“Le Calde Mani degli Spiriti”: la recensione del libro fantasy storico di Katherine Arden


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Le Calde Mani degli Spiriti” è uno straordinario romanzo fantasy storico ambientato fra i brutali e sanguinosi campi di battaglia della prima guerra mondiale.

Dopo la parentesi middle grade incarnata dalla (seppur deliziosa) serie horror per bambini “Small Spaces“, infatti, Katherine Arden torna a dialogare con i suoi lettori adulti, pronta a offrire loro un’altra temeraria cavalcata attraverso la Storia.

Se hai già letto “L’Inverno della Strega” e i suoi due predecessori, in parte sai già cosa aspettarti: uno stupefacente connubio fra immaginazione e amore per la ricostruzione storica! Una calibrata tensione narrativa costruita sulla lacerante contrapposizione fra la “fattualità” della vita di ogni giorno e un fortissimo, insopprimibile gusto per l’allegoria, il “meraviglioso” e tutto ciò che è romanzato…

C’è da dire che il focus principale della storia, stavolta, si concentra più sull’introspezione psicologica dei personaggi che sull’azione. Una scelta che si rivela vincente! Infatti, grazie ai suoi dialoghi graffianti e allo stile lirico della sua autrice, “Le Calde Mani degli Spiriti” riesce a evocare gli orrori della guerra in tutta la loro abietta e brutale impersonalità.

Senza dare sfoggio di retorica e, soprattutto, riuscendo a conferire alla narrazione un sapore gotico-faustiano dagli effetti struggenti…


La trama

Gennaio, 1918. Laura Iven ha servito a lungo nell’esercito, in qualità di venerata infermiera militare.

Tutto è cambiato, però, nel momento in cui le bombe nemiche sono precipitate sulle tende del suo ospedale da campo. Laura, infatti, ha riportato una grave ferita alla gamba ed è stata immediatamente congedata. Per il suo disturbo, è tornata a casa con una medaglia appuntata sul petto e uno stuolo di fantasmi intenti a seguirla ovunque vada.

Il fratello di Laura, Freddie, in quel momento si trova di stanza nelle Fiandre. E’ solo e spaventato, immerso nel fango fino alla vita, e perfettamente consapevole del fuoco dell’Apocalisse che sta per abbattersi su di lui.

Di nuovo a casa, in Canada, Laura riesce a sopravvivere alla tragica morte della sua intera famiglia, spazzata via da un’esplosione accidentale al porto. Pochi giorni dopo, però, l’infermiera riceve notizia della scomparsa di Freddie. Insieme al doloroso annuncio, arrivano anche gli effetti personali dell’adorato fratello… Eppure, in tutta la storia, si nasconde anche qualcosa che non ha senso.

Perché nessuno sembra in grado di raccontarle il modo o le circostanze esatte in cui Freddie è morto?

Determinata a scoprire la verità, Laura decide di ritornare in Belgio, pronta a servire come volontaria presso un ospedale privato.

Subito dopo essere arrivata, però, comincia a intercettare i primi bisbigli relativi a una trincea infestata e a uno strano albergatore, il cui vino ha il potere di concedere ai soldati il dono dell’oblio.

È possibile che Freddie sia riuscito a sfuggire al campo di battaglia, soltanto per cadere nella trappola di… qualcos’altro? Un altro tipo di nemico del genere umano… infinitamente più affascinante, forse, ma anche altrettanto spregiudicato e pericoloso?

Novembre, 1917. Freddie Iven si sveglia dopo un’esplosione, per ritrovarsi intrappolato sotto un fortino. Il suo unico compagno? Un soldato nemico, un tedesco di nome Hans Winter.

Contro ogni aspettativa, i due uomini stringono un’alleanza e riescono a trovare una via di fuga. Incapaci di sopportare il pensiero di tornare sui campi insanguinati, specialmente perché questo li costringerebbe a combattere di nuovo l’uno contro l’altro, i due decidono di accettare l’aiuto di un individuo misterioso.

Uno che potrebbe avere il potere di far sparire per sempre l’orrore della trincea… Ma anche tutto il resto.

Mentre il cielo sopra le Fiandre si riempie di fuoco e i fantasmi continuano ad agitarsi in mezzo ai vivi, i più profondi traumi di Laura e Freddie cominciano a risvegliarsi.

Dovranno essere loro a decidere se il loro mondo merita di essere salvato…

O se non sarebbe meglio, piuttosto, lasciarselo alle spalle una volta per sempre.


Le Calde Mani degli Spiriti“: la recensione

Da qualche parte ho letto che a Katherine Arden piace descrivere “Le Calde Mani degli Spiriti” come una sorta di via di mezzo fra “Tutta la Luce che Non Vediamo” e “La Vita Invisibile di Addie LaRue”, ambientato nel pieno della Seconda Guerra Mondiale.

Non è una brutta descrizione, soprattutto perché riesce a cogliere appieno le due anime del romanzo: quella continua, incessante oscillazione fra vita e morte, luce e ombra, speranza e disperazione sperimentata dai personaggi…

Laura e Freddie, infatti, si aggirano per le strade traboccanti di rovine e spettri urlanti in preda a una sorta di allucinata distorsione sensoriale. Come se la follia che corrode il loro mondo avesse irrimediabilmente “allentato” i bulloni del sipario incaricato di dividere la terra dei miracoli (e degli spiriti) da quella dei viventi.

Una vera e propria alterazione della percezione, insomma, sguinzagliata su di loro dalla crudeltà inumana della guerra. Uno “stato confusionale” che li spinge a mettere costantemente in discussione tutto ciò che vedono, sentono, toccano, annusano… e a trascinare con sé il lettore in una sontuosa, travolgente ordalia di magia, motori ruggenti, anime agonizzanti e demoni-artisti in grado di trasformare l’orrore in bellezza distruttiva.


I due mondi di Katherine Arden

All’apparenza, “Le Calde Mani degli Spiriti” è un romanzo molto diverso, per scopi e intenzioni, dalla precedente trilogia di “Winternight“, con le sue atmosfere fiabesche e il suo romance mozzafiato.

Ma, se ci pensi, si tratta di una differenza soltanto superficiale. In realtà, “L’Orso e l’Usignolo” e i sue due sequel condividono la stessa premessa, gli stessi identici obiettivi di questo recente romanzo autoconclusivo: vale a dire, raccontare il doloroso “passaggio” da un mondo all’altro. La morte (traumatica) di tutto ciò che è stato, e la resurrezione/trasmutazione in qualcosa di diverso, al tempo stesso più “forte” (semplicemente perché comprende in sé le ceneri del passato) e completamente diverso rispetto a ciò che c’era prima.

Se, in “Winternight“, si trattava di mostrare la transizione dall’antico mondo pagano alle influenze e ai valori del cristianesimo (ma sempre filtrato dalle antiche tradizioni…), ne “Le Calde Mani degli Spiriti” si affronta, piuttosto, il tema dell’abbandono del vecchio sistema vittoriano a favore di uno stile di vita moderno, per certi versi sicuramente più “industrializzato” e problematico, ma anche più libero e inclusivo.

E dal momento che i periodi di transizione – come la nascita, o le più grandi rivoluzioni – si accompagnano sempre a una buona dose di violenza, frattaglie, ingiustizie e repressione…

Bè, ecco che il primo conflitto mondiale si trasforma nella cornice ideale per questo macabro, malinconico racconto a base di rimpianti e perdizione!


L’infermiera che ne sapeva… una più del diavolo

A sentire l’autrice, la lavorazione di questo romanzo è stata abbastanza travagliata.

Non dubito di questa osservazione neanche per un secondo: dopotutto, in meno di 400 pagine, “Le Calde Mani degli Spiriti“, è in grado di offrire ai suoi lettori un tour de force immersivo e straordinario!

Non è solo che i temi del trauma e della perdita di se stessi emergono in maniera profonda e sfumata. Il punto è che la caratterizzazione dei personaggi, perfino di quelli secondari, viene portata avanti con un livello di abilità magistrale.

Laura, ad esempio, si presenta quasi come un’eroina da leggenda popolare, fiera e indomabile quanto l’archetipo della “ragazza selvaggia” incarnato da Vasya ne “L’Orso e l’Usignolo“. Al tempo stesso, però, Laura è anche compassionevole e tormentata, tragicamente umana nelle sue vulnerabilità e nei suoi difetti. Confesso che alcune scene ambientate all’ospedale di Mary, ad esempio, mi hanno fatto salire le lacrime agli occhi.

Il rapporto fra Freddie e il “suo” Winter, poi, mi ha intenerito e stregato. Il sarcasmo beffardo e pratico di Mary mi ha fatto rotolare dal ridere. Pim… Oh, bè: a modo suo, Pim avrà sempre il mio cuore!

Ma, soprattutto, ammetto di essere rimasta completamente ammaliata dalla figura di Faland, il violinista immortale.

Forse perché, come è pronto a spiegarci l’autore di questa interessante recensione de “Le Calde Mani degli Spiriti” pubblicata sul sito “Fantasy Literature“, in reatà Faland e Morozko (un personaggio-chiave della precedente trilogia) hanno anime affini.

«Non tanto perché i due siano simili di per sé, quanto, piuttosto, perché la Arden compie una straordinaria e rarissima impresa: presentare questi esseri immortali come un qualcosa di completamente diverso da noi, piuttosto che limitarsi a dipingerli semplicemente come degli esseri umani che hanno vissuto a lungo. Faland non è, non deve essere, qualcuno in cui puoi immedesimarti. O qualcuno che puoi davvero aspettarti di capire. Al contrario: è esattamente quello che un fay dovrebbe essere

Vale a dire, misterioso, inquietante, letale e sorprendentemente… tragico, in realtà.

Una reliquia di un tempo passato che, forse, non smetterà mai del tutto di vivere in mezzo a noi.


Cosa leggere dopo “Le Calde Mani degli Spiriti“?

  • La Guerra dei Papaveri” di R. F. Kuang
  • “Streghe in Eterno” di Alix E. Harrow
  • The Familiar” di Leigh Bardugo

Puoi acquistare la tua copia de “Le Calde Mani degli Spiriti” su Amazon. L’edizione italiana proposta dalla Mondadori contiene una traduzione a opera di Marisa Teresa De Feo.


E tu? Hai già letto il romanzo di Katherine Arden?

Cosa ne pensi della mia recensione de “Le Calde Mani degli Spiriti“? 🙂


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