Oggi parliamo di “Relativity: Limitless Bond”, un libro per ragazzi di Jan Sebastian Gutierrez, pubblicato da Altromondo Editore.
Un romanzo denso di azione, cuore ed energia, purtroppo penalizzato da una piccola costellazione di difetti di ordine tecnico e strutturale. Tuttavia, dietro la penna dello scrittore fiorentino, si nasconde senz’altro la sensibilità di un giovane artista dal notevole potenziale allo stato grezzo…
“Relativity: Limitless Bond”: la trama
Tommy Kinnels è un ragazzo che fa strani sogni sul proprio passato e sul proprio futuro.
Hiruka Tagashi è un sedicenne che avverte versioni alternative di se stesso.
I due si conoscono e non si sopportano… Ma è davvero così?
In una distopica America reduce da un cataclisma che l’ha ridotta in ginocchio, i due si ritroveranno in un labirinto di forze sovrannaturali, antichi ordini mistici, potenti creature rinchiuse in totem e premonizioni di disastro.
Tra viaggi nel tempo e salti dimensionali, un’avventura urbana adolescenziale che prende vita in un’enigmatica città, vista attraverso molti occhi e prospettive diverse.
La recensione
Di “Relativity” ho apprezzato diversi aspetti.
Tanto per cominciare, si tratta di un romanzo che – come accennavo un istante fa – denota sicuramente un grande vortice di energia creativa allo stato grezzo, nonché un’immensa voglia di trasmettere emozioni e comunicare, alla pari e senza troppi fronzoli, con i suoi (giovani) lettori.
Più che sugli eventi, quindi, la narrazione preferisce concentrarsi sulle relazioni umane, sulle dinamiche fra i personaggi e sulle loro storie personali. Prova a immaginare una sorta di “Sense8” per ragazzi, sullo sfondo di una peculiare America distopica, in cui singolo ogni sogno (o incubo) diventa possibile e il confine fra realtà e immaginazione prende a farsi mooolto sfumato.
Inoltre, l’atmosfera, misteriosa e surreale, che permea le vite dei protagonisti e sembra determinarne continuamente i destini, risulta estremamente misteriosa e intrigante, pronta com’è a tirare in ballo antiche leggende, forze arcane e destini cosmici di ogni sorta.
Altra nota di merito: la capacità dell’autore di assegnare una voce a tanti personaggi diversi, dipingendo l’affresco vivido e variegato di un’ambientazione urbana credibile e ricca di fascino.
Plasmando una storia
Purtroppo, da un punto di vista stilistico e strutturale, “Relativity” barcolla e inciampa di continuo.
La trama, frammentaria e sbilanciata, stordisce continuamente il lettore, minacciando la sua capacità di concentrazione a ogni piè sospinto.
Colpa di un primo e secondo atto che risentono di una tremenda mancanza di incisività, probabilmente; ma anche di una scena d’apertura fiacca e noiosissima, nonché di una serie di dialoghi che sembrano una trasposizione in chiave libera di qualsiasi conversazione potrebbe capitarvi di origliare passeggiando per la piazza del mercato.
Vale a dire, una fiumana di parole che solo sporadicamente (e mai deliberatamente, a quanto pare) riescono a veicolare la vera essenza dei personaggi, o a comunicare al lettore stralci di informazioni realmente degne di nota. A meno che non si tratti, chiaramente, di provare a piazzare un infodump o l’altro nel bel mezzo del discorso…
Non aiuta neanche il fatto che i suddetti dialoghi avvengano spesso “nel vuoto”, vale a dire senza l’ausilio di didascalie o azioni di accompagnamento di sorta (ti ricordi, vero, quando abbiamo parlato di Elizabeth George e della sua tecnica del THAD?).
Anche l’uso dello show, don’t tell avrebbe bisogno di un aggiustamento; un massiccio aggiustamento, in realtà, per permettere al lettore di visualizzare correttamente l’ambientazione, le azioni e i personaggi, offrendogli l’opportunità di immergersi realmente nella storia (anziché limitarsi a osservarla da lontano, come il testimone di un racconto di terza o quarta mano).
Le descrizioni andrebbero snellite e rese meno statiche. La caratterizzazione dei personaggi, approfondita e ottimizzata, anche nell’ottica di un arco narrativo coerente.
Inoltre, sono certa che la collaborazione di un correttore di bozze avrebbe tranquillamente potuto assolvere alla maggior parte delle funzioni inerenti al controllo morfologico-lessicale: uniformando la forma definitiva del testo in base a una qualche normativa editoriale dotata di coerenza interna, tanto per cominciare, ma anche aiutando l’autore a contenere i numerosi refusi (presenti fin dalla primissima pagina) e l’uso improprio di determinate parole.
(Un esempio a caso: «Sentì i passi di Perry che si avvicinavano con uno sfolgorio di sottofondo.»
Perry potrà anche essere capace di creare dei dardi fulminanti, ma uno sfolgorio, di per sé, è semplicemente una continua e palpitante diffusione di luminosità, non un suono che possa essere acusticamente percepito.)
Resta il fatto che “Relativity: Limitless Bond” rappresenta un interessante esempio di fantasy italiano di stampo “sperimentale”: nel senso che riesce a intrecciare, con passione, entusiasmo, e buona grazia, tantissime influenze di provenienza diversa, e a lanciare parecchie “esche” tematiche interessanti.
Il tutto senza rinunciare alla componente dell’azione e dell’intrattenimento, e a una sorta di “sfida” intellettuale a cui il lettore, intrigato, non potrà fare a meno di rispondere con curiosità.