“Qualcuno in cui fare il nido”: la recensione del “mostruoso” (ma bellissimo!) libro di John Wiswell


qualcuno in cui fare il nido recensione - fantasy - john wiswell

Se ti è capitato di leggere altre recensioni di “Qualcuno in cui fare il nido”, probabilmente sai già che si tratta di un libro un po’ matto.

E, tanto per mettere in chiaro le cose, non sarò certo io a smentire questa impressione: il romanzo del bravissimo John Wiswell è davvero qualcosa di eccentrico, peculiare, pazzesco… ma si dà il caso che sia anche dolcissimo, intimista, commovente, vagamente creepy e una testimonianza diretta della straordinaria sensibilità del suo autore.

Insomma, uno di quei rari libri che non leggi tanto perché la trama ti ispira, o per via dei tropes e delle vibes accattivanti, quanto perché sospetti che riuscirà a lasciarti in eredità un’emozione profonda e duratura


La trama

Shesheshen è una mutaforma, felice di vivere sotto le sembianze di un globo informe in fondo a un maniero in rovina. Soltanto quando il suo riposo viene interrotto da un gruppo di scortesi cacciatori di mostri, inizia a costruirsi un corpo usando i resti dei suoi pasti passati: una catena di metallo a mo’ di spina dorsale, delle ossa prese in prestito come arti, e una trappola per orsi come bocca extra.

A causa dei cacciatori, Shesheshen rimane gravemente ferita. Per fortuna, a prendersi cura di lei provvede Homily, un’umana dall’indole gentile e il cuore gigantesco. Nel giro di poco tempo, Shesheshen si rende conto che Homily potrebbe diventare una splendida co-genitrice; il suo corpo, caldo e accogliente, il “luogo” ideale in cui deporre le sue uova, in modo tale che i loro piccoli possano nutrirsi di Homily al momento della nascita.

Eppure, non appena le due cominciano ad avvicinarsi, Shesheshen si rende conto che divorare la sua ragazza non è un’opzione accettabile.

Ma proprio nel momento in cui Shesheshen sta per confessare la sua identità, Homily le rivela qualcosa di altrettanto sorprendente: anche lei si è messa a caccia di una creatura mutaforma… la stessa che, a quanto pare, in passato ha lanciato una terribile maledizione sulla sua famiglia e decretato la rovina della sua dinastia. Non è che per caso Shesheshen l’ha vista da qualche parte, vero?

Dal momento che Shesheshen non ha maledetto proprio nessuno, toccherà a lei scoprire perché l’abusiva famiglia di Homily pensa che l’abbia fatto. Ma mentre la caccia va avanti, e si fa sempre più letale, la sfida più grande di tutte rimarrà sempre la stessa: imparare, finalmente, a costruirsi una vita insieme – piuttosto che dentro – la donna che ama.


“Qualcuno in cui fare il nido”: la recensione

L’umanità, vista da fuori: da chi umano non è, non sarà mai e non è mai stato.

Quali sarebbero, secondo te, le prime idiosincrasie dell’umanità a saltare all’occhio?

Impossibile prevedere la risposta, ma qualcosa mi dice che potrebbe assomigliare, in maniera scandalosa, a quella punta di mostruosità che, ormai, facciamo sempre più fatica a ignorare perfino dall’interno.

Da parte di John Wiswell, affidare il punto di vista della narrazione alla “creatura mostruosa” Shesheshen – una sorta di “blob” mutaforma, fagocita-carcasse e dotato di uno spassosissimo black humor – si è rivelata senz’altro la scelta vincente.

Non per niente, la protagonista di questa storia è uno dei personaggi non-umani e sprovvisti di cuore più sensibili e umani di cui io abbia mai letto. E se ti sembra un po’ un ossimoro, bè, probabilmente è perché lo è, ma tu prova a leggere “Qualcuno in cui fare il nido” e capirai perfettamente che cosa intendo!

Ora…

Questa nuova pubblicazione targata Ne/oN Edizioni si avvale di una struttura characters-driven; il che vuol dire che non si tratta di una storia, necessariamente, adatta ai gusti del pubblico in senso più largo. Dopotutto, la storia affronta tematiche difficili e si concentra molto sul concetto di trauma, soprattutto nella sua variante generazionale.

I protagonisti, poi, non sono i tuoi classici, avvenenti e ammiccanti eroi da romantasy in cima alle classifiche di vendita del New York Times; sono, semmai, degli adulti complicati, danneggiati, dolorosamente consapevoli delle imperfezioni dei rapporti che ci legano.

Imperfezioni che, in realtà, rendono le nostre relazioni più forti e più autentiche, proprio perché non esiste strumento di guarigione più potente dell’empatia che risiede alla base di ogni (vera) storia d’amore…


Il cozy fantasy con… la pelliccia e i denti!

“Qualcuno in cui fare il nido” incarna l’essenza di un cozy fantasy, letto però dalla prospettiva di una (specie di) viverna: il che vuol dire che, assieme ai fuochi scoppiettanti, alle pozioni e ai cestini ricchi di vivande, potrai aspettarti di trovare al suo interno orde di corpi sventrati, grumi di frattaglie grigiastre pronte a trasformarsi in companion e accoglienti fonti sotterranee traboccanti di resti umani.

A mo’ di aggiunta, un paio dei miei archetipi da villain preferiti: la Madre Soffocante e due Sorelle Sadiche, accompagnate da un intero esercito di soldatini pusillanimi tutti-da-detestare.

A Homily, poi, posso dedicare soltanto parole di tenerezza e di amore. Non capita spesso di imbattersi in eroine (o love interests) così, nei libri fantasy. E si tratta di un maledetto peccato, ecco cos’è!

Sarà perché non sono più giovanissima, chissà, ma, ormai, trovo infinitamente più facile immedesimarmi nelle difficoltà di un personaggio così: una che non rientra nei canoni di bellezza ed eroismo convenzionali e che non spera più di salvare il mondo, o che il mondo accorrerà mai a salvare lei.

Una la cui personalità trascende i concetti di sunshine e di grumpy ma che, in compenso, potrebbe trarre un grande giovamento dai servizi di UnoBravo.com: perché se è vero (ed è vero) che quello che ci ferisce ci forgia, in un modo o nell’altro, ancora più vero è che quello che vogliamo ci cambia, e che quello che scegliamo ci salva


Una storia di mostri, vendetta e perdono

Suppongo sia impossibile classificare lo stile di John Wiswell come “scorrevole” o “fluido”.

“Qualcuno in cui fare il nido” non è, del resto, quel classico pageturner da divorare, in attesa del prossimo colpo di scena dl cardiopalma.

La storia di Shesheshen e Homily andrebbe, piuttosto, assaporata lentamente e digerita nella stessa maniera, come se si trattasse di uno dei pasti della nostra viverna preferita; in modo tale da porre la nostra mente nelle condizioni di assimilare ogni tonalità e gradazione di significato.

Più tempo passa, e più sembra chiaro che il detto preferito della Jessica Jones netflixiana – what doesn’t kill you make you stranger… – resta una massima valida per tutti. “Strano”, però, non vuol dire per forza “perduto” e non equivale a una condanna all’eterna solitudine (ed è, comunque, sempre centomila volte meglio che “finto” o “crudele”).

Significa soltanto che, a volte, per tornare a vivere, devi prima imparare a sbarazzarti dei mostri – quelli veri, a prescindere dal loro aspetto – che hanno infestato la tua esistenza e circondarti di persone interessate a coprirti le spalle e acquisire una certa familiarità con ogni singola sfumatura dei tuoi incubi ricorrenti.

E se la persona giusta per te è una viverna, bè…

Voglio dire, perché no? 😉


Quando esce “Someone You Can Build a Nest In” in italiano?

L’edizione italiana di “Someone You Can Build a Nest In” di John Wiswell è arrivata in libreria il 20 novembre 2024, con traduzione a opera di Clara Scarafia.

Ti ricordo che su Amazon puoi acquistare la tua copia, disponibile sia in edizione cartacea con copertina in brossura, sia in formato digitale Kindle.


Cosa leggere dopo “Qualcuno in cui fare il nido”?

  • Nimona” di ND Stevenson

E tu? Cosa ne pensi della mia recensione di “Qualcuno in cui fare il nido”?

Hai già letto il libro di John Wiswell? 🙂


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