Qual è il significato della parola “sottotrama”?
I subplot possono essere veramente utili allo sviluppo del tuo romanzo, oppure costituiscono un mero riempitivo (come una dilettantesca scuola di pensiero nostrana sembra determinata a ipotizzare)?
E qual è il modo migliore per gestire una sottotrama? Come si può imparare a utilizzare gli archi secondari in modo tale da riuscire ad arricchire e conferire ulteriore profondità alle proprie storie?
Non ti mentirò, queste sono domande molto complesse.
Quindi, per provare a rispondere ad alcune di esse in maniera esaustiva, penso proprio che ricorrerò a un esempio concreto.
Prima di tutto, però, concediamoci qualche accenno di terminologia…
Che cos’è una sottotrama?
Secondo Masterclass, una sottotrama è
«una storia secondaria che corre parallela a quella principale. Contiene una batteria di personaggi secondari ed eventi che possono infondere importanti informazioni nell’arco principale. Conosciuta anche come storia minore, una sottotrama è in grado di creare un arco narrativo più ricco e complesso in un romanzo o in un altro mezzo di racconto.»
A queste (preziose) considerazioni aggiungerei un altro concetto importante: vale a dire il TEMA della storia. Ma vedremo a breve che cosa intendo.
Per ora, quindi, ti basti sapere che, attraverso uno sviluppo creativo e attento di una buona sottotrama, sarai in grado di:
- Somministrare preziose informazioni ai tuoi lettori, relative al worldbuilding, al tuo protagonista, al villain ecc., senza rischiare di incappare in quell’odiosa trappola letteraria chiamata “infodump”;
- Arricchire la tua ambientazione, conferendo credibilità alle tue invenzioni e aiutando il lettore a immergersi completamente nel mondo della tua storia;
- Potenziare l’arco trasformativo dei tuoi personaggi principali, a prescindere da quale sia stata la tua scelta in tal senso (ricordi? Abbiamo già tracciato una distinzione fra arco positivo, negativo e “piatto”…)
- Evidenziare il tema principale del tuo romanzo.
Non male, per uno “strumento” che gli autori meno avveduti tendono a usare alla stregua di semplice tappabuchi, eh?
Tutti i romanzi hanno bisogno di una sottotrama?
La risposta veloce a questo annoso quesito è: «Puoi scommetterci la zucca!».
La risposta complessa (e leggermente più ponderata) è :«Dipende».
Stai scrivendo un racconto o un romanzo breve, una “novella” nel senso più americano del termine? Allora non hai bisogno di una sottotrama.
Stai scrivendo una romcom in formato tardizionale? Allora ti servono un paio di cosucce: ad esempio, una migliore amica che sia l’esatto opposto della tua eroina (in modo tale da esaltare gli aspetti della caratterizzazione o del viaggio della protagonista su cui vuoi indirizzare l’attenzione del lettore). Non sarebbero male neanche un impiego o un progetto professionale pronto a creare un mucchio di guai e a trasformarsi in un ostacolo per i tuoi piccioncini. O magari una serie di problemi famigliari, in grado di giustificare l’atteggiamento ostile del tuo LI e far sapere ai tuoi lettori i motivi che lo/la spingono a fuggire ogni volta che il vero amore sembra a portata di mano.
Senza l’interazione di tutti questi ingredienti “secondari”, dimmi un po’: che cosa ti ritroveresti per le mani?
La storia di due tizi anonimi che si incontrano, litigano perché sì, si piacciono perché così è scritto sul copione e alla fine si sposano, chiedendo un mutuo e trasferendosi in una non meglio precisata città di periferia?
Ah.
Buona fortuna, quando si tratterà di vendere a qualcuno questa storia…
Il “vero” significato di sottotrama: l’esempio di “The Last of Us”
“The Last of Us” è stata una delle serie più emozionanti, autentiche e struggenti della scorsa stagione televisiva.
Confido nel fatto che tu l’abbia già vista. Ma, se così non fosse, ti esorto caldamente a rimediare. Dico sul serio: se vuoi diventare uno scrittore, una delle attività più salutari a cui potresti dedicarti, in questo momento, consiste sicuramente nel concederti qualche ora per studiare la sceneggiatura di questa o altre serie tv targate HBO.
Se, invece, sei in pari e hai già avuto modo di digerire le implicazioni di quel particolare finale già da un pezzo… Continua pure a leggere l’articolo senza remore di sorta.
Cosa ne dici? Ci sei?
Allora, procediamo…
Come avrai probabilmente notato, l’intreccio di “The Last of Us” è costellato di sottotrame. Gli autori riescono a portarle avanti tutte egregiamente; e considera che stiamo parlando di almeno una dozzina di subplot, fra cui un paio di tenerissime e devastanti love story (Bill e Frank; Ellie e Riley…), una serie di quest secondarie e perfino, nell’episodio finale, una sorta di breve “origin story” (per approfondire l’argomento, ti rimando peraltro a un interessante articolo pubblicato su CBR intitolato “The Last of Us utilizza una classica tecnica di Kurosawa per le sue sottotrame”).
A puro titolo esemplificativo, ho quindi deciso di analizzare l’adrenalinica e spietata sottotrama legata ai personaggi di Kaithleen (interpretata dalla sublime Melanie Lynskey) e di Henry (Lamar Johnson).
Endure and survive
Impossibile negarlo: il finale dell’episodio cinque regala agli spettatori un vero tornado di colpi di scena ed emozioni.
Ma se ci soffermiamo un momento a considerare le ragioni che scatenano in noi questa turbolenta tempesta di orrore, cordoglio e rabbia, che cosa scopriamo?
Che è stato l’impeccabile uso di una sottotrama a trasformarci in un’irragionevole ammasso di lacrime ed emotività catartica.
Infatti, gli archi di Kaithleen e Henry, riescono, in un colpo solo, a soddisfare tutti e quattro gli obiettivi che abbiamo citato qui sopra.
Essi infatti:
- Ci spiegano i perché e i percome dell’assalto al veicolo di Joel e Ellie (arco principale), senza costringere lo spettatore a riempire degli eventuali buchi di trama di testa sua. La città di Kaithleen è in subbuglio perché le sue forze armate sono concentrate su un’impossibile caccia all’uomo. Di conseguenza, i cittadini stremati non hanno modo di perseguire uno stile di vita più sano e pacifico. Hanno l’acqua alla gola, e faranno di tutto per sopravvivere: incluso, chiaramente, dedicarsi a un ignobile atto di brigantaggio…
- C’è di più, ovviamente: la sottotrama in questione offre preziose informazioni inerenti ad aspetti secondari del mondo di “The Last of Us” che, altrimenti, uno spettatore non avrebbe proprio modo di approfondire. Ad esempio, la natura ambigua della Fedra e il suo rapporto complesso con la cittadinanza: di protezione e patronaggio, da un latro; di abuso, oppressione e violenza, dall’altro…
- La vicenda di Henry e Kaithleen costituisce anche una sorta di “specchio” (vedi alla voce: tecniche di foreshadowning) della fatale scelta che Joel verrà chiamato a compiere di qui a qualche puntata. Pensa alle battute (da brivido) pronunciate da Kaithleen all’inizio dello showdown: «Well, kids die, Henry. They die all the time. You think this whole world revolves around him? That he’s worth everything? Well, this is what happens when you fuck with fate!» Al tempo stesso, la trasformazione finale di Sam innesca un cambiamento in Ellie, rappresentando un vero e proprio “punto di non ritorno” all’interno del suo arco. Alle drammatiche conseguenze assisteremo, quasi certamente, nel corso della seconda stagione.
- E, adesso, pensiamo a quello che è sicuramente uno dei temi principali della storia. Fin dall’inizio, la mitologia di “The Last of Us” ci ha costretto a fare i conti con uno degli argomenti più universali e longevi della storia della narrativa: lo strettissimo legame che intercorre fra amore e follia. A quali estremi non saremmo disposti a spingerci, pur di proteggere le persone che amiamo? Tradiremmo un amico? Nasconderemmo un segreto? Ruberemmo una banconota da cinque euro da una cassetta delle offrte? Condanneremmo il mondo a un lento martirio? Oppure sacrificheremmo un’anima innocente sull’altare del cosiddetto “bene superiore”, per proteggere una comunità che, per quanto ne sappiamo, potrebbe anche decide di auto-immolarsi domani? Una questione di ordine etica e umana con cui, ovviamente, abbiamo avuto tutti modo di relazionarci, sia pure in scala minore o soltanto in veste ipotetica.
Concludendo…
Perciò, vedi: la prossima volta che sentirai qualcuno affermare che in una storia “le sottotrame non servono”, magari ti ricorderai di questo esempio, e sarai pronto a dissentire.
La verità è che le sottotrame INUTILI (quelle che non sono in grado di assolvere a nessuna delle quattro funzioni citate) andrebbero estirpate da un romanzo come un ciuffo d’erbaccia.
Ma esistono moltissimi modi saggi e accorti per adoperare una sottotrama. Infiniti modi, probabilmente, dal momento che l’unico limite concepibile è quello rappresentato dalla capacità di immaginazione umana.
Quindi, che cos’è un subplot? Vuoi cogliere il vero significato della parola “sottotrama”?
Leggi. Studia. Analizza le trame dei film che funzionano e delle serie tv concepite a regola d’arte.
Impara il meccanismo.
Parola d’onore: non serve altro.
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