterspoon o Sandra Bullock. Il romanzo affronta, peraltro, alcune tematiche collaterali quali il rapporto con la famiglia d’origine e l’antagonismo fra sorelle. E lo fa in un modo molto simpatico e brioso, senza mai rischiare di scivolare nella superficialità o nel buonismo a buon mercato.

Ah, peraltro “Delilah Green Doesn’t Care” vanta il merito aggiuntivo di introdurre le altre due grandi protagoniste della serie “Bright Falls”: la nevrotica ice queen Astrid Parker e l’esuberante party girl Iris Kelly…



“Astrid Parker Doesn’t Fail”: la recensione

Continuiamo la nostra recensione della serie “Bright Falls” introducendo Astrid, sorellastra di Delilah e implacabile stacanovista del lavoro. Una giovane donna che vive assecondando un unico, incontrovertibile comandamento: il fallimento, in tutte le sue forme, è da considerarsi anatema inaccettabile!

Peccato che la rottura definitiva con un fidanzato ricco, ma odioso, e un paio di grossi problemi dal punto di vista professionale stiano per mettere a dura prova il suo stile di vita. Quel poco che resta del suo tradizionale aplomb? Verrà messo a dura prova da due ulteriori “elementi di disturbo”: da una parte, le continue interferenze nella sua vita privata da parte di sua madre, la tirannica Isabelle Parker-Green; dall’altra, la profonda confusione che Astrid (dopo una vita trascorsa all’insegna della più totale eterosessualità) inizia a provare nel momento in cui si scopre attratta dalla solare compagna di lavoro Jordan Everwood.

In “Astrid Parker Doesn’t Fail”, Ashley Herring Blake introduce la “variabile” del reality show e lo fa moooolto bene, preparando la scena per una serie di siparietti comici e momenti romantici dal taglio assolutamente delizioso. Peraltro, il libro torna a indagare le complesse dinamiche madre/figlia e a esplorare il concetto di bisessualità, seguendo il graduale-ma-tenero percorso di accettazione di Astrid della propria identità.

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I migliori audiolibri horror da ascoltare ad Halloween


audiolibri horror halloween 2023

Audiolibri horror… due parole che si sono sempre sposate benissimo, e vuoi sapere il perché?

Tu prova solo a immaginare la scena: un cerchio di volti lambiti dalla luna, una voce suadente dall’oscurità, il suggestivo scoppiettio delle fiamme… e l’occasionale scricchiolio delle foglie, appena al di là del cono di luce proiettato dalle lingue guizzanti!

Un’atmosfera da perfetto campy horror, dico bene? Uno scenario che adesso puoi ricreare – in tutta sicurezza – all’interno della tua stanza. Dopotutto, cosa ti manca? Ti basta piazzare una bella Yankee Candle sul comodino e avviare la app di Audible sullo schermo del tuo smartphone…

E… come piccolo bonus aggiuntivo? Un segreto che soltanto i fan della narrativa horror conoscono: finché te ne starai raggomitolato sotto le coperte, in compagnia di una bella storia, nessun mostro riuscirà a trovarti! ;D


I migliori audiolibri horror da ascoltare ad Halloween: “Teddy” di Jason Rekulak

teddy - audiolibri horror

Cominciamo la nostra rassegna segnalando uno dei più recenti audiolibri horror che il catalogo Audible sia stato in grado di evocare. Fra l’altro, in termini di popolarità, stiamo siamo sicuramente parlando di uno dei “pesi massimi” delle ultime due stagioni: “Teddy” ha letteralmente spopolato nelle librerie di tutta Italia!

Una famigliola perfetta, una babysitter che ha affrontato l’inferno, un bambino fin troppo legato al suo (inquietantissimo) amichetto immaginario…. Il libro di Jason Rekulak narra una storia deliziosamente misteriosa, adrenalinica e avvincente.

Un romanzo che si legge come “un film”, si divora come una ghost story e si ricorda come un elettrizzante thriller psicologico: insomma, se quello che cerchi è un audiolibro in grado di regalarti una vera e propria pioggia di brividi, jumpscares e colpi di scena… buttati su “Teddy”, e non esitare neanche per un secondo!

L’audiolibro, narrato da Doriana Costanzo, è disponibile su Audible.


“La Casa in Fondo a Needless Street” di Catriona Ward

Questo titolo è uno dei miei preferiti, in assoluto. Ammiro profondamente il lavoro di Catriona Ward (se vuoi, puoi anche dare un’occhiata alle mie recensioni dei suoi terrificanti horror generazionali “Little Eve” e “Sundial”).

“La Casa in Fondo a Needless Street”, al momento, resta sicuramente il suo lavoro più conosciuto e apprezzato dal grande pubblico internazionale.

In una casa sbarrata, in fondo al vicolo che chiude una strada ai margini dei boschi selvaggi, vive una famiglia di tre persone: una ragazza adolescente a cui non è permesso uscire (non più, dopo quello che è capitato l’ultima volta…); un uomo che beve da solo di fronte alla tv, cercando di ignorare i suoi vuoti di memoria; una gatta che adora sonnecchiare e interpretare i più ambigui passi della Bibbia.

Un segreto inconfessabile li tiene insieme. Ma quando una nuova vicina si trasferisce nella casa accanto, ciò che giace sepolto fra le radici degli alberi minaccia di tornare a perseguitarli…

La lettura/ascolto ideale per tutti i fan di Stephen King, Shelley Jackson e Sarah Pinborough! L’audiolibro ti aspetta su Audible, narrato da Dario Sansalone.


La saga “Blackwater” di Michael McDowell

audiolibri horror - blackwater la piena

E cosa sarebbe una bella lista dedicata ai migliori audiolibri horror disponibili in lingua italiana, se ci facessimo mancare questo imperdibile, patinatissimo cult del southern gothic?

Dopo che gli abitanti sono stati costretti a fuggire a causa di una piena che ha completamente inondato le strade della città, la misteriosa Elinor Dammert viene tratta in salvo dal Perdido Hotel. Nessuno ha la più pallida idea di chi sia, di cosa voglia o di come diamine abbia fatto a finire lì. Ma il suo arrivo coincide con una serie di avvenimenti dal taglio surreale e inquietante: gente scomparsa, comportamenti minacciosi, avvistamenti inspiegabili, incidenti che non hanno il minimo senso…

A metà strada fra romanzo gotico e saga famigliare, un classico degli anni Ottanta che i lettori italiani hanno avuto l’opportunità di riscoprire soltanto di recente (grazie a Neri Pozzi). Su Audible sono già disponibili tutti e i sei i titoli che compongono la serie: “La Piena“; “La Diga“; “La Casa“; “Pioggia“; “La Fortuna“; “La Guerra“.


“My Best Friend’s Exorcism” di Grady Hendrix

Grady Hendrix è un autore che merita tutta la nostra attenzione: non per niente, il suo recente “Gruppo Sostegno Ragazze Sopravvissute” è stato uno dei titoli più (ingiustamente) sottovalutati degli ultimi mesi.

Il divertentissimo “L’Esorcismo della mia Migliore Amica”, a mio avviso, incarna semplicemente IL libro (per antonomasia) che qualsiasi nostalgico fan dell’horror targato anni Ottanta dovrebbe recuperare!

La trama: Abby e Gretchen sono migliori amiche dai tempi dell’asilo. Un giorno, però, dopo una gita in barca finita sorprendentemente male, Gretchen inizia a comportarsi in un modo molto… ehm, singolare. Adesso, la ragazza sembra sempre di malumore. Irritabile. Un filo psicopatica. E, attorno alla sua persona, hanno luogo incidenti che si fa davvero fatica a spiegare in termini razionali.

L’indagine di Abby la porta a fare una serie di allarmanti scoperte – fino a schiantarsi contro un’unica, ineludibile domanda: riuscirà la sua amicizia con Gretchen a dimostrarsi abbastanza salda e forte da permetterle di sconfiggere…. il diavolo in persona?!

L’audiolibro di “My Best’s Friend Exorcism”, narrato da Giulia Amato, è disponibile su Audible.


“Bones & All” di Camille DeAngelis

audiolibri horror - bones and all

Sicuramente una delle più originali, curiose e toccanti storie di formazione in salsa horror che mi sia mai capitato di leggere!

Maren Yearly è una giovane donna che vuole le stesse cose che vogliamo tutti: diventare qualcuno che la gente sia in grado di ammirare e rispettare. Essere compresa. Protetta. Amata. Ma i suoi bisogni segreti l’hanno costretta a un esilio che sembra destinato a protrarsi in eterno.

Maren odia le brutte cose che è costretta a fare. Ma non è stata lei a scegliere di nascere in questo modo: perennemente affamata, una minaccia costante per chiunque cerchi di avvicinarsi e stringere con lei un legame sincero.

Perché Maren Yarley non si limita a spezzare o a distruggere i cuori, no…

Lei li divora.

L’audiolibro, narrato da Elisa Contestabile, ti aspetta su Audible.


“Mr X” di Peter Straub

audiolibri horror - mr x

Ogni anno, il giorno esatto del suo compleanno, Ned Dunstan è affetto da un attacco paralizzante. Durante la crisi è costretto ad assistere a scene di violenza fulminante: implacabili massacri, compiuti da una misteriosa figura in nero che lui chiama “Mr X”.

Ma quest’anno, alla vigilia del suo compleanno, Ned riceve da sua madre – ormai sul letto di morte – il dono/la maledizione di una verità inconfessabile: il vero nome di suo padre.

L’evento segnerà l’inizio di una spirale di morte, segreti e misteri, che costringerà Ned a confrontarsi con la segreta eredità della sua famiglia e ad attaccare briga con i suoi demoni più profondi.

L’audiolibro di “Mr X”, narrato da Alvaro Gradella, è incluso nell’abbonamento Audible.


“Gli Unici Indiani Buoni” di Stephen Graham Jones

A dire il vero, devo ancora recuperare questo chiacchieratissimo libro di Stephen Graham Jones. Eppure, “Gli Unici Indiani Buoni” è stato così caldamente raccomandato da un mucchio di autori (compreso Stephen King in persona) che mi sembrava un peccato escluderlo da questa mia piccola lista di audiolibri horror!

Ricky, Gabe, Lewis e Cassidy sono un gruppo di uomini legati da un retaggio condiviso e messi alle strette dalle implacabili regole della società. Adesso, dieci anni dopo una sventurata caccia all’alce (un evento che rimane un segreto gelosamente custodito da ciascuno di loro), questi uomini – e i loro figli – devono affrontare un feroce spirito assetato di vendetta, pronto inghiottirli uno alla volta.

Uno spirito che indossa i volti di coloro che amano, ritagliandosi un posto all’interno delle loro case e delle loro famiglie, invadendo i più sacri recessi delle loro vite private.

Dieci anni dopo, i cacciatori diventeranno la preda.

L’audiolibro di “Gli Unici Indiani Buoni” è disponibile su Audible in edizione Emons (narrato da Riccardo Ricobello).


“Fotogrammi di un Film Horror Perduto” di Helen McClory

fotogrammi di un film horror perduto - audiolibri horror

«Una ragazza morta si materializza in casa di sconosciuti, prepara un caffè e si accende una sigaretta. Una donna serve a un picnic la propria mano, spacciandola per prosciutto. Una madre prepara una torta con i resti spappolati di sacrifici umani. Un vampiro sviene perché non sopporta la vista del sangue

“Fotogrammi di un Film Horror Perduto” è la raccolta di racconti ideale per chiunque abbia voglia di concedersi un rapdosico viaggio, allucinante e allucinato, nel ventre oscuro della cultura pop.

Che si tratti di un demone o di un ciclope, di una madre in preda a un raptus grottesco o del diavolo in persona, le storie di Helen McClory echeggiano un’unica, incontestabile verità: che ogni mostro, in realtà, nasconde un lato umano… e che, sotto sotto, l’unica cosa che ciascuno di loro desidera è allungare il braccio verso di te e prenderti per mano.

Che tu sia d’accordo oppure no.

L’audiolibro, narrato da Valentina de Marchi, è incluso nell’abbonamento mensile Audible.


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“Fourth Wing”: la recensione del libro romantasy di Rebecca Yarros


fourth wing recensione - rebecca yarros

La recensione di “Fourth Wing” è rimasta “in caldo” per un sacco di tempo. Adesso che la data d’uscita italiana (7 novembre 2023) è dietro l’angolo, però, direi che è arrivato finalmente il momento di vuotare il sacco: cosa penso dell’attesissimo, chiacchieratissimo, super-popolare romanzo di Rebecca Yarros?

Innanzitutto, parliamoci chiaro: “Fourth Wing” è un pageturner, e chiunque sostenga il contrario… bè, forse farebbe meglio a evitare di appoggiare una mano sulla Bibbia al cospetto di un giudice!

Eppure, sospetto che sarai d’accordo con me: di solito, esiste una bella differenza fra “guilty pleasure” e “miglior libro fantasy del 2023”…  quale che sia, a fine anno, il verdetto dei famosi “Goodreads Choice Awards”!


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La trama

A vent’anni, Violet Sorrengail sta per entrare a far parte del Quadrante degli Scribi: l’obiettivo per cui si è preparata per tutta la vita e che, in teoria, rappresenta la miglior garanzia di ottenere un futuro tranquillo, all’insegna di libri e manuali di storia. Tuttavia, il generale comandante delle forze armate della nazione– una donna a cui Violet è solita riferirsi anche con il nome di “mamma” – è di tutt’altra opinione.

Ed è proprio lei a ordinare alla figlia minore di unirsi alle centinaia di candidati che, ogni anno, si sottomettono a una competizione spietata per entrare a far parte della forza militare d’elite di Navarre: i cavalieri dei draghi.

Ma quando sei più esile di chiunque altro, e il tuo corpo si rifiuta di comportarsi a dovere, la morte è sempre a un tiro di schiocco… soprattutto perché i draghi rifiutano di legarsi agli uomini che considerano “fragili”.

E, nel momento in cui negano loro la propria alleanza, reagiscono anche in una maniera piuttosto scortese: in effetti, li inceneriscono.

Come se non bastasse, i cadetti si sentono in dovere di ammazzare chiunque minacci la stabilità dell’esercito o, più in generale, chiunque commetta l’errore di entrare in competizione con loro. Il resto dei cavalieri? Ucciderebbe Violet per il semplice fatto di essere figlia di sua madre: a partire da Xaden Riorson, il più potente e spietato capo-ala del Quadrante dei Cavalieri.

Se vuole sperare di assistere alla prossima alba, Violet dovrà ricorrere a ogni singola oncia del suo ingegno…

Amici, nemici, amanti. Tutti, al Collegio Militare Basgiath, hanno un piano segreto. Perché, una volta entrato a far parte della scuola, puoi sperare di uscirne soltanto in un modo: da diplomato, o da morto.



“Fourth Wing”: la recensione

Se mai dovessi sentire il bisogno di trovare una conferma all’intrinseca falsità dell’equazione “tomazzo molto lungo = romanzo impegnativo”, ti autorizzo personalmente a usare l’esempio offerto dal romanzo di Rebecca Yarros.

L’edizione americana di “Fourth Wing” (quella che ho letto io) conta quasi 600 pagine; la versione Sperling & Kupfer, se non sbaglio, si aggirerà attorno alle 520: una lunghezza considerevole, per un libro che – acrobatiche scene di sesso a parte – in realtà ha tutte le carte in regola per candidarsi al rango di perfetto prototipo di YA.

Eppure, posso assicurarti che il primo volume della serie “Empyrean” si legge veramente d’un fiato! La scorrevolezza della narrazione, la velocità dell’azione, la familiarità delle avventure, i dialoghi frizzanti… ogni elemento concorre a favorire il fattore “immersione”, rendendo l’esperienza di lettura piacevole e avvincente.

In realtà, ho apprezzato parecchie elementi di questo libro (voglio dire, vogliamo parlare del bellissimo rapporto fra Violet e i draghi?!). Eppure, in questa mia recensione di “Fourth Wing”, sono soprattutto due i punti sui quali mi piacerebbe soffermare l’attenzione: da una parte, la grande forza d’attrazione rappresentata dalla tematica principale e, dall’altra, l’esperta, scaltrissima gestione della componente romantica.

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“City of Nightmares”: la recensione del libro urban fantasy di Rebecca Schaeffer


city of nightmares recensione - Rebecca Schaeffer

Provare a contenere, in una sola recensione di “City of Nightmares”, tutta la folle eccentricità e la geniale inventiva del libro YA di Rebecca Schaeffer: ecco un obiettivo degno della mia lista di “cose impossibili da fare prima di colazione”!

Inizierò l’articolo premettendo che difficilmente ti capiterà di leggere, quest’anno, un romanzo per ragazzi dalle tonalità così esuberanti e particolari. Una storia coloratissima, rutilante e densa di azione, che sembra il frutto di un’unione proibita fra la serie tv “Gotham” e il romanzo “A Deadly Education” di Naomi Novik.

E che pare praticamente implorare per una trasposizione a fumetti


La trama

Ness vive nel terrore più totale. Sin dal giorno in cui sua sorella si è trasformata in un grottesco ragno divora-uomini, dando il via a una scia di massacri per tutta la città, la paura non l’ha più abbandonata.

Neppure adesso che ha diciannove anni e vive da sola a Newham, una delle metropoli più pericolose, sporche e corrotte del globo conosciuto. Paura che qualche altro Incubo possa ucciderla. O paura di fare la stessa fine di sua sorella, abbattuta per strada da una pattuglia di cittadini inferociti…

In realtà, non fa differenza: perché a Newham, la città che non dorme mai, sognare significa svegliarsi trasformati in ciò che si teme di più.

Che questo significhi diventare un Incubo, un essere mostruoso soltanto dal punto di vista dall’aspetto, oppure trasformarsi in una creatura devastata e pronta a sguinzagliare violenza, la sostanza dei fatti non cambia: a Newham, nessuno è veramente al sicuro. Mai.

Ness farebbe qualsiasi cosa per evitare di trasformarsi in un’altra vittima. Perfino trasferirsi presso i cosiddetti Amici dell’Anima Ristorata, un’organizzazione di discutibile fama che potrebbe anche – o forse no – essere una setta di qualche tipo.

Ma, per restare un membro a tutti gli effetti di questa forse-setta, Ness dovrà prima provare le proprie capacità. Peccato che il semplicissimo incarico per cui si era fatta volontaria le esploda improvvisamente in faccia… nel senso più letterale dell’espressione!

Rimasta invischiata nelle imprevedibili conseguenze di un attacco dinamitardo, Ness dovrà allearsi con l’unico altro sopravvissuto – un vampiro che, probabilmente, non aspetta altro che di avere la possibilità di addentarla – e scoprire la sinistra verità che si nasconde dietro l’esplosione.

Perché, forse, gli orrori del suo passato incombono ancora una volta, più vicini di quanto chiunque possa immaginare…



“City of Nightmares”: la recensione

Nelle pagine di ringraziamento, Rebecca Schaeffer spiega ai suoi lettori che “City of Nightmares” è stato un po’ il suo “libro dei miracoli”; quello che, ormai, non si aspettava più di pubblicare.

Questo perché la sua serie di romanzi precedenti, “Market of Monsters”, era andata incontro a un fallimento commerciale talmente clamoroso da mettere seriamente a repentaglio la sopravvivenza della sua carriera.

In effetti, è stato soltanto lo straordinario successo ottenuto dall’adattamento a fumetti del suo “Not Even Bones” (disponibile su Webtoon) a permetterle di ribaltare le carte in tavola e aggiudicarsi una preziosa “seconda opportunità” di rilanciare la sua attività di scrittrice per ragazzi.

L’aneddoto di Rebecca Schaeffer mi ha colpito. Mi ha fatto pensare che ci troviamo sicuramente di fronte a una fase molto particolare nella vita dell’industria editoriale; un momento storico in cui l’onnipresenza sui social conta (quasi) più di qualsiasi altro requisito e raramente l’originalità viene premiata.

Fortunatamente, viviamo anche in un’era che permette agli autori di sfruttare più di un canale per dar voce alla propria creatività. E che offre a questi ultimi un ampio ventaglio di “strade” potenziali per raggiungere l’unico obiettivo che conti davvero: riuscire a trovare il proprio pubblico.

 Dal canto suo, “City of Nightmares” è un romanzo molto, molto divertente. È anche avvincente, buffo e ricco di verve, nonché corredato di quelle tipiche atmosfere da “campy horror” che richiamano un po’ “Buffy: The Vampire Slayer”, un po’ certi spillati a fumetti targati DC e un po’ la serie di “Piccoli Brividi”.

Non esattamente una miscela in grado di rivoluzionare il mercato, certo.

Ma per chi ama il genere?

Un trionfo garantito!


Sconfiggi le tue paure, oppure diventa la tua paura

Come dicevo, l’ambientazione e il concept alla base del libro garantiscono una valanga di risate, brividi e sorprese. Basterebbe già la combinazione di questi due elementi, secondo me, a trasformare “City of Nightmares” in un piccolo gioiello.

Aggiungi al mix una protagonista moralmente ambigua, un paio di tematiche ingiustamente sottovalutate e una serie di dialoghi abbastanza cringe da rendere pienamente giustizia alla giovane età dei personaggi… e capirai il perché del mio entusiasmo!

Dal punto di vista del plot, “City of Nightmares” riesce ad alternare una serie momenti di profondità a dei picchi di assurdità da commedia brillante. Voglio dire, dopotutto la città che presta il titolo all’opera è un posto in cui il sindaco si aggira con uno pteroddattilo al guinzaglio (sentiti pure legittimato a immaginare uno scenario in perfetto stile «Drakaris!») e bande di supereroi mascherati hanno la riprovevole tendenza a spuntare come funghi… soltanto per farsi crivellare di proiettili nel bel mezzo di un’ordinaria giornata lavorativa!

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“The Daughters of Izdihar”: la recensione del libro fantasy di Hadeer Elsbai


The Daughters of Izdihar recensione - Hadeer Elsbai

Una recensione di “The Daughters of Izdihar” scritta “a caldo” sarà anche, nei limiti del possibile, una recensione ponderata ed equilibrata?

Mi piace pensare di sì. In queste ultime ore, ho riflettuto parecchio sul libro di Hadeer Elsbai. Un romanzo fantasy basato su una trama abbastanza circostanziale, niente affatto avvincente. Una storia che si sforza, piuttosto, di basare la propria efficacia sulla dolorosa attualità delle sue tematiche e sulle (esasperate) personalità delle due protagoniste.

A questo punto, però, è lecito domandarsi: con quali risultati?


La trama

Intrappolata in un matrimonio combinato con un uomo che non ama, Nehal sogna soltanto di frequentare la Weaving Academy. Lì, potrà assumere il controllo dei suoi poteri, piegare ogni corso d’acqua alla sua volontà e perseguire un glorioso futuro sul campo di battaglia, all’interno del primo regimento femminile formato all’interno del corpo militare.

 Suo marito, un uomo pacato e taciturno, nel frattempo è innamorato di un’altra donna: Georgina, una libraia poverissima e di umile estrazione sociale.

Anche Georgina ha i suoi segreti. È in grado di controllare l’elemento terra… O, almeno, potrebbe esserlo, se soltanto le donne della sua nazione fossero autorizzate a studiare e ad addestrarsi per imparare a gestire i propri poteri.

La sua unica fonte di consolazione? Gli incontri segreti con un gruppo di attiviste che si fa chiamare “le figlie di Izdihar”. Una cerchia di donne pronte a dare battaglia al Parlamento per assicurare al popolo una nuova Costituzione e il diritto, per tutte le donne del paese, di scegliere i propri rappresentanti.

Nehal e Georgina provengono da due contesti sociali ed economici molto diversi. Eppure, hanno più cose in comune di quanto potrebbe sembrare…

Attratte nell’orbita dell’enigmatica leader del gruppo, Malak Mamdouh, le due donne si lasciano invischiare in una complessa ragnatela fatta di politica, violenza e minacce di guerra. Il tutto mentre lottano per guadagnarsi – e conservare – una durevole libertà.



“The Daughters of Izdihar”: la recensione

Basta leggere pochi capitoli di “The Daughters of Izdihar” per avere una certezza: il libro di Hadeer Elsbai contiene un mix di elementi tratti da una pletora di altri titoli recenti.

I modelli sono tanti, troppi per essere elencati…

Tuttavia, per darti un’idea più precisa, mi limiterò a citare i più palesi: “Le Streghe in Eterno” di Alix Harrow, “Ragazze Elettriche” di Naomi Alderman e “La Guerra dei Papaveri” di R. F. Kuang (quest’ultimo, soprattutto in riferimento alla parte legata all’Accademia e alla tragica figura di Edua Badawi).

Purtroppo, dal mio punto di vista, nessuno di questi riferimenti viene sfruttato con il massimo della pertinenza possibile.

Il problema è che “The Daughters of Izdihar”, sulla carta romanzo fantastico per adulti, è in realtà uno YA incline a prendersi parecchio sul serio. L’età dei personaggi conta poco, a fronte di una narrazione che sceglie quasi sempre di “raccontare”, nella maniera più frettolosa possibile, tutti i dettagli potenzialmente interessanti relativi all’ambientazione, al sistema magico e alla caratterizzazione di villain ed eroi.

In un certo senso, è come se la discussione inerente alla condizione femminile (con conseguente lotta al patriarcato) assorbisse tutta l’attenzione dell’autrice, impedendole di concentrarsi su altri aspetti. Soprattutto durante i primi due atti, la foga energica delle argomentazioni tende a sbilanciare il ritmo e a gonfiare i conflitti oltre misura.

Quali sono le conseguenze?

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“Mortal Follies”: la recensione del libro Regency-fantastico di Alexis Hall


mortal follies recensione - alexis hall

La recensione di “Mortal Follies” arriva sul blog per spezzare – finalmente – la lunga pausa estiva!

Un’interruzione non voluta, ma di cui, purtroppo, avvertivo disperatamente il bisogno. Soprattutto considerando le due o tre rivoluzioni che hanno alterato il corso delle mie giornate…

Ma bando alle ciance, e torniamo subito all’argomento del giorno: il diabolico, irriverente, spassosissimo libro Regency di Alexis Hall, già autore del famoso “Boyfriend Material” (edito in Italia da Mondadori).

Il suo “Mortal Follies” merita tutte le attenzioni del mondo: stiamo parlando, infatti, di un travolgente concentrato di eccentricità, originalità, umorismo e seduzione. In effetti… posso confessarlo? Non mi aspettavo di riuscire ad apprezzare così tanto lo stile di questo autore, i suoi personaggi bislacchi e le sue effervescenti ambientazioni.

Ma, in questo caso, posso confermarti che la combo “romcom in costume + elemento fantastico” si è rivelata una vera manna dal cielo…


La trama

E’ il 1814 e l’ingresso in società di Miss Maelys Mitchelmore sta andando incontro a un impedimento alquanto particolare: una maledizione, nel vero e proprio senso della parola!

All’inizio, il maleficio assume una forma abbastanza innocua, limitandosi a disintegrare il suo vestito nel corso di una serata danzante. Uno scandalo che, in realtà, la povera Maelys riesce a evitare per il rotto della cuffia.

Eppure, ben presto, un’escalation di incidenti costringe la ragazza a fare i conti con il problema. Che potrebbe, in effetti, essere molto più serio di quello che sembra.

Per spezzare il sortilegio, Maelys dovrà quindi chiedere l’aiuto di una delle persone più ricche e indesiderabili agli occhi della società: la cupa e disincantata lady Georgiana Landrake, che in molti ritengono responsabile dell’inspiegabile sterminio della sua famiglia.

Se uno dovesse dar retta ai pettegolezzi, si potrebbe anche credere che lady Georgiana sia una sorta di incantatrice malvagia.

Ma poi… bè.

Un’incantatrice malvagia potrebbe essere esattamente quello di cui Miss Mitchelmore ha bisogno…



“Mortal Follies”: la recensione

La prima cosa da sapere a proposito del libro di Alexis Hall: ci troviamo alle prese con una storia che si iscrive nel novero del romance, in primis, e in quello del fantastico soltanto in via secondaria (elemento che, in realtà, riecheggia le mie considerazioni a proposito della difficoltà strutturali di considerare il fantasy come un genere a se stante, piuttosto che una semplice attribuzione inerente al tipo di ambientazione prescelta…).

La trama di “Mortal Follies” ruota attorno al concetto di “maledizione”, nonché ai temi – piuttosto caratteristici – dei capricci del fato, dei pregiudizi sociali e dell’amore come forza (probabilmente) salvifica.

E’ anche corredata di innumerevoli scene speziate, e da una voce narrante sardonica e squisitamente dispettosa: quella dell’hobgoblin Robin, un fae che, in termini di ironia e sboccata tendenza al salace commentario sociale, pare quasi un diretto discendente del Bartimeus di Jonathan Stroud.


Il racconto nel racconto

Cronista nell’anima, narrastorie per indole e professione, Robin segue la temeraria e trafelata Miss Mitchelmore un po’ dappertutto. Attratto dal caos che la giovane dama lascia sulla sua scia come, si potrebbe dire, la proverbiale falena attratta dalla luce del fuoco.

Nel frattempo, attorno alla nostra eroina si raduna un’improbabile quanto scatenato terzetto di eroi: la conturbante – e misteriosa – lady Georgiana Landrake, sedicente parricida e sterminatrice di fratelli; l’azzimato gentiluomo John Caesar, dalle frequentazioni quanto mai variegate; e la squinternata lady Lysistrata Bickles, una sorta di divertentissima Phoebe Buffay in corsetto e crinoline.

Nel corso del suo libro, Alexis Hall chiama a raccolta creature provenienti da ogni forma di mitologia immaginabile. Sguinzagliando fra le sue pagine, di fatto, un serraglio di personaggi leggendari: kelpies e streghe, antichissime divinità pagane e sacerdotesse voodoo, Oberon e Titania, e chi più ne ha, più ne metta.

Stranamente, in tutto questo guazzabuglio di energie, è il fattore dell’entusiasmo a trionfare sul disordine. Ne consegue una lettura che rappresenta, a tutti gli effetti, esattamente quella sorta di innocente e giocoso “passatempo proibito” che l’immagine di copertina riesce a evocare…

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“The Lake House”: la recensione del survival horror di Sarah Beth Durst


The Lake House recensione - libro - Sarah Beth Durst

Usare la recensione di “The Lake House” per curare un brutto caso di nostalgia da “Yellowjackets”: si può?

Bè, diciamo che il libro di Sarah Beth Durst ce la mette (quasi) tutta per ricreare quel caratteristico senso di suspense, teen drama e survival horror cui siamo così affezionati. Ovviamente, al di là delle apparenze, i due titoli non sono neanche remotamente paragonabili: “The Lake House” è uno YA che gioca sempre secondo le regole (buonismo e moralismo edificante piovono a catinelle…) e non accetta di scendere a patti con la natura dark degli eventi che narra neanche per un secondo.

Sta a “Yellowjackets” come “Wilder Girls” di Rory Power sta ad “Annientamento” di Jeff VanDermeer, per intenderci.

Ma la cover è un pezzo d’arte e il testo riesce, se non altro, a introdurre una serie di  novità che gli permettono di distinguersi dalla massa…


La trama

Claire è cresciuta controllando le serrature delle porte almeno tre volte. Contando i passi. Lacerandosi nel dubbio e nell’incertezza a ogni decisione. È fatta così: anche se i suoi tipici trip alla “peggior scenario possibile“, poi, difficilmente arrivano ad avverarsi.

Fino a quando i suoi genitori non la costringono a partecipare a un campo estivo isolato in mezzo ai boschi. Non appena mette piede nella foresta, infatti, Claire si ritrova a contemplare i resti carbonizzati di una baita – e non ci sono sopravvissuti, a eccezione di se stessa e di altre due ritardatarie: Reyva e Mariana.

Quando le tre ragazze scoprono il corpo di una donna nei boschi, realizzano che l’incendio non è avvenuto per caso. Qualcuno, qualcosa, sta dando loro la caccia. Qualcosa che si nasconde nell’ombra.

Qualcosa che si rifiuta di lasciarle andare.



“The Lake House”: la recensione

“The Lake House” ha un buon ritmo e ruota attorno a una serie di tematiche intriganti.

Nel corso degli ultimi due o tre anni, tante autrici di romanzi per ragazzi hanno iniziato a introdurre l’argomento dei disturbi d’ansia. Una rappresentazione importante, considerando quanti di noi hanno sofferto (o soffrono tutt’ora…) di problematiche quali attacchi di panico, DOC e compagnia bella.

Ad esempio, nel romanticissimo “All the Dead Lie Down“, Kyrie McCauley offre un’ottima testimonianza di questa nuova tendenza, consegnandoci il ritratto di una magnifica eroina gotica contemporanea: volitiva e coraggiosa, sì, ma anche assediata da una batteria di fragilità e incertezze legate al nostro stile di vita moderno.

Nella stessa categoria si inscrive anche Claire, la nevrotica protagonista di “The Lake House”. Una ragazza in gamba e piena di risorse, costretta a fare i conti con un’ansia destabilizzante e una patologica tendenza a immaginare sempre lo scenario più apocalittico possibile.

Uno stato mentale non proprio ideale per ritrovarsi bloccati in una landa selvaggia, circondati dai resti carbonizzati di un incendio e braccati dalle tempeste, per giunta senza viveri o un riparo sulla testa.

(Ammesso che una condizione mentale ideale per fronteggiare una cosa del genere ESISTA, si capisce!).

Claire è un personaggio per il quale è molto facile ritrovarsi a parteggiare. Tanto più che le sue reazioni e le sue intuizioni, mentre lotta per sopravvivere nella natura incontaminata, suonano sempre molto credibili e coinvolgenti.

Le sue due compagne di sventura, purtroppo, risultano più stereotipate e difficili da amare. Più che altro perché sembrano uscite dall’intensa sessione di daydreaming di una ragazzina solitaria intenta a fantasticare sulle qualità ideali della “bestie” perfetta.

Veste sempre di nero e indossa gli anfibi, ma nasconde un cuore grande quanto il Texas? L’identikit di Reyva.
Una cheerleader sempre pronta a prendersi cura degli altri, un'”all american girl” con la passione segreta per i motori e i ragazzi con l’aria da cucciolo bastonato? L’identikit di Mariana.

Eventuali difetti dell’una o dell’altra?
Non pervenuti, ovviamente.


Il potere del Trio

Ma l’errore principale di “The Lake House” consiste, forse, nel provare a giocare con un sottile senso di ambiguità e mistero che, in effetti, nessuna parte della narrazione sembra in grado di sostenere a lungo.

Certo, ci sono dei plot twist.
E riescono a coglierti alla sprovvista… soprattutto perché non si sforzano di avere molto senso, e si limitano a rubacchiare qualche trovata di qua e di là.

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