Arriva oggi la recensione di “Secret Team 355”, l’attesa spy story al femminile appena sbarcata sul servizio streaming Amazon Prime Video.
Un film che si lascia guardare, ma che, a mio avviso, si rivela al tempo stesso abbastanza deludente.
Tutta colpa di una regia svogliata e di una sceneggiatura che, tutta presa dalla foga di inserire scene di combattimento, sparatorie e protocolli geopolitici, finisce per dimenticarsi il prerequisito più importante: la necessità di lasciarsi seguire dallo spettatore…
La trama
Mace (Jessica Chastain) è un’agente dei servizi segreti americani che riceve l’incarico di finalizzare l’acquisto di un pericolosissimo congegno tecnologico appena introdotto sul mercato nero.
Tuttavia, a causa dell’interferenza dell’agente operativa tedesca Marie (Diane Kruger), lo scambio si rivela un tragico buco nell’acqua.
La situazione degenera nel momento in cui ulteriori forze sconosciute si lanciano nella mischia e Nick (Sebastian Stan), un collega e amante di Mace, finisce ucciso dal fuoco nemico.
Mace decide quindi di intraprendere una personale missione di vendetta contro gli assassini, infischiandosene delle regole dell’agenzia e cercando di recuperare il disco perduto con ogni mezzo necessario.
Nel corso della sua impresa, la donna finirà per incrociare di nuovo la strada della combattiva rivale Marie. Ma avrà anche bisogno dell’appoggio dell’esperta mondiale di hackeraggio e informatica Khadijah (Lupita Nyong’o) e della tenace psicanalista colombiana Graciela (Penélope Cruz).
“Secret Team 355”: la recensione
La “creatura” cinematografica di Simon Kinberg vanta un cast stellare e una premessa intrigante, ma annaspa sotto i battiti un cuore che riesce a tenere in vita l’entusiasmo soltanto a metà.
Come mai?
Bè, tanto per cominciare, la trama di “Secret Team 355” si rivela inutilmente tortuosa e complicata. La verità è che, per quanto lo spettatore possa lambiccarsi le meningi, si ritroverà in molteplici occasioni a perdere completamente il filo degli eventi, delle complicazioni e degli innumerevoli voltafaccia messi in atto dai personaggi secondari.
E’ come se la mezza dozzina di comprimari continuasse ad affannarsi istericamente dal punto A al punto B, senza permettere a nessuno di decifrare totalmente le complicate motivazioni alla radice delle loro azioni.
Eccezion fatta, ovviamente, per il prevedibile inseguimento del loro MacGuffin (nel caso in questione, un portentoso congegno in grado di hackerare qualsiasi sistema di sicurezza internazionale).
I dialoghi non fanno assolutamente nulla per migliorare la “fruibilità” del film, limitandosi ad aggiungere altra benzina sul fuoco della generale perplessità avvertita dal pubblico.
Certo, è possibile seguire l’intreccio di “Secret Team 355” a grandi linee.
Per dirne una, non è difficile capire chi siano i buoni e chi i cattivi.
Cosa che, in un film di spionaggio, probabilmente rappresenta una specie di virtù “a doppio taglio”; soprattutto perché l’uso del foreshadowing (in combutta con l’eloquente trailer del film) riesce a spoilerare senza problemi uno dei principali plot twist.
«We put ourselves in danger, so other’s aren’t»
Ripeto: trovo che il concept alla base di “Secret Team 355” sia davvero elettrizzante!
La mia non intende essere una recensione completamente distruttiva. Ma proprio perché, di solito, tendo ad apprezzare molto questo genere di adrenalinica spy story, ritengo che l’idea avrebbe potuto essere sviluppata in modo tale da riuscire a rendere giustizia allo strepitoso cast.
Nel complesso, mi sono piaciute le tematiche. Alcuni colpi di scena riescono a centrare nel segno. Le scene d’azione mi hanno divertito (in modo particolare, la battaglia finale, con le furiose protagoniste intente a combattere “schiena contro schiena”).
E, diamine, lo spirito femminista del film incontra senz’altro tutta la mia approvazione!
Ma mentirei se affermassi di non averlo guardato tenendo sempre un occhio rivolto all’orologio…
Archi interrotti
In realtà, dal momento che la trama prevede un così alto numero di personaggi, conflitti e archi narrativi, a “tagliare le gambe” all’opera di Simon Kinberg provvede proprio il “format” cinematografico.
Una serie tv (anche una semplice miniserie) sarebbe riuscita a garantire più spazio alle protagoniste per crescere, interagire, formare una squadra e accattivarsi le simpatie del pubblico?
Probabilmente sì.
E, ovviamente, una scansione “seriale” della vicenda avrebbe anche potuto offrire all‘arco del personaggio di Mace la possibilità di acquistare una forma più concreta.
Perché è evidente che il subplot “frienemy” che caratterizza il complesso rapporto fra il personaggio di Jessica Chanstain e quello di Diane Kruger è anche quello che riesce ad alimentare il 70% della tensione narrativa e dell’interesse del pubblico.
Purtroppo, in nessun momento del film risulta altrettanto chiaro se, quanto o fino a che punto, questa simpatica dinamica (o l’amicizia con le altre donne del gruppo) riuscirà a cambiare lo sterile paesaggio interiore di Mace. O di Marie, quanto a questo.
La buona notizia?
Il finale lascia un certo margine di interpretazione, e sembra più che pronto a spalancare la strada per un potenziale sequel…
Punti di forza
+ un cast sopraffino;
+ un discreto livello di tensione narrativa;
+ una grande battaglia finale all’insegna del coraggio e della sorellanza.
Punti di debolezza
– un intreccio iper-complicato che stordisce e spazientisce;
– una regia priva di personalità e ispirazione;
– la peggior interpretazione di Sebastian Stan dal 2009, o giù di lì;
– parecchi archi narrativi difettosi e sconclusionati.
E tu?
Sei d’accordo con la mia recensione di “Secret Team 355”?
Quali sono le tue spy story al femminile preferite? 🙂