“A Language of Dragons”: la recensione del libro fantasy YA di S. F. Williamson


a language of dragons - s f williamson

La scorsa settimana, “A Language of Dragons” è diventato, ufficialmente, un bestseller del New York Times.

Una notizia che mi rallegra in modo particolare: infatti, contro ogni aspettativa, mi sono ritrovata ad apprezzare davvero moltissimo questo movimento YA di S. F. Williamson a tema traduzioni, rivalità accademiche, draghi e complotti!

Una lettura leggera, ma intelligente e, soprattutto, divertente, che riesce a coniugare le tematiche “ribelli” di “Babel” con l’azione adrenalinica di “Fourth Wing“; le vibes di “Hunger Games” con il sense of wonder in salsa academy di “Emily Wilde e l’Enciclopedia delle Fate“…


A Language of Dragons“: la trama

Londra, 1923. I draghi sono i padroni del cielo e le proteste infuriano per le strade, ma Vivien Featherswallow non è affatto preoccupata. Ha intenzione di seguire le regole, ottenere un tirocinio nel campo dei suoi sogni – lo studio delle lingue dei draghi – e assicurarsi che la sua sorellina, Ursa, non debba mai correre il rischio di diventare una cittadina di Terza Classe.

Eppure, entro mezzanotte, Viv inizierà una guerra civile.

Infatti, non appena i suoi genitori vengono arrestati per sedizione, Viv capisce che tutta la sicurezza per cui ha lavorato così duramente sta per scomparire. Così, quando le viene offerta l’occasione di salvarsi attraverso un nuovo, misterioso lavoro, Viv non esita ad accettare. Anche se lasciare Londra significa “abbandonare” Ursa e affidare la sua sicurezza nelle mani dei genitori dell’amica che ha pugnalato alle spalle.

Al suo arrivo a Bletchley Park, Viv scopre di essere stata reclutata per decifrare un codice segreto draconico e aiutare lo sforzo bellico. Se avrò successo, lei e la sua famiglia potranno tornare a casa. In caso contrario, moriranno tutti.

All’inizio, Viv si convince che l’impresa di scoprire i segreti del linguaggio proibito dei draghi sia un’impresa perfettamente alla sua portata. Dopotutto, ha dedicato la sua intera esistenza allo studio delle lingue, ed è sempre stata considerata il più giovane prodigio della sua generazione.

Invece, più impara, e più Viv inizia a realizzare che la bolla nella quale cui è cresciuta non è il luogo confortevole e sicuro che immaginava. Il governo non ha necessariamente a cuore gli interessi dei cittadini. O almeno… non di tutti cittadini, in perfetto accordo con quella massima di George Orwell che recita: «Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri.»

Finché, alla fine, Viv dovrà prendere una decisione: che genere di guerra ha intenzione di combattere, esattamente? Per chi – e per cosa – vale davvero mettere in gioco la propria vita?


A Language of Dragons“: la recensione

Non appena ho letto le parole «L‘ultimo drago professore è stato rimpiazzato con un insegnante umano all’inizio dell’anno», la mia mente è volata a “Wicked: Parte 1“. Del resto, “A Language of Dragons” è un romanzo che affronta, pressappoco, le medesime tematiche di quel bellissimo musical del 2024: lotta al privilegio, battaglie per i diritti degli animali (draghi, in questo caso…) e resistenza tenace a un governo oppressivo.

Anche se nulla di tutto questo rappresenta una novità agli occhi del lettore “veterano” di narrativa fantastica, la Williamson riesce a confezionare una storia dal taglio particolarmente intrigante e avvincente, a metà strada fra suggestioni distopiche e dark academia. L’estetica del libro richiama un po’ “Divini Rivali“, un po’ certe “fumose” pellicole di spionaggio in bianco e nero…mentre la giovanissima protagonista, Violet, si pone al centro di una serie di dilemmi etici particolarmente delicati e difficili.

La cosa davvero bella di “A Language of Dragons“, secondo me, riguarda il fatto che, a prescindere dalle numerose scene adrenaliniche di tradimenti, colpi di scena e voli mozzafiato a dorso di drago, la narrazione si concentra sull’arco trasformativo di Violet con una cura particolare, permettendoci di calarci davvero nei suoi panni.

Ad esempio, non abbiamo alcun motivo per descrivere il suo cambio di prospettiva come “repentino”, “sbrigativo” o “immotivato”. Al contrario: la nostra eroina comincia ad abbandonare la sua ingenua visione in bianco e nero della società e del mondo in maniera graduale, attraverso le esperienze che si accumulano ogni giorno davanti ai suoi occhi… Un continuo percorso di tribolazioni, prove ed errori, che rende il suo viaggio di crescita interiore particolarmente dinamico ed emozionante da seguire!


L’amore ai tempi dei draghi

A Language of Dragons” è corredato da una bella love story a tema slowburn. Alcuni lettori hanno tirato in ballo il trope dell’enemies-to-lovers, ma, francamente, non potrei essere più in disaccordo di così: Violet e Atlas attraverseranno pure i loro momenti di contrasto e incomprensione, nel corso di questo primo volume della saga, ma, di sicuro, non sono mai stati “nemici”. Almeno, non nel senso canonico del termine…

Ad ogni modo, devo dire che la loro storia mi è piaciuta un sacco, anche perché l’ho trovata particolarmente dolce e ricca di implicazioni costruttive per il futuro di entrambi! Mentre ti avvicini alla fine del secondo atto, riesci davvero a convincerti dell’affinità speciale che esiste fra questi due personaggi e dell’intensità dell’affetto che li lega… una connessione che, secondo me, trascende qualsiasi passione “ormonale”/distruttiva in stile Rebecca Yarros and company…

Per quanto riguarda, invece, la villain della storia

Bè, ti anticiperò soltanto una cosa: mi ha ricordato una sorta di via di mezzo fra il Presidente Snow e il personaggio di Kate Winslet nella miniserie “The Regime“…

In altre parole, una sorta di psicopatica per antonomasia… ma anche dotata, alla resa dei conti, di un suo qual certo fascino magnetico.


Tradurre” significa “tradire”… o “controllare”?

Pare che l’ispirazione per il romanzo sia giunta a S. F. Williamson per mezzo del suo lavoro di traduttrice letteraria.

E, del resto, la fascinazione dell’autrice per il complesso mondo delle traduzioni traspare da ogni singola pagina di “A Language of Dragons“. Al pari di R. F. Kuang, la Williamson rimane fermamente convinta del fatto che la lingua vada considerata, prima di tutto, come un fatto politico, e anche come un potenziale strumento di controllo.

Da un punto di vista un po’ meno “impegnato”, invece, l’autrice ammette di essersi “fatta le ossa”, scrivendo una tonnellata di fanfiction e sognando creature incantate.

I suoi draghi, in “A Language of Dragons“, rappresentano dei personaggi a tutto tondo, dotati di una sfumata sfera morale e degli stessi, identici vizi e virtù delle loro controparti umane. L’ironica e brillante Chumana, ad esempio, secondo me meriterebbe uno spin-off tutto suo…

E non farmi neanche iniziare a parlare di quegli spietati, terrificanti draghi bulgari responsabili del Massacro… !!


Quando esce “A Language of Dragons” in Italia?

Insomma, come ormai avrai intuito, con questa recensione intendo consigliarti la lettura di “A Language of Dragons” senza riserve!

Ma quando uscirà, in italiano, il fortunato bestseller di S. F. Williamson?

La verità è che, al momento, non abbiamo ancora notizie certe al riguardo.

Tuttavia, considerando il suo enorme successo dal punto di vista commerciale, qualcosa mi dice che una data precisa potrebbe saltare fuori nel giro di pochi mesi o, addirittura, di qualche settimana…

Nel frattempo, ti ricordo che puoi già prenotare/acquistare su Amazon una copia di “A Language of Dragons” in lingua originale inglese!


E tu?

Cosa ne pensi della mia recensione di “A Language of Dragons“? 🙂


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