Vuoi sapere se ti consiglio la visione di “Immaculate: La Prescelta“, il film horror con Sidney Sweeney ambientato in un claustrofobico convento italiano?
Bè, direi che dipende.
Hai già visto “Omen: L’Origine del Presagio”, al cinema o su Disney+? Allora puoi anche lasciar stare: dopotutto, “Immaculate” segue più o meno la stessa trama. E, benché si tratti di un film di qualità ampiamente superiore – a mio avviso – rispetto a quel banalissimo prequel, alla fine non è in grado di aggiungere nulla di particolarmente innovativo al canovaccio che ti aspetteresti.
Se, invece, la tua risposta è no, e hai intenzione di guardare soltanto una fra queste due pellicole così simili… scegli pure “Immaculate”, finalmente disponibile su Prime Video!
Leggi il resto dell’articolo per scoprire perché…
Una suora americana a Roma
A conti fatti, tre sono gli elementi che mi spingono a considerare “Immaculate” un film interessante, e comunque estremamente godibile dal punto di vista di un fan dell’horror: il primo, ovviamente, ha a che fare con l’ottima interpretazione di Sidney Sweeney (che rivedremo presto, a quanto pare, nell’adattamento del thriller “Una di Famiglia” di Freida McFadden).
Sul sito “The Guardian” è apparsa una recensione di “Immaculate” a quattro stelle, che elogia con entusiasmo il lavoro della giovane star. Una presa di posizione che condivido in pieno.
In “Immaculate”, infatti, la Sweeney interpreta Cecilia, un’angelica e ingenua suora americana che si trasferisce in un lugubre convento italiano con lo scopo di adempiere alla sua chiamata divina.
Come l’autore della recensione si premura di farci notare, si tratta di un ruolo insolito per l’attrice, nota presso il pubblico dei giovanissimi soprattutto per la sua personalità dirompente (che, perfino in scena, a volte sembra avere qualche difficoltà a scomparire: vedi il caso dell’effervescente romcom “Tutti Tranne Te“…) e le sue voluttuose forme da pin-up anni Cinquanta.
E tuttavia, in questo caso, il netto contrasto fra l’innegabile fisicità dell’attrice e il candore imposto dal ruolo di Cecilia sembra aver giocato in netto favore della sua prova.
Sangue, tematiche d’attualità e frattaglie
Perché “Immaculate” è, sopra ogni altra cosa, un film che si diverte a punzecchiare il pubblico sul tema dell’oggettificazione femminile e su quel particolare senso di arroganza che spinge certi bigotti (individui, ma anche politici, istituti religiosi ecc.) a credere di avere il diritto di mettere il becco su cosa una donna sceglie di fare o non fare del suo corpo.
(Basti pensare all’orrido commento del poliziotto italiano che, all’inizio del film, squadrando il corpo della protagonista da capo a piedi e prendendo nota della sua tonaca, alla fine si lascia sfuggire un rammaricato: «Che Spreco…!»).
Non deve essere stato troppo difficile per la Sweeney (costantemente al centro dell’attenzione mediatica, con schiere di giornalisti misogini pronti ora a lucrare sul suo aspetto meraviglioso, il minuto successivo a criticarla per il suo fisico non affetto da anoressia…) identificarsi con queste tematiche e apportare il suo personale e grintoso contributo alla caratterizzazione del personaggio di Cecilia.
Un’eroina che si trasforma, nel terzo atto del film (il secondo aspetto notevole di “Immaculate”, a mio modesto avviso…), in una scream queen con i controfiocchi, pronta a sputare fuoco e fiamme per lottare contro il patriarcato e difendere il suo diritto a non portare avanti una gravidanza indesiderata.
Non a caso, le scene finali del film si trasformano in una vera e propria orgia di sangue in stile “Ready or Not”, fra rosseggianti effetti splatter e colpi di scena degni dei migliori B-movie.
Il gioco è bello quando dura… il giusto!
Oltre all’interpretazione della protagonista e alla botta di adrenalina garantiti dal terzo atto, c’è un altro elemento che, secondo me, gioca a favore del successo di “Immaculate”: la sua durata contenuta!
Laddove il montaggio de “Le Origini del Presagio” si sforzava disperatamente di titillare l’attenzione del pubblico, infatti, riuscendo nella titanica impresa di trascinare una trama azzoppata da un tripudio di cliché per quasi due ore, il regista veterano Michael Mohan si guarda bene dal commettere lo stesso errore.
Nel giro di 89 minuti, “Immaculate” consegna al suo pubblico esattamente quello che il trailer aveva promesso: una raccapricciante atmosfera da tipico horror religioso, qualche brivido, un pizzico di azione e un messaggio di fondo che echeggia felicemente un’importante tematica sociale.
Né più, né meno di questo. Ma è sufficiente. Soprattutto perché il ritmo si mantiene costante, e non permette allo spettatore di sperimentare alcuna emozione in grado di spezzare l’incantesimo cinematografico (leggi: noia, stizza o, peggio ancora, frustrazione).
Tutto considerato, amico mio, credo proprio che “Immaculate” abbia tutte le carte in regola per infondere una sana dose di palpitazioni e turbamento nel nostro Halloween…
Cosa vedere dopo “Immaculate: La Prescelta”?
- “Apartment 7A“
- “The Nun“
- “Il Convento: Heretiks“
- “L’Esorcista: Il Credente“
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