“The Twisted Ones”: la recensone del folk horror di T. Kingfisher


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The Twisted Ones” funziona un po’ come un retelling in chiave moderna del racconto gotico classico “The White People” di Arthur Machen.

Nel caso in cui, prima d’ora, non avessi mai sentito parlare di questo autore gallese di inizio Novecento, bè… Sappi che sei in buona compagnia: io stessa, in effetti, facevo parte del club fino a pochissimo tempo fa!

In realtà, non ho mai nutrito un interesse spropositato nei confronti della letteratura gotica classica. Preferisco la narrativa horror contemporanea, con le sue tecniche avanzante (o, perlomeno, più adatte alla sensibilità del pubblico moderno…) e le sue tematiche d’attualità.

Ormai, mi fido abbastanza della brillante T. Kingfisher (alias Ursula Vernon) da sapere che troverò tutti gli ingredienti che cerco all’interno delle sue storie. Anche perché, se c’è una cosa che titoli come “What Moves the Dead” e “The Hollow Places” sono riusciti a insegnarmi, è che nessuno è alla pari con lei, quando si tratta di coniugare folk horror e southern gothic


La trama

Quando suo padre le chiede di andare a ripulire la gigantesca casa della sua defunta nonna, Mouse non esita a rispondere di sì. Dopotutto, che male potrebbe fare?

Moltissimo, a quanto pare. La nonna, infatti, era un’accumulatrice compulsiva, e le numerose stanze della sua magione si rivelano piene zeppe di robaccia inutile. Il che costituirebbe un fatto abbastanza orripilante, di per sé… peccato che il posto nasconda segreti ben peggiori!

Mouse, infatti, si imbatte presto nel diario del secondo marito di sua nonna. Uno scritto che, a prima vista, sembra infarcito dei deliri di un vecchio in preda a un episodio maniacale… almeno fino a quando Mouse non incontra, nei boschi che circondano la casa, una delle terribili creature descritte nel diario.

Sola col suo cane, Mouse si ritrova quindi a fronteggiare una serie di terrori impossibili… perché, a volte, gli incubi che credevi irreali si dimostrano pronti ad appostarsi davanti alla soglia di casa tua.

E non è sempre detto che tu riesca a cavartela per raccontare a qualcuno la tua storia.


“The Twisted Ones”: la recensione

Di solito, la dissacrante vena comica di T. Kingfisher e le sue amate campy vibes tendono a impedire alle sue storie di acquisire delle tonalità eccessivamente gory o dark. E, in un certo senso, questa teoria si applica anche nel caso di “The Twisted Ones”.

Bisogna ammettere, però, che questo specifico romanzo della Kingfisher risulta ammantato da una patina più disturbante del solito, in grado di rendere alcune scene particolarmente inquietanti sotto il profilo psicologico.

Il brivido che ti percorre leggendo “The Twisted Ones” è di natura insidiosa, sottile, malgrado l’evidente (e del tutto deliberata) mancanza di raffinatezza dal punto di vista stilistico e concettuale.

In effetti, potremmo dire che la Kingfisher riesce a raggiungere il suo obiettivo primario (raccontarti una buona storia, intrattenerti e farti raggelarti il sangue…) affidandosi soprattutto alla complessità dell’intreccio e facendo in modo di tenersi bene alla larga dall’effetto jumpscares; scegliendo, in estrema sintesi, di abbracciare il fattore dell’immersività (fondamentale, in un portal horror di questo tipo…) e varie tecniche in grado di aumentare l’empatia del lettore nei confronti di Mouse, protagonista e voce narrante del romanzo.


Luci e ombre dal profondo Sud

Se hai letto “Nettle and Bone: Come Uccidere un Principe“, o un qualsiasi altro romanzo di T. Kingfisher, sai già che questa pluripremiata autrice americana eccelle nell’arte della tecnica del ritratto: i suoi personaggi – deliziosamente eccentrici, pittorescamente surreali – tendono a sfidare l’abilità del lettore di sospendere la propria incredulità nel senso più entusiasmante e positivo dell’espressione!

Mi è piaciuta tantissimo Mouse, la editor freelancer dall’inseparabile pick-up, la verve spigliata e le continue “freddure” alla Chandler Bing; soprattutto, però, ho sviluppato un’autentica venerazione nei confronti della mitica Foxie, questa anziana, irresistibile, indomabile valchiria del Sud, che incarna un po’ la quintessenza di tutto quanto c’è di buono, tenace e anticonvenzionale negli Stati rurali del profondo meridione degli Stati Uniti.

Un territorio vasto e, indubbiamente, afflitto da gravi problematiche a livello sociale e culturale (razzismo, misoginia, bigottismo, omofobia, ignoranza ecc.) che gli scritti della Kingfisher non cercano minimamente di nascondere.

Il Sud di cui narrano libri come “The Twisted Ones” o “The Hollow Places”, però, risulta anche popolato da tantissimi eroi sui generis: gente comune, per lo più, semplice, onesta, “speciale”, che rifiuta con così tanta tenacia di conformarsi agli stereotipi sociali, continuando a lottare per ciò che è giusto, da indurti a ritrovare tutta la fiducia che pensavi di aver perso nell’umanità.


Anti-Lovecraft

Da questo punto di vista, vale la pena soffermarsi a considerare anche il rapporto particolare – non tanto di semplice emulazione, quanto di vera e propria rielaborazione – che “The Twisted Ones” intrattiene con i modelli originali (il riferimento all’opera omnia di Lovecraft, qui, è praticamente obbligato).

Leggendo il romanzo della Kingfisher, riesci a intravedere, fra le righe, la riluttante (ma profonda) ammirazione, la consapevolezza del debito di gratitudine che lega la Kingfisher (e tutti gli altri scrittori di speculative fiction della sua generazione) ai grandi autori gotici del passato. Dopotutto, a loro si deve la costruzione di un immaginario talmente suggestivo e potente da riuscire, ancora oggi, ad affascinare e terrorizzare migliaia di lettori in tutto il mondo!

Risulta ancora più evidente, però, la vena critica della Kingfisher nei confronti di questi privilegiati, ultra-conservatori scrittori di un’altra epoca. Tant’è che “The Twisted Ones” rappresenta una grande testimonianza della volontà dell’autrice di raccogliere il testimone lasciato da loro e poi voltare pagina; di proporre ai suoi lettori una visione del mondo più aperta, moderna e inclusiva, sulla scia di quanto già fatto, ad esempio, da autori come Victor Lavalle (“La Ballata di Black Tom“) e N. K. Jamisin (“La Città Che Siamo Diventati“).


Una donna e il suo cane

L’ultimo personaggio del quale non si può fare a meno di parlare è Bongo, l’adorabile e vivace cagnolino che accompagna Mouse nel corso delle sue pericolose esplorazioni.

Fra le pagine di “The Twisted Ones”, bada, non troverai spazio per grandi e tragiche storie d’amore. La squinternata found family di Mouse si costruisce, semmai, a partire proprio dal suo profondo e commovente legame con Bongo: il suo cane, il suo companion fedele, il suo migliore amico.

Troppo spesso, come sappiamo, gli animali domestici negli horror vengono fatti fuori nei modi più truculenti, a mo’ di espediente narrativo a buon mercato. Bongo, invece, fa a tutti gli effetti parte del cast dei personaggi di “The Twisted Ones”; e, come tale, la Kingfisher si riserva di garantirgli tutto il rispetto che merita!

Insomma, se ti piacciono i romanzi horror/dark fantasy dal taglio eccentrico e i personaggi largar-than-life, e non disdegni una narrazione in grado di fondere umorismo, folclore ed echi lovecraftiani, sappi che la tua copia di “The Twisted Ones” ti già sta aspettando su Amazon. In edizione digitale o cartacea, ma sempre, per il momento, disponibile esclusivamente in lingua originale inglese.


Cosa leggere dopo “The Twisted Ones”?

  • The Watchers: Loro Ti Guardano” di A. M. Shine
  • Cackle” di Rachel Harrison
  • Otherside Picnic” di Iori Miyazawa

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