Dedichiamo l’articolo di oggi alla recensione di “The Society for Soulless Girls”, di Laura Steven.
Un divertente dark academia in salsa YA, che si presta a incarnare – almeno in parte – un retelling de “Lo Strano Caso del Dottor Jekyll e Mr Hyde” di Robert Louis Stevenson.
Con tanto di declinazione saffica e una sana, giustificatissima, irriverente dose di rabbia femminile…
La trama
Dieci anni fa, quattro studentesse hanno perso la vita negli infami omicidi della Torre Nord, presso l’esclusivo collegio artistico Carvell.
Da quel giorno, la Carvell è stata costretta a chiudere i battenti.
Ma, dal momento niente è destinato a durare per sempre, adesso l’amministrazione ha deciso di riaprire le porte, e l’impavida studentessa Lottie è determinata a scoprire la verità che si nasconde dietro quegli atti criminosi.
Quando la sua compagna di stanza, Alice, si imbatte in un sinistro rituale in grado di dilaniare l’anima di una persona e di risvegliare i suoi istinti più bestiali, la Torre Nord reclama un’altra vittima.
Riuscirà Lottie a svelare i misteri della scuola, e a evitare che un passato così denso di ombre e di sangue possa ripetersi?
E Alice, potrà mai invertire il rituale, prima che il suo mostruoso alter ego la consumi completamente?
E sarà mai possibile, per tutte e due, smettere di flirtare impunemente per quindici secondi filati, e riuscire effettivamente a combinare una qualsiasi di queste cose?!
“The Society for Soulless Girls”: la recensione
Ho iniziato a leggere “The Society for Soulless Girls” senza grandi aspettative.
Non posso più negarlo: le parole “dark academia”, ormai, tendono a evocare nella mia mente soltanto immagini di polverose biblioteche dalle tonalità color seppia e di piagnucolosi ragazzini in toga segretamente innamorati del proprio migliore amico (grrr… azie, Rebecca Kuang!).
Dal momento che non ho ancora imparato a rinunciare a un libro gotico con componente f/f, ho deciso che avrei comunque concesso un’opportunità al romanzo della Steven.
Per appurare che il suo “The Society for Soulless Girls” non ha nulla a che spartire con questi elementi così temuti. E che i termini “polemico” e “lamentoso” non rientrano assolutamente nel novero degli aggettivi con cui potrebbe essere descritto.
Una felice scoperta, quindi, che ha avuto il potere di scaraventarmi fra le pagine di una storia grintosa, dark, ben strutturata e scritta con intelligenza.
Una narrazione ricca di verve e di macabro umorismo nero, quella della nostra Laura Steven. Corredata, fra l’altro, da una frizzante vena di nostalgia Anni Novanta e da un ritmo che tende a incagliarsi giusto un po’ in alcuni punti.
E se è vero – come è vero – che gli elementi ispirati al già citato classico della letteratura ottocentesca sono così sottili da rasentare quasi una pura eccentricità, l’originalità della storia riesce a livellare queste apparenti discrepanze con invidiabile disinvoltura.
E cos’è che tiene insieme così bene tutti questi tasselli del racconto?
Bè, sicuramente le tematiche.
Ribellione, lotta al patriarcato e repressione della rabbia si collocano in pole position. Anche perché, per citare l’autrice: «i tempi sembrano maturi, a questo punto, per parlare della dualità della natura umana anche dal punto di vista femminile.»
L’inquietante immaginario della Steven, dal canto suo, risulta squisitamente compatibile con questo obiettivo. E, già che ci sono, porrei l’accento anche sulla capacità dell’autrice di restare continuamente “sul pezzo”, senza scadere nella facile retorica o nella semplice banalità da pubblicità progresso tipica di altri autori.
Love your monster
Sull’altro piatto della bilancia, ci confrontiamo, invece, con due eroine gradevoli – ma tutt’altro che indimenticabili – e con un trope romantico (l’immortale “grumpyXsunshine”) che avrebbe potuto ambire a qualcosa di più.
Ho letto da qualche parte che, in occasione dell’imminente uscita USA di “The Society for the Soulless Girls”, Laura Steven sottoporrà il testo a un intenso giro di revisione. L’editing sarà finalizzato soprattutto al miglioramento dell’elemento romance e della qualità dei dialoghi (leggi: banter).
Un’ottima notizia, per quanto mi riguarda.
Per carità, Lottie e Alice sono due personaggi abbastanza “shippabili” così come sono…
Ma non c’è dubbio: l’aggiunto di scene e momenti “particolari” fra di loro potrebbe portare a dei grandi benefici, soprattutto dal punto di vista dello sviluppo dei rispettivi archi narrativi.
Schegge di rabbia
Ora…
Sarei tentata di muovere, a questo punto, un paio di paragoni fra il libro della Steven e “A Lesson in Vengeance” di Victoria Lee (che in Italia uscirà, come abbiamo visto, nel corso dell’autunno 2023).
Non sarebbe una mossa azzardata. Stiamo parlando, dopotutto, di due thriller dalle spiccate tonalità gotiche, ambientati in un macabro collegio femminile, e con due donne queer come protagoniste…
Eppure, tutto considerato, in questa recensione di “The Society for Soulless Girls” preferisco evitare di distogliere troppo l’attenzione dal mio preferito fra i due titoli in questione.
Vale a dire – senz’ombra di dubbio – il libro della Steven.
Che mi è piaciuto un sacco, perché mi ha sorpreso. E perché è riuscito a farmi immergere in un mondo di lezioni, problematiche new adult e forbiti rimandi al nostro “gemello oscuro”, senza angosciarmi a suon di paroloni accademici e deprimenti picnic tardopomeridiani a base di vino e formaggio.
E perché mi ha dato qualcosa su cui riflettere, senza provare a fornirmi le risposte su un piatto d’argento, e senza intaccare il mio piacere della lettura…
“The Society of Soulless Girls” è disponibile su Amazon, in formato cartaceo o in ebook. Solo in inglese, per il momento.
*Sotto la voce “dark academia con personaggi femminili LGBT”, cerca anche l’atmosferico libro per adulti “Plain Bad Heroines” di Emily M. Danforth.
E tu?
Cosa ne pensi della mia recensione di “The Society for Soulless Girls”? 🙂
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