La recensione di “She is a Haunting” conterrà zero spoiler, un paio di crisi esistenziali, tanti fantasmi e una dose di riferimenti tutt’alto che ingiustificati a “Mexican Gothic” di Silvia Moreno-Garcia!
Il libro d’esordio di Trang Thanh Tran è uno degli horror YA più chiacchierati di questa prima parte dell’anno. Ne abbiamo sentito parlare sui social e nei siti specializzati; la sua pittoresca cover si è materializzata un po’ dappertutto; i paragoni con il leggendario “Incubo di Hill House” si sono sprecati…
A questo punto, ti starai forse chiedendo: ma ne sarà poi valsa la pena, di coltivare tutto quest’hype?
Cerchiamo di scoprirlo insieme! ;D
La trama
Per cercare di inserirsi, Jade Nguyen ha sempre dovuto mentire.
Non è mai stata abbastanza etero, abbastanza vietnamita o abbastanza americana per riuscire a trovare il suo posto senza problemi. La situazione non cambia quando, a causa di un disperato bisogno di denaro, decide di accettare la proposta di suo padre di trasferirsi da lui in Vietnam per un breve soggiorno di cinque settimane.
Jade non è in buoni rapporti con suo padre. Non lo vede quasi mai, tanto per iniziare. E, comunque, non riesce a perdonarlo per aver abbandonato la sua famiglia, quando lei era ancora soltanto una bambina.
Come se non bastasse, il genitore sembra letteralmente ossessionato dall’idea di riportare ai fasti di un tempo una vecchia casa decrepita risalente al periodo coloniale francese.
Ma Jade è determinata a stringere i denti, se questo significa ottenere da lui il denaro di cui ha bisogno per iscriversi all’università.
Dopo pochi giorni, però, la ragazza inizia a svegliarsi ogni mattina in preda alla confusione più totale. Ha come l’impressione che qualcosa si ostini a strisciare lentamente giù per la sua gola… E poi, Jade si imbatte nel fantasma di una bellissima sposa. Una presenza che continua a farle visita in sogno, recando un unico, criptico avvertimento: NON MANGIARE.
Quando suo padre e la sua sorellina si rifiutano di crederle, Jade decide di provare a spaventarli per convincerli a lasciare la casa, inscenando un’infestazione ectoplasmica tutta sua. In suo soccorso interviene Florence, la vivace nipote del socio in affari di suo padre… un aiuto molto gradito, che rappresenta, a sua volta, una grande fonte di distrazione.
La casa, però, ha in serbo altri piani. Perché un’abitazione, dopotutto, è forte soltanto quanto coloro che sono disposti a infondere nuova linfa nelle sue ossa.
E questa casa non è disposta a rimanere sola un’altra volta, a nessun costo…
“She is a Haunting”: la recensione
Se la trama dell’opera d’esordio di Trang Thanh Tran fosse stata un po’ più incalzante, il ritmo un po’ meno pachidermico (e, magari, scandito da qualche colpo di scena in più) penso che sarei riuscita a innamorarmi perdutamente di questo libro.
Sotto molti punti di vista, infatti, “She is a Haunting” è un romanzo superbo. Può vantare un’atmosfera da brividi, tanto per cominciare, e una sensazione strisciante di costante paranoia che, a lungo andare, finisce per logorare i nervi del lettore nel più delizioso ed elettrizzante dei modi.
Contiene anche una delle migliori rappresentazioni dei disturbi d’ansia in cui mi sia mai imbattuta, soprattutto nel novero della narrativa fantastica per ragazzi. La lotta di Jade contro la sindrome della paralisi del sonno e i suoi martellanti pensieri intrusivi – miei nemici personali da almeno diciassette anni – risulta persuasiva, incalzante e dannatamente credibile, ragazzi!
Ma non è tutto.
Oltre ai temi del colonialismo, della diaspora e del senso di straniamento che deriva dal sentirsi tagliati fuori dalle proprie radici, “She is a Haunting” affronta benissimo anche l’argomento della repressione sessuale.
Nel farlo, ricorre a un immaginario cupo e disturbante, degno del popolarissimo “Mexican Gothic”, senza lesinare un paio di efficaci richiami al mondo del body horror.
I punti di contatto con il famoso libro della Moreno-Garcia non finiscono qui, ovviamente.
Basti pensare alla quantità di spore, insetti e parassiti che affollano le pagine del romanzo. Presenze malefiche e invisibili, che infestano l’aria quanto – e forse più – delle stesse presenze che si aggirano nei corridoi a tarda notte.
Evocate dal linguaggio elegante ed allusivo di Trang Thanh Tran, con il suo carico di sensualità a malapena trattenuta, e dall’energia sprigionata da un milione di tabù culturali perennemente sul punto di infrangersi…
Di connessioni mai avute, perse o ritrovate…
Non ho intenzione di scrivere una recensione di “She is a Haunting” ipocrita, e negare l’evidenza dei fatti: il romanzo ha un sacco di pregi e, probabilmente, un mucchio di lettori si lasceranno ammaliare completamente dalle sue (raccapriccianti) atmosfere gotiche.
Per non parlare dell’ottima caratterizzazione della Casa, intesa come forza antagonista e specchio rivelatore di tutte le crepe che affliggono la psiche lacerata di Jade.
Purtroppo, non posso contarmi nel novero di questi fortunati.
In realtà, l’intreccio di “She is a Haunting” – per quanto ravvivato da un paio di jumpscare pittoreschi e ben piazzati – mi è sembrato eccessivamente sciropposo e tormentato. Probabilmente perché, problemi d’ansia a parte, non sono riuscita a provare una grande empatia nei confronti di Jade e dei suoi patemi famigliari.
Non so bene perché, ma devo ammettere di aver avvertito il medesimo grado di “indifferenza” nei riguardi di quasi tutti gli altri personaggi. Incluse la (fin) troppo adorabile Lily e la misteriosa “sposa fantasma” Cam; esclusa (fortunatamente!) l’eccentrica e simpaticissima Florence.
«È più facile, essere uno stereotipo. Fa male, essere se stessi…»
Peraltro l’intreccio, frammentario, confuso e perennemente avvolto da un mistico alone di tensione onirica, si dispiega con una lentezza a dir poco frustrante. Trecentocinquanta pagine di visioni, ammonimenti criptici e titillamenti vari, per arrivare a un finale che, se ti è mai capitato di vedere un film horror, probabilmente sarai in grado di prevedere con largo anticipo.
Se sei un fedele seguace della dottrina dello slow burn, e pensi che una raggelante atmosfera dark sia in grado di riscattare tutti gli inconvenienti portati in dono da una titubante velocità da crociera, probabilmente nulla di tutto questo rappresenterà un problema.
Dopotutto, lo ribadisco: “She is a Haunting” è uno YA interessante, concettualmente denso, dannatamente personale.
Un libro che cerca, con tutte le sue forze, di girare al largo da ogni stereotipo e/o sensazionalismo gratuito, e di rimanere fedele a se stesso sopra ogni cosa.
Anche quando è sconveniente. O se fa male.
Perfino quando – aggiungerei io – il prezzo da pagare è uno sbadiglio trattenuto fra un singulto di riconoscimento e un sospiro di terrore…
“She is a Haunting” è disponibile su Amazon, per il momento esclusivamente in lingua inglese.
*Per un’altra protagonista americana “in trasferta” nel suo Paese asiatico d’origine – e alle prese con un’intricata rete di fantasmi, sospetti e folclore locale – leggi anche l’urban fantasy “Black Water Sister” di Zen Cho.
E tu? Cosa ne pensi della mia recensione di “She is a Haunting”?
Hai mai letto un libro horror ambientato in Vietnam? 🙂
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