
Prima di proporti la recensione di The Spellshop, ho deciso di rileggere l’incantevole cozy fantasy di Sarah Beth Durst, dal momento che era trascorso un po’ di tempo dalla mia prima lettura.
La mia opinione non è cambiata: si tratta di un libro carinissimo, che si staglia all’esatto crocevia fra Legends and Lattes di Travis Baldree, L’Enciclopedia delle Fate di Emily Wilde di Heather Walter e Ascendance of a Bookworm di Miya Kazuki.
La protagonista è una bibliotecaria misantropa che, insieme al suo fedele aiutante — una simpatica pianta senziente di nome Caz — è costretta ad abbandonare i suoi amati libri a causa di una rivoluzione che scuote l’Impero. Troverà rifugio nella sua piccola isola natale, dove sarà accolta da una irresistibile comunità di creature magiche.
Ma riuscirà un’introversa e solitaria “donna di città” come Kiela a integrarsi in questo villaggio semplice e comunitario e a trovare la forza di prosperare, nonostante le avversità?
La trama
Kiela ha sempre avuto difficoltà a relazionarsi con gli altri e, come bibliotecaria della Grande Biblioteca di Alyssium, in realtà non ha mai avvertito nemmeno il bisogno di provarci.
Lei e il suo assistente Caz, una pianta ragno senziente, hanno trascorso gli ultimi undici anni isolati tra i preziosi tomi di incantesimi dell’Impero, con l’incarico di proteggere la magia per l’élite cittadina. Ma la rivoluzione si avvicina e così, non appena la biblioteca viene data alle fiamme, a Kiela e a Caz non resta che caricare quanti più libri possibile su una nave e fuggire sull’isola remota in cui Kiela è cresciuta.
Ma con loro grande sorpresa, oltre a un vicino ficcanaso (quanto affascinante), i due trovano la minuscola città in preda al caos.
L’impero, infatti, ha lentamente prosciugato le risorse dell’isola. Dopo aver conosciuto alcuni degli abitanti, Kiela decide di fare del suo meglio per aiutarli a rimettere le cose a posto.
Ma aprire un negozio di incantesimi proibiti comporta grandi rischi: condividere la magia con la gente comune potrebbe costarle la vita. Così, mentre Kiela inizia a farsi accettare dagli abitanti del paese, si rende conto che dovrà abbattere le barriere che ha eretto intorno a sé e mettere in gioco tutto quello che le è più è chiaro… inclusa la sua rinomata inclinazione all’autosufficienza.
The Spellshop: la recensione del libro di Sarah Beth Durst
La magia del cottagecore
Nessun uomo (o donna) è un’isola, ma Kiela – come ogni booklover al mondo prima di lei- all’inizio della sua storia è decisa a compiere un serio tentativo in tal senso. Difficile non immedesimarsi in una premessa così; soprattutto se, come me, hai spesso avuto la tentazione di farti tatuare da qualche parte quella nota citazione di Virginia Woolf che recita: «Talvolta, penso che il paradiso sia leggere continuamente, senza fine…».
Devo ammettere che sono stati i primi capitoli di The Spellshop a conquistarmi, convincendomi ad acquistare un libro che, lo confesso, non ero del tutto sicura potesse fare al caso mio. Soprattutto perché temevo di imbattermi in uno di quei romantasy pieni di scene spicy e dinamiche relazionali tossiche che, ultimamente, dominano le classifiche di vendita sia in Italia che all’estero (The Spellshop è stato un grande bestseller negli USA).
Sono felice di annunciare che fra le pagine di The Spellshop ho trovato, invece, degli ottimi personaggi per i quali tifare, oltre a un calore e una magia straordinari. A trasmettere queste piacevoli emozioni al lettore sono soprattutto loro, il dinamico duo formato da Kaila e Caz: la forza della loro amicizia anticonvenzionale rappresenta, per me, il cuore pulsante della narrazione, ciò che rimarrà impresso nella mia memoria anche tra quattro o cinque anni, quando ogni ricordo dell’irritante e perfettino interesse amoroso della protagonista sarà ormai svanito dalla mia mente…
Lo stereotipo del cinnamon rolls, ovvero… un altro modo di dire “Gary Stu”
In effetti, se prevedi di leggere The Spellshop per la componente romance, temo che potresti restare sinceramente delusa. O forse no: suppongo dipenda molto dai tuoi gusti personali, e da quanto il trope del love interest cinnamon rolls rientri nelle tue corde.
Personalmente, non vedo molta differenza fra Larran e il tuo classico Gary Stu di quartiere: il solito tipo grande, grosso e bonaccione, sensibile ma abile nei lavori manuali, coraggioso e pronto a gettarsi nel fuoco pur di salvare una perfetta estranea, completamente devoto all’eroina e segretamente innamorato di lei fin da quando aveva dodici anni.
Per la serie: Dio mio, che lagna!
Ci sono stati momenti, durante la lettura, in cui ho avuto la sensazione che perfino Sarah Beth Durst fosse consapevole dei limiti di Larran, e che avesse specificamente riservato agli altri straordinari membri del cast di The Spellshop il compito sostenere una narrazione che, del resto, non si preoccupa troppo di focalizzarsi esclusivamente sulla componente romantica…
L’isola dei mille colori
Al cuore di questo delicato, variopinto e tenero cozy fantasy si stagliano, piuttosto, il concetto di comunità e di found family.
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